Rubrica a cura di don Carmine Canoci
In un articolo di Andrea Indini, dal titolo “Qualche dubbio sull’utero in affitto” (“Il Giornale”, 19 ottobre 2024), emerge con nitidezza la realtà di un fenomeno le cui “rilevanti” implicazioni a molti, forse, sfuggono. Si tratta della cosiddetta “maternità surrogata” o, a vantaggio di una giusta esplicitazione, “utero in affitto”, attualmente dibattuto a vari livelli e, almeno in Italia, da pochissimo dichiarata/o reato universale e quindi bandito. Una “malvagità” a pagamento che, addirittura, ha un prezzo diversificato che varia in base al Paese di residenza e all’aspetto fisico della “donatrice dell’utero”.
In un passaggio significativo dell’articolo, Indini scrive: “(…) I listini oscillano, a seconda del «negozio», dai 50mila ai 250mila euro. Quindi, prima di cominciare, dovete fare quattro calcoli partendo, ça va sans dire, del vostro conto in banca. Ovviamente, sarà pur cinico metterlo nero su bianco ma non è poi così diverso da quando si sceglie la casa o l’auto. Chi può permetterselo, non si accontenta di un’utilitaria da 20mila euro (…)”.
Il giornalista de “Il Giornale”, rivolgendosi agli eventuali genitori acquirenti, conclude il suo intervento “provocandoli”: “La vostra scelta, quella di ricorrere al portafoglio per avere un utero di cui disporre, dovrà essere spiegata, prima o poi, anche a vostro figlio (…). Quali parole userete? E se vi chiederà del contratto? E dei soldi? E della madre biologica? Ma, soprattutto, se vi chiederà: «È umano quello che avete fatto o un atto di estremo egoismo?», cosa gli risponderete? E, quando dovrete insegnargli che la vita non si compra (mai, in nessun caso), non credete che vi troverete un pochino in difetto?”.
Al seguente link, l’articolo integrale di Indini: www.ilgiornale.it.
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Dopo aver letto tale report si prova, rispetto a quanto in esso evidenziato, un fastidio o una fastidiosa vergogna che ti ammutolisce. Non si può!
E allora prepariamoci a vedere avanzare per le strade cortei o processioni laiche dove in prima fila faranno bella mostra di sé responsabili di partiti, sindacati, associazioni e movimenti vari e rivendicare, tra i molteplici diritti, anche quello del “diritto al figlio”, contestando, tra contumelie e volgarità, la recente decisione di rendere l’utero in affitto reato universale.
Nel mio triste cogitare il pensiero si è diretto verso chi, più di altri, diventa vittima di un così preteso diritto. Ne è scaturita, senza pretesa alcuna, una letterina.
Carissima piccola, piccolissima amica (uso il femminile ma vale anche al maschile), mi piace chiamarti Desideria/o, capirai dopo perché.
Ti vedo, con la mia immaginazione, in quei posti bui ma accoglienti e premurosi quali il seno di una persona che consideri tua madre e chi altri sennò. Sicura di te, passo dopo passo formi il tuo fisico per fare bella figura in occasione della performance da esibire il giorno del tuo debutto nell’avventura della vita ‘fuori’.
Già pregusti gli applausi, il profumo dei fiori; ti sembrerà piovoso quel giorno, non preoccuparti sarà solo l’effetto delle lacrime di commozione gioiosa di chi ti sarà vicino, che fondendosi con le tue, diventeranno premonitrici del tuo presente e del tuo futuro.
C’è chi poeticamente ha detto e cantato che dove attualmente stai, vedi «il mondo senza dolori né peccato, un mondo tutto rosa e profumato» (R. Zero). Vorrei tanto che per te fosse così anche quello reale, ma desidero dirti la verità.
Devi sapere che ancor prima di dare inizio alla tua avventura nel buio del tuo mondo attuale, qualcuno ti ha desiderata (spiegato così il perché di tale nome), ma ha chiesto subito: «Quanto mi dai?». E la risposta: «Quanto costa?».
Si, è vero, sei nata perché sei stata commissionata e pagata a chi biologicamente è tua madre, ma indotta a essere un mezzo di produzione di figli per altri. E chi ti ha acquistata, sicuro del suo potere di acquisto, ha preteso di beneficiare del ‘diritto al figlio’ appagando l’insana ed egoistica voglia del «tutto è mio perché ne ho il potere (… dei soldi)».
Cara Desideria, vedi? Non sei frutto dell’amore, non da esso desiderato, ma solo contrattata.
Carissima, forse quando anche tu lo saprai, proverai vergogna, sarai bullizzata, etichettata come figlia della schiava…, ma, coraggio! Non ti arrendere, reagisci alla tua vergogna e fatti testimone delle storture di questo sistema impegnandoti nel tuo piccolo perché venga abolita radicalmente una pratica che umilia e svilisce le donne; non puntare il dito contro i tuoi genitori che hanno ‘commissionato’ tale gestazione ad altri, ma punta il dito, dichiara con fermezza il tuo j’accuse nel denunciare l’irresponsabilità dei governanti di turno per non voler porre un freno ‘vero’ all’utero in affitto.
Ti auguro una vita buona, non considerarti una venuta al mondo solo per denaro. Nonostante quello che possiamo pensare, non crediamo proprio che chi ti ha portato in seno per tanto tempo non abbia avvertito amore nei tuoi confronti, sarebbe un oltraggio alla natura. Ma tanto altro amore lo potrai scoprire in chi ti starà vicino.
È vero, nel mondo ci sono i cattivi, ma ci sono anche gli amici e non è detto che siano in minoranza. Credimi e confida in loro!.
don carmine canoci