Storia locale - 22 Feb 2021

20 febbraio 1743: Salice e il terremoto dimenticato

I danni furono ingenti, ma in paese fortunatamente non vi furono vittime: per tale ragione “si gridò al miracolo della Madonna della Visitazione”


Spazio Aperto Salento

Un susseguirsi interminabile e festoso di spighe e fronde d’ulivo, interrotto da muretti a secco e tratturi polverosi. Ad ovest, sporadici superstiti di quel che era la foresta di Oria contornano il piccolo casale di Salice, come a voler marcare il confine tra le terre di Lecce e quelle di Brindisi. A sud-est, l’antica “palude di Lievorano” annega di fatto l’intero Arnèo, rendendo talvolta l’aria insopportabile e i traffici con gli altri casali pressoché ingestibili.

Sarebbe difficile per noi, pronipoti di un’epoca passata da quasi tre secoli, immaginare come si potesse presentare questo piccolo paese nella metà del Settecento. Sarebbe ancora più difficile comprendere come un anonimo bivio – quello tra via Vittorio Emanuele II e via Vittorio Emanuele III – potesse essere stato per tanti anni la principale piazza del paese. Un luogo in cui si affacciavano botteghe e case palazziate, che fungevano da contorno all’antico Sedile – sede principale dell’attività amministrativa cittadina – oltre che ad una florida Chiesetta di S. Giovanni Battista.

Di quel glorioso passato, ciò che rimane oggi è solo questa bistrattata chiesetta, rimasta tristemente orfana di tutta la bella compagnia architettonica che aveva intorno.

Al suo posto, già in quell’epoca, si stava affermando insistentemente la “giovane” Chiesa Madre (1701). Ancora priva di alcuni altari, con un campanile incompleto ed un soffitto non decorato, questo edificio religioso era l’orgoglio del momento. Il suo splendore incarnava i sacrifici di un’intera cittadinanza, che attraverso il lavoro manuale e la riscossione delle vigesime ha consentito la realizzazione di un invidiabile gioiello barocco, ma che si porta appresso un cantiere durato 42 anni e non ancora finito.

Siamo al 20 febbraio del 1743, è mercoledì grasso e presto si entrerà nel periodo di digiuno della Quaresima. La sera prima si era sollevato un forte vento sciroccale, umido e fastidioso, con una persistenza che pareva inabissare il mondo intero (1). Ma fortunatamente si è placato da poco, nelle prime ore del pomeriggio.

Come talvolta capita qui al Sud, non è raro trovare – anche in pieno inverno – delle giornate che sfiorano le temperature primaverili (2), e quest’oggi è proprio uno di quelli, specie da quando si è calmato il vento. È perciò l’occasione ideale per uscire di casa e godere delle ultime ore del pomeriggio.

Fuori dal centro abitato, in direzione ovest, il Convento dei Frati Minori spia il paese dalle chiome degli alberi che lo separano da esso. Questa ascetica struttura dall’architettura romanica è distante dal frastuono della vita cittadina, così come vuole la tradizione della Regolare Osservanza.

Manca circa mezzora al calar del sole e tutti, come sempre, attendono il suono delle campane del Convento per segnalare la mezzanotte. Sì, la mezzanotte! Perché dovete sapere che in quest’epoca la concezione dell’orario è totalmente differente dalla nostra. Nel Regno di Napoli è in vigore l’ora di Spagna, che viene calcolata facendo partire la prima ora dal tramonto e viene segnalata – appunto – con delle campane.

Al momento però è ancora in corso una celebrazione liturgica. Anche il sindaco Pietro Bruno, stimato sartore (3), assiste alla santa messa assieme alla cittadinanza, seduto in prima fila, sotto la protezione del miracoloso quadro della Madonna della Visitazione.

