Novoli - 19 Nov 2021

“Il giardino dei sogni”, omaggio a Juan Mirò. Il sogno di Piera

Un delicato ed emozionante “ricordo” di Gilberto Spagnolo della giovane artista novolese Piera Caputo, prematuramente scomparsa nel 1998 a seguito di un terribile incidente stradale


Spazio Aperto Salento

Il tempo non conosce ostacoli, non svela i suoi segreti, né sa dare alcuna risposta. Ogni giorno che passa ci spinge a capire il senso della vita, cercando di afferrare il significato di eventi misteriosamente connessi. “Riflessi” del passato a volte risalgono dalla memoria dei propri anni e ti costringono a interpretare il presente. Tutto ha certamente un senso e uno scopo. Come in questa narrazione spontanea che evoca frammenti di vita mai dimenticati e prosegue senza sosta oltre il tempo e lo spazio.

Piera venne a trovarmi accompagnata da un amico comune. In quell’afoso giorno di giugno della metà degli anni Novanta, alla fine dell’anno scolastico, nel mio ufficio di presidenza in via dei Caduti, c’era come non mai un continuo andirivieni di “ospiti” inattesi e con richieste di ogni genere. Riconobbi subito in lei, una delle mie prime alunne della scuola primaria in via Madonna del Pane, ricordandola in una delle mie iniziali esperienze professionali come insegnante (Piera sedeva accanto ad Emmanuela nella fila addossata quasi alla parete dell’aula).

Piera Caputo (1971-1998)

La sua visita non era casuale. Era  venuta per incontrarmi con un motivo ben preciso. Ero rientrato da poco in Italia da Barcellona dove avevo vissuto per 2 anni con la mia famiglia insegnando nella Scuola Italiana Statale “Maria Montessori in Calle Setantì al Sarrià”. Piera nel corso degli anni si era fatta apprezzare e si era affermata per il suo indubbio talento nella pittura. Aveva un grande desiderio: realizzare una mostra personale nella meravigliosa città dell’artista surrealista Joan Mirò. Certamente  avrei potuto esserle utile. Potevo essere la persona giusta per lei in una simile esperienza in quella città. Conoscevo infatti Barcellona come le mie tasche e pur nella lontananza, i rapporti con tante persone amiche, italiane, spagnole e con numerosi colleghi, erano ancora fortemente vivi e ben saldi. Così ci salutammo con un gesto affettuoso, con la promessa di risentirci al più presto e realizzare il suo sogno dopo l’estate, giunta ormai inarrestabile e infinita come sempre.

Era visibilmente commossa e felice; ho ancora negli occhi la sua non comune bellezza e il suo dolce e fiducioso sorriso. Ma io lo ero molto di più. Barcellona, dove Mirò era nato, mi era rimasta profondamente nel cuore e nell’anima e desideravo ritornarci al più presto. Da allora, non la rividi mai più. Sono passati quasi trent’anni da quel giorno. Un terribile incidente stradale, poco dopo distrusse i suoi sogni, fermò per sempre il suo pennello sulla tela. Una morte assurda, crudele e inaspettata la strappò ai suoi affetti e alle sue gioie più care e preziose. Piera non la rividi più ma non la dimenticai. Un’assenza impossibile da diradare, definitiva, irreversibile. Sentivo però che prima o poi sarebbe ritornata. L’ho incontrata ancora una volta, all’improvviso, in un giorno d’inverno, freddo come non mai.

Folgorato come Paolo sulla via di Damasco, l’ho incontrata nella caffetteria Mirò di Carmiano, un delizioso e accogliente luogo di una stazione di servizio di periferia. Un anno prima di morire, Piera aveva dipinto nel 1997 su vetro, il suo “Omaggio a Juan Mirò”, un’incredibile riproposizione nei minimi particolari del “Carnevale di Arlecchino”, una delle opere più rappresentative del periodo surrealistico del grande artista catalano. Dipinto con tecnica a olio su tela nello studio Blomet a Parigi (periodo 1924 – 25) e conservato alla Albrigh-Knox Art Gallery Buffalo (Stati Uniti), l’opera è stata definita dagli storici dell’arte “uno dei capolavori del movimento surrealista in cui l’artista rappresenta non la realtà visibile ma solo quella del suo inconscio, distaccandosi dalla pittura convenzionale e perdendosi nelle sue visioni fantastiche e surreali”.

