Mostra dedicata all’artista tedesco a cura di Paolo Bolpagni e Giovanni Battista Martini. Può essere visitata fino al 14 settembre 2025
I linguaggi dell’arte del Novecento si articolano in un fitto reticolo di modi e definizioni elaborate dai protagonisti stessi o suggerite a posteriori. Definizioni che forniscono un inquadramento funzionale dell’artista, riducendo, in molti casi, un complesso spirito creativo entro un momento ed un movimento.
Dinanzi alla compulsiva necessità di inquadramento e classificazione, alcuni artisti, tuttavia, riescono a sfuggire a tale semplificazione. Il percorso creativo di Otto Hofmann ne è una dimostrazione.
“L’immaginario e il reale. Dal Bauhaus, un artista libero. Opere 1930-1954”, è il titolo della mostra dedicata a Otto Hofmann (1907-1996), allestita nelle sale della Fondazione “Biscozzi | Rimbaud Ets” di Lecce (piazzetta Baglivi), visitabile fino al 14 settembre 2025 (dal martedì alla domenica, dalle 17 alle 21). L’esposizione, a cura di Paolo Bolpagni e Giovanni Battista Martini, comprende una selezione di circa 50 opere.
Nato a Essen nel 1907, Hofmann trascorse la sua giovinezza a Jena. Influenzato dal contesto culturale della città della Turingia e sostenuto da un ambiente familiare progressista, studiò dapprima architettura presso la Hochscule für Technik di Stoccarda e, successivamente, si iscrisse presso il Bauhaus di Dessau, dove studiò tra il 1927 ed il 1931.
In questo contesto ebbero rilevanza le influenze emerse dagli insegnamenti di Paul Klee e Wassily Kandinsky, in particolare per quanto concerne l’uso dei colori e delle forme. Influenze colte e rielaborate secondo una visione personale, evidente nelle opere del 1930 e del 1931 presentate in apertura del percorso espositivo. Opere che scaturiscono, appunto, dal confronto creativo con gli artisti/insegnanti del Bauhaus, ma dalle quali emergono anche spiccate attitudini personali.
Come evidenzia Paolo Bolpagni, l’astrattismo di Hofmann non fu dogmatico ma unì elaborazioni personali di molteplici componenti, in un’unione armoniosa di “elementi di origine figurativa, nitide forme geometriche, morbide conglomerazioni organicistiche alla Jean Arp e componenti del Surrealismo del catalano Joan Miró”. L’opera Zwishenräumliches del 1937 esprime pienamente tali considerazioni.
Tuttavia, fu proprio nel 1937 che il fervore creativo degli anni precedenti si scontrò bruscamente con la storia. Quell’anno, infatti, costituisce un momento fondamentale nel percorso biografico e creativo di Hofmann. Le sue opere acquisite dai molteplici musei tedeschi vennero confiscate e definite “arte degenerata”, figurando nella infelicemente celebre mostra Entartete Kunst di Monaco di Baviera.
Inoltre, gli effetti del clima politico e storico non colpirono solamente la sua produzione. Dopo l’interdizione alla professione e dopo il tentativo di auto isolamento in Turingia nel 1938, l’anno successivo fu arruolato nelle truppe della Wehrmacht, aprendo così un drammatico capitolo della sua vita.
Hofmann girò l’Europa nel segno del conflitto, inviato su molteplici fronti e, in particolare, in Russia, dove fu prigioniero fino al 1946.
Gli aspetti drammatici della sua singolare vicenda personale riferibili a questo periodo, giunti sino al presente attraverso ciò che significativamente si riflette nelle sue opere, rivestono un ruolo di primo piano nella produzione dell’artista.
A completamento della prima sala, infatti, due acquerelli di piccolo formato del 1942, mostrano due visioni di paesaggio tanto diverse quanto evocative della realtà effettiva: da una parte un’onirica visione notturna di un villaggio rurale e dall’altra la desolazione di un campo di battaglia animato unicamente dagli strascichi delle esplosioni belliche.
In questo periodo di privazione, la pittura di Hofmann assunse i connotati di una vera e propria forma di sopravvivenza, testimonianze personali di un’esperienza universale.
