Turismo - 07 Giu 2021

I sotterranei del Castello Carlo V di Lecce: una meta turistica suggestiva e “misteriosa”

Di dimensioni enormi, gli ambienti sottostanti l’antico maniero si presentano maestosi. Secondo leggende cittadine, durante la notte nei sotterranei si aggirerebbero gli spettri di un nobiluomo e di un bambino


Spazio Aperto Salento

Nel lontano Trecento, probabilmente nessuno si curava di loro. D’altra parte, servivano solo da ricovero per cavalli e cavalieri. Oggi invece, del Castello di Carlo V d’Asburgo a Lecce, i sotterranei sono il punto di forza… turistico. Di dimensioni enormi, si presentano in tutta la loro maestosità. Alti non meno di dieci metri per altrettanti di larghezza, sono stati solo in parte restaurati.

Camminando su una comoda passerella metallica, percorriamo gli oltre cento metri rimessi a nuovo, e risulta subito chiaro, che tutto quanto è stato via via scoperto, non ha subìto rimaneggiamenti: cunicoli, archi, cisterne, sezioni di muro.

Grazie alla luce diurna che filtra attraverso otto fori di forma quadrata, ed a quella artificiale dei faretti posizionati al disopra delle nostre teste, è come entrare in un mondo magico, che ci riporta al tempo in cui il maniero era abitato dalle nobili Casate dei Conti d’Altavilla e dei Del Balzo Orsini, che furono principi, duchi e baroni così ricchi e potenti, da potersi permettere di ospitare nel fossato un magnifico esemplare di orso bianco.

Ultimata la passeggiata, sbuchiamo in un ambiente che gira tutto attorno alla base di uno dei quattro bastioni a forma di lancia. Prima, tuttavia, facciamo in tempo a sbirciare, aldilà di uno sbarramento in legno, l’altra sezione dei sotterranei in procinto di essere restaurata, anch’essa illuminata da fori attraverso i quali filtra la luce diurna.

Il bastione in questione, all’ingresso del quale una porticina nasconde uno dei due ascensori di cui in epoca moderna si è dotato il Castello, è quello della Santa Trinità, che col dirimpettaio di Santa Croce, racchiude nel mezzo la Porta Reale sormontata dallo stemma degli Asburgo. Gli altri due, al centro dei quali si trova invece la cosiddetta Porta Falsa (è quella che affaccia su piazza Delle Poste, che per la toponomastica è piazza Giuseppe Libertini), sono intitolati a San Martino ed a San Giacomo.

Dal tempo della restituzione alla città, nella primavera del 1983, da parte dei militari dell’Esercito che per un secolo l’hanno utilizzata come Distretto, anno dopo anno, la fortezza è stata quasi completamente restaurata. Sorta nel periodo medievale, così come racconta la presenza delle Torri Mozza e Magistra, per ordine del re di Spagna, Carlo V, nei primi decenni del Cinquecento venne ampliata e di fatto trasformata nella struttura che vediamo oggi. Per farlo, vennero abbattuti una chiesa di Santa Croce ed un monastero dei padri Celestini, successivamente ricostruiti nell’area attualmente compresa fra la villa comunale “Garibaldi” e la via Umberto I. Tale compito, che mirava a renderla essenzialmente difensiva, conservando per altro il fossato (venne colmato solo trent’anni prima della fine dell’800, nello stesso periodo in cui vennero demoliti i ponti elevatori), fu affidato a Gian Giacomo degli Acaya, architetto ed ingegnere generale del Regno di Napoli.

Per ironia della sorte, a lavori ultimati con piena soddisfazione del sovrano, il nobiluomo trovò la morte proprio nelle prigioni del “suo” Castello, nelle quali venne rinchiuso a causa di un prestito non restituito alle casse reali da un amico per il quale fece da garante.

Lo spettro del valente tecnico, si racconta che vaghi, di notte, nei sotterranei e nelle anguste prigioni, anch’esse visitabili. Il suo fantasma non è l’unico a caratterizzare l’ora delle tenebre. Secondo la leggenda e soprattutto i racconti tramandati nei decenni da padri a figli, c’è anche quello di un bambino. Figlio di un cavaliere, mentre giocava nel cortile del Castello, il piccino cadde in un pozzo. Invocando aiuto, attirò l’attenzione dei soccorritori, che non riuscirono però a salvarlo. Fra strazianti urla di dolore, alla fine scomparve nel fiume sotterraneo Idume, che affiorando qua e là, come nella vasca di palazzo Adorno, prima di sfociare nel mare di Torre Chianca, ancora scorre sotto la città.

Toti Bellone

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Foto in alto: La parte dei sotterranei già restaurata

 

L’arco illuminato che apre la visita ai sotterranei

Una veduta dei sotterranei

I sotterranei del bastione della Santa Trinità

Antiche pietre trovate durante i lavori di restauro

L’ingresso del castello di Carlo V dalla parte della Porta Falsa

Il cortile della fortezza voluta dal re Carlo V d’Asburgo

La porta attraverso la quale si accede ai sotterranei