E se il Salento fosse stato il palcoscenico dell’incontro tra uomo di Neanderthal e uomo Sapiens? È un’ipotesi affascinante e per nulla remota che alcuni studiosi sostengono con convinzione, forti di evidenze scientifiche inequivocabili emerse ormai da tempo dallo studio stratigrafico di Grotta del Cavallo, nella baia di Uluzzo, versante ionico della costa salentina. I primi studi all’interno della Grotta sono iniziati nei primi anni ’60 del secolo scorso con il paleontologo professore Arturo Palma di Cesnola e sono proseguiti, in tempi più recenti e a fasi alterne, con l’intervento di varie istituzioni universitarie, tra le quali l’Università di Siena e di Firenze e con il supporto della Soprintendenza di Brindisi e Lecce.
Grotta del Cavallo (conosciuta anche come Grotta delle Giumente) sorge nei pressi di Porto Selvaggio (Nardò) ed è una vera e propria miniera di dati di interesse paleontologico utili a ricostruire non solo la nostra preistoria ma anche a cercare di dipanare uno dei grandi misteri del nostro lontano passato: la transizione tra uomo di Neanderthal e uomo moderno e la scomparsa della specie neanderthalensis. Il Neanderthal, infatti, è stato un nostro lontano “cugino” che, pur condividendo un’origine comune a noi Sapiens (entrambi infatti discenderebbero dall’Homo Erectus) si sviluppò autonomamente in Europa, contemporaneamente ai Sapiens in Africa. L’uomo di Neanderthal non si estinse improvvisamente ma nel corso di qualche millennio, intorno ai 40mila anni fa, per cause, per la verità, ancora da chiarire (molto accreditata l’ipotesi che attribuisce all’evento di Laschamps il crollo improvviso del campo magnetico terrestre con il conseguente aumento delle radiazioni ultraviolette i cui effetti selezionarono i nostri antenati Cro-magnon a scapito dei neandertaliani). È ormai acclarata, tuttavia, la teoria secondo la quale la migliore capacità di adattamento all’ambiente naturale dei Sapiens abbia permesso loro di sopravvivere alla specie “rivale” che iniziò lentamente il suo percorso verso l’estinzione.
Ingresso Grotta del Cavallo
Oggi protetta da una grande cancellata di ferro e sovrastante una delle baie marittime più suggestive e turistiche del Salento, Grotta del Cavallo, all’epoca della nostra indagine, doveva affacciarsi su un panorama molto diverso da quello attuale per via di una glaciazione che aveva provocato il ritiro del mare per oltre dieci chilometri dando origine ad un paesaggio pianeggiante che si stagliava dinnanzi all’ingresso della grotta. Una estesa pianura valliva ricca di vegetazione e selvaggina, favorevole ad ospitare e a garantire la sopravvivenza di gruppi umani che trovavano riparo proprio all’interno delle grotte. Ogni centimetro del sottosuolo della grotta costiera del Cavallo è stato scandagliato nel tempo dai paleontologi più talentuosi per studiare i molteplici e ricchissimi depositi stratigrafici che rivelano, come un libro aperto, le varie fasi dell’evoluzione umana. La grandiosità di questo luogo unico al mondo, infatti, risiede nel fatto che esso abbia preservato, per centinaia di migliaia di anni, circa 8 metri di potente spessore stratigrafico che va dalla sequenza più profonda del Musteriano (paleolitico medio, 70mila anni fa), fino a quello più recente epigravettiano di facies romanelliana (13mila anni fa), passando per una intermedia e fondamentale fase uluzziana risalente a 45mila anni fa e che contiene i reperti decisivi a dimostrare che le due specie umane, in Salento, abbiano iniziato la loro convivenza almeno 5mila anni prima rispetto a quanto si credesse fino a quel momento.
Decisivo, infatti, è stato, nello strato dell’uluzziano (nome dato da Palma di Cesnola in base alle scoperte fatte proprio nel toponimo di Baia di Uluzzo), il ritrovamento di due denti decidui di homo Sapiens, tra i primi arrivati in Europa dopo lunghe migrazioni dall’Africa, oggi conservati nel Museo di Nardò, e di alcuni strumenti litici con caratteri originali, più evoluti rispetto a quelli collocati nelle sequenze inferiori attribuibili, invece, ai Neanderthal. Molti dei reperti di Grotta del Cavallo sono oggi conservati nel Museo Nazionale Archeologico di Altamura, uno dei più importanti dedicati alla preistoria, con un intero piano sul paleolitico pugliese. Oltre alla sezione dedicata al famigerato ritrovamento, avvenuto trenta anni fa, dello scheletro completo di un uomo arcaico nella grotta di Lamalunga (un uomo di Neanderthal vissuto circa 150mila anni fa), il museo di Altamura espone delle teche dedicate alla Grotta del Cavallo con punte, schegge, raschiatoi, lamelle, grattatoi e numerosi resti faunistici, compresi quelli degli equidi preistorici che danno il nome alla grotta, provenienti dal deposito stratigrafico che non possiamo non annoverare tra i più importanti d’Europa.
Simona Del Mastro
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Foto in alto: un’immagine esterna della Grotta del Cavallo, nella Baia di Uluzzo (particolare del pannello di presentazione nel Museo Nazionale Archeologico di Altamura ). In basso: Museo Nazionale Archeologico di Altamura, pannello di presentazione e alcuni reperti esposti nella sezione dedicata alla Grotta del Cavallo