All’improvviso, il frastuono di un forte boato in lontananza si avvicina sempre più e, nell’arco di pochi secondi, le ringhiere del piazzale antistante cominciano a vibrare producendo un rumore assordante e sinistro. Gli oggetti cascano per terra e si aggiungono anche i vetri delle finestre, che cominciano a frantumarsi e a piovere verso terra. Si avvertono anche gli scricchiolii della pietra e una foschia di polvere dall’odore acre comincia ad annebbiare il locale e i suoi santi. La messa non è ancora finita, eppure rimangono tutti attoniti, in silenzio, tra paura e stupore. Anche il sacerdote, a bocca aperta, rimane sull’altare con la sua orazione interrotta. Tutti i presenti sono paralizzati, immobili, in mezzo ad un locale che comincia a ballare.

Dall’alto, il suono di una melodia si aggiunge a questa danza. È una melodia confusa, che pare andare all’unisono con il movimento del pavimento sottostante. Sembra donargli del ritmo, ed anche gli oggetti e le mura ci ballano di sopra. Sono le campane del Convento, ma la cosa surreale è che non c’è nessuno a suonarle (4).

*   *   *   *   *

Salice, paese storicamente di bandisti e suonatori, conobbe in questo giorno anche il ritmo della natura. Un ritmo beffardo e crudele. Un ritmo che ci fa realizzare quanto siamo fragili. È il ritmo del tremuoto (5), durato per ben 7 minuti e con la sequenza di 3 violente scosse (6). Una di esse raggiunse addirittura il grado 7.1 della scala Mercalli (7). Insomma, un ritmo che ha lasciato anche qui i segni della sua danza.

Altre comunità salentine vissero questo giorno con ancor più terrore. Una di questa fu Nardò, che dovette piangere ben 112 vittime. Ma anche Francavilla Fontana fu segnata profondamente da questo sisma. Così come Mesagne, Brindisi, Manduria, Torre Santa Susanna, Leporano. Tanti altri paesi – più o meno fortunati – ricordano questo evento con epigrafi marmoree poste sulle facciate delle loro chiese (Leverano, Sternatia, Lizzanello, etc.), altri con dei dipinti (Lecce e il suo dipinto di Sant’Oronzo presso la Basilica di Santa Croce), altri ancora con delle leggende folkloristiche (Melendugno, con la leggenda di San Niceta, o Nardò, con l’intervento miracoloso di San Gregorio Armeno). A Nardò si svolgono tuttora delle celebrazioni liturgiche ed una festa patronale in questo giorno, così da mantenere viva la memoria di quel tragico evento e ringraziare il Santo Patrono per la sua intercessione.

Tuttavia, pare che Salice abbia dimenticato questa vicenda, nonostante i cataloghi storici dell’INGV (8) le abbiano assegnato un livello di danno pari al grado VIII della Mercalli-Cancani-Sieberg MSC, a cui corrisponde un terremoto “rovinoso, con rovina parziale di qualche edifico e qualche vittima isolata”. Purtroppo il paese non conserva epigrafi o tradizioni a memoria di ciò, eppure di esso si fece menzione anche in un documento del 30 maggio 1744, inviato dalla Consulta della Regia Camera della Sommaria al presidente della Giunta di Marina Michele Reggio, che riportava testualmente:

“Ecc[ellentissi]mo Sig[nor]e debita[m] Comendat[io]ne[m] Auendo il Preside della R[egi]a Udienza di Lecce fatto p[rese]nte a S.M. Dio g[uar]di il considerabile danno che il tremoto accaduto a’ 20 Febbraro del passato anno 1743 avea cagionato a’ diversi luoghi di d[ett]a Prou[inci]a riducendo quei abitanti in somma miseria. […] fè p[rese]nte alla M.V. che i luoghi flagellati con maggiori danni dal mentouato tremoto eran stati la Città di Brindisi, e Taranto e le Terre di Mesagne, Francavilla, Salice, Leporano, Leuerano, Monteparano e Vanze e più di esse la città di Nardò colla total rovina de suoi edificij, e morte di centinaia di persone oltre de i feriti […]” (9).

