Salento - 30 Lug 2025

Specchia Gallone, nella Cappella di Sant’Anna una galleria di mirabili affreschi

Forse opere dei monaci francescani che la eressero nel XIII secolo, con colori vividi e ben tenuti, raccontano la Vita di Gesù e le scene del Giudizio Universale. Accanto ad essi, una bella statua lignea della Santa con la Madonna Bambina


Spazio Aperto Salento

Nella quiete lenta delle Serre Salentine, a Specchia Gallone, con Cocumola piccola frazione di Minervino di Lecce, una Cappella neppure appariscente, una volta varcato il portone sormontato da una lunetta retta da due esili colonne con capitelli, si trasforma in uno scrigno di bellezza, che subito strappa un turbinio di meravigliate espressioni.

LA CAPPELLA DI SANT’ANNA

A cominciare dallo stemma della famiglia che si ritiene li abbia commissionati, la Gallone di Tricase originaria dell’isola di Cipro, tutto attorno è un tripudio di cinquecenteschi ed anche più antichi affreschi di immagini sacre e non. Una carrellata di colorate opere d’arte di ignoti autori, recuperata dall’abbandono in cui versava, negli Anni Settanta-Ottanta del secolo scorso, dopo un lungo intervento di restauro, peraltro perfezionato in seguito, che secondo qualche osservatore, anche se solo in parte, avrebbe però appannato l’originale brillantezza cromatica.

Grande quasi cento metri quadri, la Galleria si snoda fra l’unica navata ed il presbiterio, e si presenta come un libro da sfogliare, pagina dopo pagina, senza fretta e con attenzione, al termine del quale, netta resta la sensazione di essersi imbattuti in una storia di redenzione, giustizia divina ed auspicio di una nuova vita nell’aldilà. Con Nuovo e Vecchio Testamento, quest’ultimo dalla creazione di Adamo ed Eva alla Crocifissione, una sorta di Bibbia impressa sulle pareti, lungo le quali numerosi sono gli episodi più importanti della vita di Gesù e di sua nonna Anna, sposa di San Gioacchino e madre della Beata Vergine, alla quale la Cappella è dedicata.

Nel variegato ciclo pittorico improntato su una visione celestiale, con Angeli e Santi ritratti in un contesto etereo (di particolare pregio e rarità, il protettore dei carcerati, San Leonardo, con le catene), ecco allora, oltre alla nascita di Gesù, alla sua circoncisione ed alla presentazione al Tempio,  l’adorazione dei Re Magi, l’Arca di Noè col diluvio universale, la fuga in Egitto, la strage degli innocenti, e poi ancora, la morte di Sant’Anna, una Madonna del Carmelo col Bambino, l’Annunciazione e la discesa dello Spirito Santo sugli Apostoli: in definitiva, ed all’ombra del Cristo giudicante, anche una replica del Giudizio Universale dipinto in Vaticano da Michelangelo nella Cappella Sistina. Ed affrescate sul Calvario, non mancano, accanto all’Arcangelo Gabriele che sfida il Diavolo ed allo scontro fra il Drago e San Giorgio a cavallo con a lato la figura di una nobildonna che pare approvarlo, le anime dannate e torturate, e l’ascesa dei giusti.

Pervasi da spiritualità e bellezza, anche per aver ammirato un San Francesco ed un Sant’Antonio da Padova, quest’ultimo protettore di Minervino, in festa ogni 10, 11 e 12 di agosto, prima di lasciare l’interno della Cappella, posando ancora una volta lo sguardo sui  capolavori come a volerli portare via con sé, resta da soffermarsi sulla bella statua lignea, i cui occhi sono pietosamente rivolti al Gesù avvolto nel sudario, che giusto di fronte, chi lo ha dipinto, ha collocato sul presbiterio, accanto a Vescovi e Santi con l’aureola. Con accanto la Madonna Bambina, la statua è della stessa Sant’Anna, ed al pari della Cappella tutta, è meta di pellegrinaggio e devozione, specie nella giornata del 26 di luglio, ricorrenza e festa in suo onore. Unitamente a San Biagio, che ricorre invece il 3 di febbraio, di Specchia Gallone, la Santa è la copatrona, fors’anche perché è la protettrice delle partorienti, che a lei si rivolgono, in vista del travaglio, per sentirsi guidate ed appunto protette. Nella Cocumola del “portoncino verde limone” dell’omonima poesia del poeta leccese Vittorio Bodini, il protettore è San Nicola, e viene festeggiato il 9 di maggio.

