Attualità - 20 Set 2022

E se votassero tutti?…

“Riflessioni” di don Carmine Canoci in vista dell’appuntamento elettorale del prossimo 25 settembre


Spazio Aperto Salento

Nei testi di devozione popolare, come anche in quelli classici, nella stessa liturgia delle ore, preghiera ufficiale di tutta la Chiesa, ricorre spesso l’invito, con tante diverse formule, a pregare per coloro che ci governano. Un esempio: “Preghiamo perché ogni giorno siano visibili i segni di una serena e pacifica convivenza, e perché coloro che l’amministrano promuovano sempre il bene comune, la giustizia…” e altro ancora.

San Paolo, in una lettera inviata al suo giovane discepolo Timoteo, divenuto responsabile (vescovo) di una comunità, così si esprime: “Figlio mio, raccomando, prima di tutto, che si facciano domande, suppliche, preghiere e ringraziamenti per tutti gli uomini, per i re e per tutti quelli che stanno al potere”.

Mah!… Che dire?

A voler fare a meno del passato, non conoscendo il futuro e fermandoci a considerare solo il presente, dobbiamo riconoscere che questa preghiera non viene facile; ti prende una sensazione di apnea con sobbalzo che crea problemi all’equilibrio orante.

Ai governanti (di ogni tipo, di ogni livello: nazionali, locali, di quartiere, di condominio… eh sì, li trovi dovunque, anche nelle chiese…), non fa per niente problema che si preghi per loro, anzi… Purché possano continuare a fare i propri interessi quasi mai corrispondenti a quelli della comunità, che a suo tempo, ha espresso la fiducia nei loro confronti.

Verrebbe invece da pregare: “Preghiamo perché i tal signori non facciano maggiori danni e pongano un limite a quell’invisibile spiritello che sfruguglia nella loro testa e li spinge a pensare: e qui comando io…”.

Mi fa poca presa vedere in occasioni importanti, in Tv o direttamente, gente di questo tipo in prima fila tra i banchi della chiesa o vederla sfilare in processioni solenni. Magari sono persone che si accostano anche all’Eucaristia, specialmente se ci sono in giro telecamere, fotografi o clik di cellulari. Dipendesse da me le dispenserei tranquillamente da tali obblighi o privilegi. Che male farebbe vederle sedute normalmente tra i banchi in mezzo alla gente comune e possibilmente non soltanto a Natale, il 4 novembre o in altre poche occasioni ‘istituzionali’, ma anche tutte le domeniche…

Hic stantibus rebus, stando così le cose, cosa pensare, cosa fare?

Verrebbe da condividere la scelta che molti, purtroppo, ormai da tempo hanno fatto e attuato, quella cioè di disertare l’appuntamento elettorale. Altri si decidono di non mancare, ma con il chiaro intento di annullare la scheda. A me personalmente non piace nemmeno quell’estremo disinteresse di alcuni che pur votando lo fanno tappandosi il naso e, se non fosse troppo complicato, chiuderebbero anche gli occhi.

San Paolo, nel brano ricordato prima, aggiunge “perché possiamo condurre una vita calma e tranquilla, con pietà e dignità”. Ciò mi porta a pensare che questo obiettivo non può essere demandato solo a chi governa, ma anche a chi è governato. Se per la dignità, la pietà di cui parla Paolo, non si impegnano loro, si faccia avanti la collettività rendendo, in ogni modo, la vita difficile e poco tranquilla ai detentori della comoda e lucrosa poltrona, finché non si giunga a vedere garantita e sostenuta la fiducia e la dignità di tutti.

Un simile progetto può iniziare a muovere le gambe solo se con discernimento giusto e non violento, anche a livello verbale, tutti si adoperano a mettere le mani sulle ‘armi’ a disposizione. Quali sono? Nulla di nuovo, ma è ugualmente bene ricordarle.

Per me credente, arma valida è la preghiera, quella buona non di facciata, quella che Dio si aspetta, non quella che pretendo io, quella che manda in tilt il cuore, non quella delle parole fuochi artificiali…

Altra arma alla portata di tutti, credenti o no, è compiere il dovere civico del voto. Sì, andare a votare, tutti.

Il naso tappiamolo quando l’aria è irrespirabile o quando dovesse chiedercelo il medico, gli occhi chiudiamoli quando vogliamo riposare, ma non quando si vota. Lo sappiamo, anche una scheda lasciata senza alcuna preferenza (bianca) è già un’espressione di un voto. Votare comunque, pur sapendo di non condividere appieno le varie proposte suggerite.

Rinunciare a voler issare la propria bandierina nella terra di conquista e disperdersi in varie aggregazioni sono occasioni mancate per adoperarsi in unità ed è un vantaggio che si offre a chi ha più numeri, (ne abbiamo esperienza…). Sapete perché Golia perse contro Davide? Perché Golia era solo, Davide invece aveva un popolo unito che sosteneva la sua fionda…

Non andare a votare o fare sberleffi o scrivere imprecazioni sulla scheda è quello che più giova a chi gioca con la fiducia degli elettori ottenendo purtroppo consensi con motivazioni da lotta di quartiere o pseudo religiosi tipo: “Credo”, o stile racconti di Canterbury: “Donne, votatemi. Ho dato la caccia al vostro amore tutta la vita e sono più bello di…”. In fin dei conti giova a chi non merita di essere nominato ’onorevole’ dalla gente.

Chi votare, ognuno liberamente lo sceglie, non trova nessuno? C’è sempre l’opzione dell’aggregazione che più gli dà fiducia e mai potrà essere quella della diserzione o del disinteresse totale.

A conclusione pongo all’attenzione un duplice decalogo stilato in buona parte da Papa Francesco che riguarda i politici e la politica: nobiltà degli uni e miseria dell’altra.

Beatitudini del politico

Beato il politico che ha alta consapevolezza e profonda coscienza del suo ruolo.
Beato il politico che è al servizio della pace.
Beato il politico la cui persona rispecchia la credibilità.
Beato il politico che lavora per il bene comune e non per il proprio interesse.
Beato il politico che si mantiene fedelmente coerente.
Beato il politico che realizza l’unità e l’intesa con i suoi elettori
Beato il politico che si impegna nella realizzazione di un cambiamento radicale.
Beato il politico che sa ascoltare e che non ha paura.
Beato il politico che rispetta e promuove i diritti umani fondamentali.

I vizi della politica

Anche nella politica non mancano i vizi. Rappresentano la vergogna della vita pubblica e mettono in pericolo la pace sociale e sono:

– la corruzionenelle sue molteplici forme di appropriazione indebita dei beni pubblici o di strumentalizzazione delle persone;
– la negazione del diritto;
– il non rispetto delle regole comunitarie;
– l’arricchimento illegale;
– la giustificazione del potere mediante la forza o col pretesto arbitrario della “ragion di Stato”;
– la tendenza a considerarsi nemici all’interno delle istituzioni;
– la xenofobia e il razzismo;
– la riluttanza a prendersi cura della Terra;
– lo sfruttamento illimitato delle risorse naturali in ragione del profitto immediato;
– l’uso del linguaggio ‘politichese’.

Può essere valido motivo di riflessione considerare che la politica, così in grave crisi in questi nostri tempi, in fin dei conti è un gran bel dono e così riuscire a fare finalmente pace con essa, nonostante…

don carmine
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