Intervento/Angelo Sabia - 09 Dic 2020

Eroi e camerieri del giornalismo


Spazio Aperto Salento

Indro Montanelli, che in fatto di uomini la sapeva lunga, lo chiamava “il fascino della livrea”. Si riferiva a certa politica (erano gli anni dell’Ulivo, dello scontro frontale fra Prodi e Berlusconi e degli annessi e connessi), ma oggi, guardandosi attorno, fra i colleghi, non si stupirebbe più di tanto dei molti tribuni che dalle edicole e dalle televisioni si affannano a compiacere i potenti di turno. Pronti, nel volgere di poche ore, a dire tutto e il suo contrario; pronti a rinnegare e a rinnegar se stessi pur di mantenere la preziosa poltrona e l’ancor più prezioso stipendio.

In mesi e settimane in cui divampa l’illuminante polemica su e tra “giornaloni e giornalini”, un mestiere  che per definizione dovrebbe essere il “cane da guardia del potere”, offre il peggio di sé. Un declino non dissimile – ma non può essere una consolazione – da quello di molte altre professioni; un decadimento che coinvolge l’intero Paese, che ferisce i Palazzi delle istituzioni e che risparmia ben poche figure.

Si è perduto, negli anni, il senso della misura e del decoro. E vana fu anche per i giornalisti l’eredità che Paolo Borsellino affidò ai politici: “…non devono soltanto essere onesti, ma lo devono anche apparire”. E difatti  lascia sgomenti e genera imbarazzo vedere e sentire certe “grandi firme” della televisione che pure figurano tra gli iscritti allo stesso Ordine che fu di Mauro De Mauro, Mario Francese, Pippo Fava, Carlo Casalegno e Walter Tobagi (solo per ricordarne alcuni, facendo torto a non pochi altri e alle loro famiglie), uccisi chi per mano dei mafiosi, chi per mano dei terroristi.

È la voce del padrone quella che si fa sentire e si fa leggere, che piega la realtà e il senso del dovere al soldo e al desiderio di compiacere il signore di turno.

Ma non c’è solo “la corsa dei servitori”, per dirla sempre con Montanelli. Ci sono un’improvvisazione profonda, una mancanza di rigore – e quindi di professionalità – che lasciano quasi senza fiato (per sopperire alla mancanza di ideali non basterebbe un miracolo).

Ad ogni modo, non tutto è perduto. Si può ricominciare dalla riscoperta (in questa professione e nelle altre) di termini ormai desueti come pudore e decenza; dal rispetto della verità e delle persone. “Spazio aperto Salento” ce la può fare, soltanto partendo da qui. E ce la farà.

Angelo Sabia