UN PO’ DI STORIA

Come altre volute dai primi frati francescani giunti nell’antica Terra d’Otranto, la Cappella di Sant’Anna col suo caratteristico Campanile a vela ed una sezione dell’abside che spunta sulla parte esterna, venne eretta nel XIII secolo, al centro di un frutteto che non c’è più. La presenza di quest’ultimo, oggi sostituita da alberi e siepi sempreverdi circondati da muretti a secco, è testimoniata da una prova documentale del 1522, seguita alla visita del vescovo di Castro, Bernardino Scannafora, che la inserisce nel patronato dell’Universitas di Specchia (Gallone), e anni dopo, nel 1540, da un monsignor Pietro Antonio Di Capua, arcivescovo di Otranto e poi Nunzio Apostolico a Venezia, che in una nota, scrive anche dell’esistenza, all’interno del piccolo luogo di culto, di tre altari e di una cisterna. Ad essi si aggiunge, più di un secolo dopo, nel 1680, la traccia di un altro monsignore, Lucio De Morra, pure lui arcivescovo di Otranto e poi Nunzio a Bruxelles, il quale aggiunge la presenza, a ridosso della Cappella, di un locale utilizzato dai francescani come modesta abitazione. Circostanza, quest’ultima, che non esclude gli uomini col saio, dal poter essere stati fra gli autori degli affreschi.

 

L’ingresso della Cappella (© T.B.)

La frazione nella quale si trova, un tempo era detta solo Specchia e, con ogni probabilità, venne costruita dagli otrantini in fuga dalle orde saracene, in posizione tale da poter guardare verso il mare, per poterli avvistare in caso di altre aggressioni. L’appellativo Gallone, il cui stemma araldico campeggia nel portale della parrocchiale di San Biagio, venne aggiunto in ossequio al feudatario Gian Battista, che la governò a partire dal 1618. Fra le altre famiglie, anche ben oltre il periodo feudale, appartenne ai Sangiovanni, e da ultimo, ai Basalù originari di Candia-Heraklion nell’isola di Creta, che ancora oggi conservano il bel palazzo nobiliare.

CONTAMINAZIONE ARTISTICA

In almeno uno degli affreschi, qualche visitatore appassionato di arte, avrebbe scorto la contaminazione degli artisti veneziani. Il rilievo si deve ad una delegazione veneta in visita a Minervino per dare il via ad un gemellaggio fra Comuni, e riguarda la Fuga in Egitto, e più esattamente, l’altura sulla quale è collocata. Essa sarebbe uguale al suggestivo paesaggio bassanese, quasi certamente il Monte Grappa, che il pittore Jacopo da Ponte, nativo proprio di Bassano del Grappa, dipinge nell’omonima sua opera.

Con Governatori e Provveditori, la Serenissima Repubblica marinara di Venezia, fu presente in Puglia, da Trani a Monopoli, da Brindisi ad Otranto, da Polignano a Gallipoli, sin dal Quattrocento, ed a voler ricordare l’apporto fornito dal doge Pietro Orseolo II nella liberazione di Bari dai Saraceni, addirittura sin dall’anno 1002. Con uomini d’arme e commercianti, che a Bari come a Lecce eressero le loro chiese con tanto di stemma del leone di San Marco, Venezia si portò dietro anche artisti di rango, quali Antonio Alvise e Bartolomeo Vivarini, alla cui bottega è attribuito il “Polittico di Galatina” del 1463, e Lorenzo Veneziano, autore del “Polittico di San Giovanni Evangelista”, datato 1380, conservati a Lecce nella Pinacoteca del Museo Sigismondo Castromediano. Ed alla luce di tutto ciò, non è dunque da escludere che, qualcuno di essi, abbia messo mani pure negli affreschi della splendida Cappella di Sant’Anna.

Toti Bellone
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In alto: Cappella Sant’Anna, interno con l’altare in primo piano (© T.B.). Sotto: muri disseminati di affreschi (© T.B.)