La seconda sala approfondisce ulteriormente questo periodo. Lo spazio, infatti, pone un’attenzione privilegiata verso gli scatti realizzati dall’artista in Russia ed una particolarissima serie di acquerelli e pastelli, realizzati su carta da lettere.
Scatti, acquerelli e pastelli realizzati da Hofmann in Russia (1942-1943)
La serie fa parte di un cospicuo numero di opere, realizzate su lettere indirizzate alla moglie Hanna. Nelle composizioni, poste a corredo di una parte testuale, Hofmann alternò rappresentazioni realistiche di architettura locale a forme geometriche astratte. Astrazioni non autonome e casuali, ma sintesi del paesaggio circostante, scomposto nelle sue forme e colori.
In questa serie l’artista trasformò il conflitto in una dimensione interiore, un confronto con la realtà espresso attraverso l’atto creativo. Gli interni, dipinti in questa serie, mostrano spazi vuoti, pieni di segni di vita ma svuotati dalla presenza dell’uomo.
Registrazioni della realtà che appartengono ad una dimensione intima e personale, chiarita dagli intenti per i quali Hofmann realizzò la serie ed evocativa di ulteriori suggestioni. Piccoli acquerelli e pastelli che rimandano alle miniature medievali, creati per alimentare un dialogo privato tra chi li crea e chi li riceve, privilegiando non il conflitto (documentato attraverso l’inconfutabile restituzione del reale dei suoi scatti fotografici) ma la visione di una Russia ancestrale e vitale densa di forme e colori, sulla scia del suo maestro Kandinsky.
Testimonianze personali e toccanti del conflitto che dimostrano l’abilità di Hofmann nel muoversi tra realismo ed astrattismo, una visione di una realtà in rovina da far conoscere a chi è lontano attraverso il filtro premuroso della sua creatività libera, giocosa e colorata.
Nell’ultima sala della mostra il pubblico è invitato a confrontarsi con la produzione dell’artista successiva alla liberazione dalla prigionia. Tornato in Turingia, infatti, ricominciò a dedicarsi liberamente alla pittura ed insieme alla moglie si occupò della salvaguardia e della conservazione del patrimonio artistico e architettonico della regione. Le opere qui esposte, presentano un Hofmann ormai maturo, giunto ad un linguaggio personale compiuto e sapiente, come si evince dall’opera Zwischenstation del 1947.
La fine degli anni Quaranta costituirono un momento di notorietà e riscoperta della sua produzione con numerose mostre dedicate all’artista. Eppure, anche durante questi anni, gli effetti della storia e dello scenario politico impattarono fortemente nel suo percorso.
Con l’effettiva divisione della Germania nel 1949 e delle rinnovate limitazioni alla sua pratica artistica, Hofmann non poté far altro che lasciare la sua regione nella Germania orientale, per stabilirsi con la moglie nel 1950 a Berlino Ovest.
La mostra si chiude con le opere riferibili a questa tappa, momento nella vita dell’artista nel quale ebbe modo di dipingere liberamente, nel suo nuovo atelier berlinese.
Un senso di libertà che negli anni Cinquanta si tradusse nell’utilizzo non solo di molteplici media per la realizzazione di opere pittoriche ma anche nel rinnovato interesse per altri ambiti creativi (in questo periodo divenne intensa la sua produzione come designer).
La Fondazione Biscozzi Rimbaud propone al pubblico un confronto pregevole con uno spirito creativo, quello di Hofmann, difficilmente racchiudibile in una semplice definizione. Attraverso le opere proposte, si dispiegano segni, forme e colori, sprazzi di una vita libera e creativa.
Un esempio di creatività in continua evoluzione, riscoperto in Italia anche grazie alla mostra dedicata dalla Fondazione Ragghianti di Lucca nel 2024. L’esposizione presso la Fondazione Biscozzi Rimbaud, risponde alla necessità di ulteriore e approfondita attenzione verso il particolare sguardo creativo di questo artista.
L’esposizione di Lecce è anche un’occasione per riflettere sulle potenzialità dell’arte nell’istaurare un confronto con la sfera del personale e con il mondo che ci circonda, attraverso un percorso artistico complesso e profondamente umano.
Andrea Faggiano
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In alto e sotto: alcune immagini della mostra (© A.F.)