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Intervento - 13 Apr 2025

“Il Bosco di Arneo può continuare a vivere”

L’ambientalista Rinaldo Innocente: “É stata una grande vittoria del Comitato Custodi del Bosco d’Arneo”


Spazio Aperto Salento

Come nella leggenda di Davide e Golia (narrata nella Bibbia), dove il giovane pastore Davide, munito di una fionda e di una pietra, riuscì a uccidere il gigante filisteo Golia, allo stesso modo i “Custodi del bosco di Arneo”, un Comitato spontaneo di cittadini difensori dell’ambiente, hanno vinto la battaglia per la salvaguardia di un’area d’interesse naturalistico, a “rischio” a causa del progetto d’ampliamento della pista-prove “Nardò Technical Center” della Porche.

Nei giorni scorsi, infatti, la Porsche ha deciso di fermare il piano di sviluppo industriale “Nardò Technical Center” nel Salento, con un annuncio ufficiale attraverso il quale l’azienda ha considerato le “prospettive sociali, ambientali ed economiche” ed ha preso atto del “contesto attuale, sempre più complesso” e dei “cambiamenti in atto nel settore automobilistico a livello globale”.

Un annuncio importante perché significa che il territorio è salvo e che anche le battaglie impossibili possono essere vinte. Una battaglia che non è stata vinta dalla politica, bensì da tutti i pugliesi e da tutti i salentini che, questa volta, non hanno voluto assistere inermi all’ennesima distruzione del proprio territorio.

Nelle Terre di Arneo, a quasi ottant’anni dalle lotte contadine contro i latifondi, la storia si è “ripetuta”, questa volta per la difesa di circa duecento ettari di area boschiva e di macchia mediterranea. Ma veniamo ai fatti.

Negli anni Settanta, la Fiat costruisce la pista di collaudo per automobili all’interno del Bosco di Arneo, in un’area divenuta nel 2006 “Riserva naturale orientata regionale Palude del Conte e Duna costiera”, un territorio costiero pieno di biodiversità e di storia. Nel 2012 la pista viene venduta alla Porsche e due anni dopo il colosso automobilistico tedesco inizia a progettare l’ampliamento della stessa.

Il primo studio di fattibilità del progetto manifesta chiaramente l’incompatibilità con la Direttiva europea “Habitat”, la quale stabilisce il divieto di disboscare ed edificare nelle aree protette. Infatti, il progetto prevedeva l’abbattimento di duecento ettari di bosco e di macchia mediterranea. Nonostante tale “incompatibilità” ambientale, con delibera 1096 del 31 luglio del 2023, la Giunta regionale della Puglia approva lo schema di Accordo di programma con la Porsche “Nardò Technical Center”, insieme ai Comuni di Nardò e Porto Cesareo, per l’attuazione del Piano di sviluppo industriale con la motivazione della “pubblica utilità”. La presenza nel progetto di un eliporto e di un presidio anti incendio costituiscono elementi chiave per targare il progetto con l’appellativo di “pubblica utilità” e per il via libera allo stesso.

Tuttavia, i soggetti in questione non hanno tenuto conto dell’opinione pubblica che, in maggioranza contraria, ha trovato il modo di organizzarsi, all’inizio in maniera spontanea poi attraverso un Comitato, i “Custodi del Bosco di Arneo”, composto da cittadini, cittadine e associazioni, il quale ha intrapreso una serie di iniziative di proposta e di protesta per tutelare questa importante e preziosa area dalla distruzione di specie animali e vegetali presenti, dalla cementificazione e dal consumo del suolo.

Il Comitato nasce in maniera organizzata nel 2023, facendosi promotore di alcune importanti iniziative: insieme a Italia Nostra ricorre al Tar, organizza una raccolta firme che supera le quarantamila adesioni, provoca la sospensione del progetto da parte della Regione Puglia, indice una petizione europea, coinvolgendo il Commissario europeo per l’ambiente che ha chiesto informazioni sul progetto alla Regione Puglia. Insomma, riesce con tutte queste iniziative a far conoscere all’opinione pubblica la vicenda in questione, provocando un dibattito che ha assunto un rilievo addirittura internazionale. Anche in Germania, infatti, gli ambientalisti si sono mobilitati in favore della tutela ambientale dell’area.

Tornando al progetto, per onestà di cronaca, bisogna aggiungere che la Porsche aveva inserito nell’accordo tra le parti, come compensazione, la riforestazione di circa 600 ettari adiacenti al circuito destinato al collaudo delle auto. Per tale attività il piano prevedeva l’esproprio di circa 350 ettari di terreno di pertinenza di 134 piccoli proprietari della zona.

Ora, senza girarci troppo intorno, si comprende bene quanto discutibile fosse quest’ultimo proposito, tenuto conto che il disboscamento iniziale dei 200 ettari avrebbe comportato la “perdita” di biodiversità che la natura ha costruito nel corso degli anni, difficilmente replicabile nel breve o nel medio periodo, specialmente per la grande quantità di acqua necessaria per far crescere le piante in un periodo come quello che stiamo vivendo di desertificazione di ampie zone del Salento. Non solo, bisogna aggiungere che gli accordi presi tra la Regione Puglia, la Porsche e i sindaci dei paesi interessati, sono stati presi senza i pareri della Commissione europea e senza mai promuovere un dibattito pubblico per conoscere il punto di vista della collettività, aggirando tutta una serie di normative poste dal legislatore proprio per garantire la tutela del patrimonio ambientale. L’ultimo lembo del Bosco di Arneo, con le sue 420 specie vegetali, insieme ad una fauna composta da specie rare e protette, secondo i promotori del progetto, probabilmente era ritenuto solo un “dettaglio” rispetto all’importanza dell’iniziativa dal punto di vista dello sviluppo economico dell’area.

La tesi che si è cercato di far passare nell’opinione pubblica è stata accompagnata sempre dallo spauracchio della perdita delle opportunità occupazionali. Ecco, la parola magica che è stata utilizzata nel tempo dalla politica, è appunto “occupazione”. Il Meridione, fin dagli anni Sessanta, ha subito sempre una sorta di ricatto lavorativo, un argomento utilizzato come lasciapassare per la realizzazione di impianti industriali e grandi insediamenti invasivi che hanno prodotto solo danni ambientali e sanitari.

Solo per ricordarne alcuni: gli impianti Ilva a Taranto, quelli di Enel a Cerano e i tanti abusivismi edilizi sulle nostre coste.

Oggi l’epilogo della vicenda dell’ampliamento della “Nardò Technical Center” sembra aver scongiurato nuovi danni ambientali. È stata una battaglia importante, vinta anche grazie alla disponibilità e alla partecipazione attiva di tante persone di buona volontà.

Rinaldo Innocente
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