• mercoledì , 15 Ottobre 2025

Lecce - 15 Set 2025

Carcere di Borgo San Nicola, “sovraffollamento superiore alla media nazionale”

Visita alla Casa Circondariale oggi, lunedì 15 settembre 2025, dei vertici dell’Associazione “Nessuno tocchi Caino” e di una delegazione pugliese del Movimento “Indipendenza”


Spazio Aperto Salento

Oltre il 170 per cento di sovraffollamento. La situazione del carcere di Borgo San Nicola a Lecce è di gran lunga peggiore della media nazionale che si assesta al 134 per cento. Su una capienza regolamentare di 798 ospiti, il presidio leccese contiene attualmente 1361 detenuti, quasi il doppio di quelli che potrebbe avere. A fronte di tale sovraffollamento, si aggiunge anche la carenza degli operatori penitenziari. Su una pianta organica di 400 addetti, la struttura leccese ne dispone appena di 250, appena poco di più della metà necessaria. E tutto ciò si traduce in disagi per detenuti e lavoratori e inevitabili disordini. Dall’inizio dell’anno, nel carcere di Borgo San Nicola si sono registrate 13 aggressioni al personale, 11 tentativi di suicidio e ben 62 atti di autolesionismo da parte dei detenuti, oltre che 6 decessi per cause naturali. A volte un solo addetto si trova a dover controllare più padiglioni e, se viene chiamato per un’emergenza al primo piano, non può accorrere per un’altra al secondo piano. C’è poi il lavoro per i detenuti, elemento essenziale per un percorso di riabilitazione che non riesce a soddisfare tutte le richieste, sebbene, in questo campo, il carcere di Lecce sia molto più avanti rispetto alla media nazionale che conta appena il 10-12 per cento di detenuti occupati. A Lecce i detenuti lavoratori sono 350, quindi circa un quarto dell’intera popolazione carceraria. Ma pur sempre un numero carente.

La fotografia del presidio leccese è emersa nel corso del tour delle carceri italiane compiuto dall’associazione “Nessuno tocchi Caino” che oggi ha fatto tappa a Lecce con il segretario nazionale Sergio D’Elia e alla tesoriera Elisabetta Zamparutti, unitamente ad una delegazione pugliese di “Indipendenza” composta dal vicecoordinatore regionale Alfredo Lonoce e dal coordinatore provinciale Ivan Silvestro Siciliano, presente anche la garante cittadina dei diritti dei detenuti Maria Mancarella. Nel corso della visita sono emersi i gravi problemi, anche strutturali dell’edificio.

“Quando piove entra l’acqua nelle celle e nei corridoi – racconta Sergio D’Elia – ma è soprattutto il sovrafollamento che rende le celle invivibili e incompatibili con la dignità umana. Oggi, nel settore femminile abbiamo visto tre detenute in una cella di appena 15 metri quadrati, due delle quali alloggiate in due letti a castello e la terza con un letto poggiato a terra che, se la finestra è aperta deve fare attenzione a non battere la testa quando si alza”.

E tutto ciò si ripercuote anche sulle emergenze sanitarie e sul diritto alle cure che è sempre più difficile assicurare. “Non ci sono scorte per trasportare i detenuti ad effettuare accertamenti diagnostici o visite mediche – spiega Elisabetta Zamparutti – oggi abbiamo visto una detenuta che ci sembrava incinta. Alla nostra domanda se così fosse, ci ha risposto che quelle erano tre ernie addominali. Sembrava al sesto mese di gravidanza!”.

Quali le soluzioni? “La popolazione carceraria va snellita – dice l’avvocato Alfredo Lonoce – ma questo non significa uno svuota carceri sic et simpliciter, provvedimenti nel rispetto del diritto per garantire la dignità umana. In tal senso va proprio l’idea illustrataci dalla direttrice del carcere di Lecce Maria Teresa Susca che ha già avanzato la proposta di ristrutturazione delle celle una per una senza sfollamento. Ma anche quella di tramutare in detenzione domiciliare gli ultimi 18 mesi di pena. Noi, che stiamo vivendo in prima persona il dramma carcerario con il nostro leader Gianni Alemanno, siamo in prima linea da anni per i diritti umani. Già nel lontano 2010 con l’iniziativa per una moratoria alla pena di morte inflitta all’ex vicepresidente irakeno Tareq Aziz e poi ancora quattro anni fa in un kibbutz israeliano, al confine con la striscia di Gaza, con il manifesto per Sakineh Mohammadi Asthiani, la donna iraniana condannata alla lapidazione per adulterio”.

Massimo Barbano