L’esposizione, organizzata dall’Associazione “Atrium”, sarà inaugurata sabato 11 ottobre 2025, alle 18.30. Potrà essere visitata sino a domenica 9 novembre, dalle ore 10.30 alle 13 e dalle 16.30 alle 20.30
Il pittore dello “Spazio vuoto” nonché artefice di importanti incursioni nell’arte della ceramica, Gianni Asdrubali, sbarca a Lecce, nella mostra organizzata dall’Associazione “Atrium”, nell’ex chiesa di San Sebastiano, sede della Fondazione Palmieri. Presenti l’artista ed il presidente di “Atrium”, Giuseppe Terragno, la kermesse verrà inaugurata alle ore 18.30 di sabato 11 ottobre 2025 e potrà essere visitata sino a domenica 9 novembre, dalle ore 10.30 alle 13 e dalle 16.30 alle 20.30 (per info: 335-406539). Per il 70enne artista nativo di Tuscania, che lavora fra Roma e Milano, si tratta di un ritorno a distanza di venti anni esatti. Nel 2005, infatti, una sua prima mostra venne ospitata con successo proprio nella sede dell’Associazione “Atrium”.
Nella Fondazione Palmieri, i visitatori potranno ammirare quattordici opere realizzate con pittura acrilica, detta anche “industriale”, frutto della produzione dagli Anni Ottanta ai giorni nostri, tutte di grande formato (130×140 e 100×80), più un vecchio dipinto su carta 70×50, che tra gli altri apprezzamenti, gli valsero la definizione del critico d’arte Bruno Corà di “artista di grande spessore la cui autenticità nel panorama delle esperienze moderne non conosce eguali”.
L’ascesa di Asdrubali inizia nel 1979, con la ricerca sull’idea di “vuoto”, che via via si concretizza nelle immagini di uno spazio frontale a-dimensionale (una per tutte: “Il muro magico”), per poi sposare, nel periodo in cui imperano Transavanguardia e Post-Moderno, i suggerimenti del movimento “Astrazione Povera”, teorizzato dallo storico dell’arte salernitano Filiberto Menna (1926-1989), che lo portano alle prime esposizioni a Roma (Galleria “La salita”) e Milano (Galleria “Astra”). Le due mostre saranno trampolino di lancio per la Quadriennale di Roma nel 1985, ed assieme ad altri artisti contemporanei, per l’evento “Anniottanta” in più città: Bologna, Rimini, Ravenna ed Imola.
Di tre anni dopo, è l’approdo alla prestigiosa Biennale di Venezia, dove espone l’opera “Eroica Verde”, che segna il distacco dal Movimento “Astrazione Povera”. Venezia funge da consacrazione della qualità del suo lavoro, e non a caso, subito dopo, piovono gli inviti per esposizioni internazionali: fra gli altri, Biennale di Sydney, National Gallery di Melbourne, Casa centrale dell’artista a Mosca ed a Leningrado, ed ancora, Taiwan in Asia e San Paolo in Brasile.
Col suo “spazio compatto ed atomico”, l’opera “Tromboloide” del 1992 portata al Gran Palais di Parigi, meglio definisce la vena artistica di Asdrubali, che subito dopo è presente nella Galleria comunale di arte moderna e contemporanea di Roma. Diventata Macro, nel 2018, quest’ultima ospiterà una sua esibizione di pittura dal vivo.
Altre mostre fra Italia ed Europa, seguiranno sino al 2001, quando a Darmstadt in Germania, gli viene dedicata la prima Retrospettiva. La ricerca di nuove forme di spazialità, lo porta poi a fondare il “Gruppo Zamuva”, che assieme all’architetto Pamela Ferri ed al già citato Corà, darà la stura alla teoria dello “Spazio frontale”, subito presentata (siamo nel 2007), nella sezione “La matematica scoperta” del Festival della Scienza, a Genova prima (Palazzo Ducale) ed a Roma dopo (Auditorium).
Esposizioni e ricerca, gli procurano, nel 2011, un secondo invito alla Biennale di Venezia, che idealmente segna la definitiva consacrazione di pittore fra i più innovativi del panorama internazionale. Pochi anni più avanti, 2013 e 2014, arriva la stagione della ceramica, con i lavori realizzati nella Bottega Gatti di Faenza, il cui punto massimo saranno la grande opera di 14×4 metri, installata sugli argini del fiume Pesa, e le altre grandi installazioni nello spazio Ghirlandi della stessa città. Fra gli altri luoghi, suoi lavori sono nella Capitale, nel Museo di arte contemporanea (Macro) e nella Collezione Farnesina del Ministero degli Affari Esteri, ed a Faenza, nel Museo internazionale della ceramica (Mic).
Toti Bellone
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