Appurato pertanto che il passaggio di questo sisma provocò degli effettivi danni anche in questo Casale, non ci resta che scoprirli e ripercorrerli da soli, ad esempio “leggendo” ciò che la pietra degli edifici ha da raccontarci.

Partendo dal Convento, esso presenta ancora le cicatrici di quella vicenda. Una di queste è la fessura diagonale impressa sulla sua facciata principale, che parte dal colmo e si estende verso il lato destro. Le altre tracce si possono scorgere dagli interventi di ristrutturazione del chiostro retrostante. Come quelli applicati sulla seconda colonna del primo porticato, che fu sottoposta ad un intervento di “scuci e cuci” realizzato con dei mattoni posti in verticale. Ma anche le catene metalliche, inserite in seguito per consolidare sia la volta del portico che l’interfaccia con la chiesa, rappresentano un chiaro indicatore di un moto disaccoppiato avvenuto in passato tra i due corpi di fabbrica.

Fig. 1

I danni peggiori però li subì proprio la “nuova” Chiesa Matrice, tanto da spingere il sindaco Bruno a stilare – assieme ai due auditori – un documento rivolto a Sua Maestà – Re Carlo III di Borbone – così da poter procedere con l’aumento delle vigesime:

“Carolus fidelis nobis dilecti a noi è stato presentato memoriale V.T.S.R.M. Signor Pietro Bruno attual Sindico, Felice Capoccello e Gio[van]ni Passante Auditori e amministratori della Un[iversi]tà della Terra di Salice della Provincia di Lecce supp[lican]do espongono alla M.S. come così piacque all’Onnipotente Dio castigar i poveri supplicanti col duro flagello del terremoto con haver rovinato tutta la detta Terra che la maggior parte ridusse ad un mucchio di pietre e quel che fu di peggio rovinò detto terremoto la Chiesa parrocchiale nella quale non si puonno tenere Sacramenti per la quale i miserabili cittadini conclusero per quella alquanto riparare imponersi pro nunc (nella circostanza) la vig[esi]ma sopra del grano, oglio, vino e lino almeno per  anni quattro. Perché detta imposizione di vigesima non puolersi imponere senza prima il benep[laci]to assenzo della Maestà Sua. […]” (10).

Fig. 2

Anche i segni sulla Chiesa Madre sono tuttora visibili. Sulle sue pareti laterali, a ridosso della facciata, ci sono ancora una volta delle evidenti tracce di interventi del tipo “scuci e cuci”. Probabilmente l’azione sismica avrà provocato un completo distacco della facciata, rendendola di fatto altamente vulnerabile nei confronti di un ribaltamento. Un pericolo che è stato fortunatamente scongiurato dall’assenza di scosse di assestamento nei giorni successivi.

Questo terremoto, da come si evince anche dal documento, porterà comunque alla cittadinanza ulteriori aggravi fiscali che si prolungheranno negli anni a venire. Le opere religiose necessiteranno di urgenti riparazioni, ma anche molte abitazioni private dovranno essere ristrutturate o addirittura ricostruite. Senza contare che molti cittadini vivevano già da prima in uno stato di semi-povertà.

Il casale di Salice può comunque ritenersi tra i più fortunati, perché – a quanto è dato sapere – non registrò alcuna vittima. Scampato il pericolo, quindi, la cittadinanza gridò al miracolo della Madonna della Visitazione dedicandole questi singolari versi:

[…] O piccatori, quantu simu sciocchi!
Pinsamu allu miraculu ci è fattu.
Ci nu pe sta Cran Matre eramu muerti
sutt’a lle petre senza sacramenti.
[…] Li campanieddhri a ll’artare maggiore
suli se faciane nna sunata,
lu vicariu rrumase a confusione,
rrumase culla pretica ncignata.
Puru lu Sinnicu ru dilettu amore
a Diu cilebra la missa cantata.
O populu te Salice, aggi tolore
mo ci la ira te Diu già s’è parata![…]” (11)

