Rubrica - 06 Ott 2024

“All’ombra del bonsai” 2

Rubrica a cura di don Carmine Canoci


Spazio Aperto Salento

«Maritain in “Cristianesimo e Democrazia” indica nella democrazia il regime politico in cui è possibile vivere da cristiani e da cittadini senza confusione di ruoli nel rispetto dei diritti della società civile e della società ecclesiale. (…) La critica al razionalismo francese e al pragmatismo americano non impedisce a Maritain di formulare una filosofia politica capace di giustificare i fondamenti di una società civile rispettosa della libertà di coscienza. Tra politica e religione c’è distinzione, e l’invito a distinguere ciò che è di Cesare da ciò che è di Dio, diversamente accolto nel divenire storico dalle diverse civiltà, sta all’origine del sentimento e del costume democratico. Non ci può essere un’autentica democrazia se non ci si riconosce nella persona umana, creatura di Dio. Un regime democratico non può sopravvivere senza una giustificazione filosofica e senza una ispirazione evangelica, perché una politica umanistica presuppone l’esistenza dei diritti della persona umana e la conoscenza della miseria e della grandezza dell’umanità. La democrazia esige iniziativa e responsabilità, rifiuta lo “Stato sovrano” e richiede la partecipazione del popolo, vuole il suffragio universale, l’uguaglianza giuridica, la sicurezza economica, la pace internazionale per permettere alla persona umana di realizzarsi compiutamente nella storia ed oltre la storia». 

Dalla scheda del libro di Jacques MaritainCristianesimo e Democrazia” (prefazione di Giuseppe Lazzati), Edizioni Vita e Pensiero, 1977. La prima edizione dell’opera del filosofo francese (Parigi, 18 novembre 1882 – Tolosa, 28 aprile 1973) è del 1943.

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Quando oggi si parla di politica la reazione dei più è quasi di fastidio, si preferisce glissare e passare ad altri argomenti ritenuti più interessanti. Ed è così che si apre la stura a tutto ciò che è il peggio della politica di cui si fa esperienza come ad esempio: la consegna di deleghe in bianco a tanti avventurieri della politica che certamente a cuore non hanno il raggiungimento del bene comune ma primariamente l’affermazione delle mire personali, lo stesso partito di riferimento è solo il supporto; il pullulare del partitismo che non permette dialogo o assunzione di condivisa responsabilità. Causa questa (tra le tante) anche dell’abbattimento del record negativo di astensionismo che si riscontra in ogni consultazione elettorale.

Tu chiamala, se vuoi, politica.
Ma politica non è.

Tra coloro che non vanno a votare per scelta, per pigrizia, per disorientamento o per disinteresse, ci sono molti che sono o ritengono di essere cristiani e che, come tanti, giustificano la loro scelta ricorrendo al solito “la politica è una cosa sporca”.

Povero e ingenuo don Sturzo che affermava: «la politica non è una cosa sporca, ma un atto di carità». Ma non è solo lui a dirlo, esponenti ragguardevoli della ricerca filosofica e teologica spesso fanno chiarezza sul valore o sul vero senso della politica (v. testo citato).

Anche il Magistero più recente ricorda come uno dei servizi principali che il fedele laico è chiamato a svolgere è proprio quello dell’impegno politico che si può espletare in tanti modi. L’impegno nella vita sociale è radicato nel Dna di una fede incarnata. Tradotto in modo più esplicito potremmo dedurre che non si è cristiani se non si è seriamente impegnati in politica.

Quando il cristiano ricorre al sacramento della confessione, oltre a richiamare, sulle tracce dei dieci comandamenti, “i soliti” peccati, farebbe bene ad autodenunciare come peccato principale, il suo disinteresse e disimpegno politico.

don carmine canoci