Daniele Perrone

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Foto in alto: Quadro fessurativo della Chiesa di Santa Maria Assunta
Fig. 1: Quadro fessurativo della Chiesa del Convento “Madonna della Visitazione”
Fig. 2:
Archivio di Stato di Napoli, Real Camera di Santa Chiara – Cancelleria Partium (serie II), numero busta 30, pag. 119 recto – pag. 120 verso

Note

(1) Passo ispirato dalle cronache di Lecce: “La notte del 19 Febbraio 1743 si suscitò un grandissimo vento sciroccale, che pareva inabissare il mondo e durò sino alle ore 22 del ventesimo dì, e cessato in quell’ora in un subito si annerì l’aere e divenne color piombo; e poi verso le ore ventitre e mezzo (ore 17 e 14 min. in tempo medio locale) si accese l’aere di tal maniera che pareva una fiamma; ed in quel giorno correva il mercoledì precedente il giovedì grasso […]Francesco Antonio Piccinni, Cronaca della classe dei Civili di questa città di Lecce. Ext. MS. nel Museo provinciale. Il brano della cronaca di Piccinni è riportato da Cosimo De Giorgi in: Ricerche su i terremoti avvenuti in Terra d’Otranto dall’XI al secolo XIX. 1898, pubblicato in Memoria della Pontificia Accademia dei Nuovi Lincei, vol. XV.
(2) Passo ispirato dalle cronache di Nardò: “Nel giorno di mercoledì venti febbraio, giorno più tosto estivo che d’inverno […]”. Archivio di Stato di Lecce, Sezione notarile, protocollo del notaio Oronzo Ippazio De Carlo.
(3) Cfr. Ciccio Innocente, Il Catasto Onciario, il censimento nel Regno di Napoli del 1741-1749 a Salice Salentino, Ed. Nuova Publigrafic, Trepuzzi, 2011.
(4) Passo ispirato dalle cronache di Salice Salentino. Giuseppe Leopoldo Quarta, Salice Salentino, dalle origini al trionfo della Giovane Italia, a cura di Alessandro Laporta, Comune di Salice Salentino – Assessorato alla P.I. e Cultura, Biblioteca Comunale, 1989.
(5) Cit. Notaio Oronzo Ippazio De Carlo di Nardò (1743).
(6) E. Guidoboni, G. Ferrari, D. Mariotti, A. Comastri, G. Tarabusi, G. Valensise, CFTIMED04 Cataloue of Strong Earthquakes in Italy 461 B.C. – 1997 and Mediterranean Area 760 B.C. – 1500.
(7) R. Nappi, G. Gaudiosi, G. Alessio, M. De Lucia, S. Porfido, The environmental effects of the 1743 Salento earthqyake (Apulia, southern Italy): a contribution to seismic hazard assessment of the Salento Peninsula, 19 August 2016. Cfr. S. Porfido, G. Alessio, R. Nappi, M. De Lucia, G. Gaudiosi, A contribution to the seismic hazard of the Apulia Region (Southern Italy): environmental effects triggered by historical earthquakes in the last centuries, CNR-IAMC Napoli, Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia – Sezione di Napoli Osservatorio Vesuviano, European Geosciences union General Assembly 2016 Vienna, Austria, April 18-22, 2016.
(8) CPTI15-DBMI15 v3.0 Emidius INGC – Catalogo storico dei terremoti in Italia: https://emidius.mi.ingv.it/CPTI15-DBMI15/query_eq/.
(9) Archivio di Stato di Napoli, Regia Camera della Sommaria, Ruote, Consultationum, vol. 200, Consulta della Regia Camera della Sommaria al presidente della Giunta di Marina Michele Reggio, Napoli 30 maggio 1744. Cfr. CFTI5Med 1743 02 20.
(10) Archivio di Stato di Napoli, Real Camera di Santa Chiara, Cancelleria, Partium, vol. 30, Disposizione della Real Camera di Santa Chiara a favore dell’Università di Salice Salentino, Napoli 3 marzo 1743.
(11) Cfr. Giuseppe Leopoldo Quarta, Salice Salentino dalle origini..., op. cit.