L’opera pittorica realizzata da Piera, di grande formato e nelle stesse dimensioni dell’originale (cm. 66×90,5 – di forma rettangolare con sviluppo orizzontale ma vicino alla proporzione di un quadrato) è posta di fronte all’ingresso della caffetteria Mirò: domina la scena e accoglie gli avventori, occupando quasi del tutto la parete centrale. Al di là di alcune differenze comunque irrilevanti rispetto all’opera originale dell’artista catalano (ad esempio il globo sul tavolo e i due quadrati di colore verde chiaro dietro di esso, i colori meno brillanti e intensi sia sugli sfondi che negli oggetti e negli esseri ibridi rappresentati), “l’omaggio” di Piera è curato fedelmente sul vetro attraverso la pittura delle sue strane e svariate forme e con i forti contrasti che traducono il suo mondo e la sua visione onirica.

Le moltissime creature di Mirò compaiono così in una stanza accompagnate da alcune note musicali. Tutti gli oggetti sono “fluttuanti” quasi come se fossero inventati e popolano questo ampio spazio come se fossero fantasmi. Il protagonista, com’è noto, è Arlecchino un personaggio comico tappezzato di colori diversi che ama fare scherzi e che in realtà  (come è stato interpretato dagli stessi storici dell’arte) è “l’autoritratto metaforico dello stesso Mirò che si raffigura come giocoso padrone di casa accanto a una scala che ne simboleggia la sua continua sperimentazione artistica”.  

Nulla dunque di questo capolavoro dell’artista nato a Barcellona è trascurato o dimenticato da Piera. Anzi! Ridipinti da lei con stupefacente bellezza e bravura, animali e oggetti, figure ibride e antropomorfe sembrano realmente animarsi, danzano al ritmo della musica (tanto è affascinante la loro immediata visione), si affollano rumorosi nei loro cromatismi, nel fantasmagorico spettacolo del Carnevale. Mirò è stato “un innocente col sorriso sulle labbra che passeggia nel giardino dei suoi sogni”. Così il poeta francese Jacques Prèvert  lo descrisse assieme al suo mondo che fonde pittura e poesia.

Sarà stato sicuramente questo mondo lo spirito o la stella che ha guidato il pennello nelle mani di Piera, un’anima bella che forse aveva già capito che i suoi sogni si sarebbero infranti. Lo testimoniano la sua arte e la sua stessa breve esistenza. Lo testimoniano per lei, nel silenzio e nel dolore. Quest’incanto che si sprigiona guardando con stupore la sua opera è realmente unico e prezioso. Come “i colori dei suoi sogni”, che ridisegnano il tempo, squarciano la memoria della storia che passa, tra il buio e la luce.

Gilberto Spagnolo
© Riproduzione riservata

Foto in alto: P. Caputo, Omaggio a Juan Mirò, 1997 (Caffetteria Mirò Carmiano)

 

 

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

– ROFFI S., Mirò. IL colore dei sogni, Silvana Editoriale 2021, Fondazione Magnani – Rocca di Maniano Traversetolo.
– PERUCHO  J., Joan Mirò I Catalunya, Edicions Polìgrafa, S. A., Barcellona, Segona Ediciò 1988.
– https://www. riarte.it/Mirò, Pittore, Scultore, Scenografo. Biografia. Surrealismo. Opere.
– https://www.arte.sky.it/Un viaggio nella pittura onirica di Joan Mirò.

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Questo testo è dedicato a Piera Caputo di Novoli (1971-1998), prematuramente e drammaticamente scomparsa, e ai suoi genitori Ottavio e Margherita. Si ringrazia vivamente Luca Salesi, titolare della caffetteria Mirò di Carmiano (presso la stazione di servizio IP in via Veglie 87) per la sua gentile e preziosa collaborazione. La scelta di Mirò per la caffetteria fu dettata dall’ammirazione per la bellezza e l’unicità dell’arte innovativa del grande artista catalano (20 aprile 1893 Barcellona – 25 dicembre 1983 Palma de Mallorca). La conoscenza con Piera Caputo fu dovuta alla vicinanza delle loro residenze estive e contribuì alla realizzazione del suo stesso “Omaggio” (per il Mirò Piera Caputo realizzò anche delle fioriere che purtroppo sono andate distrutte). Si ringraziano infine le famiglie di Caricato Piero e di D’Ambrosio Bruna a cui appartengono le altre opere di Piera Caputo (quadri a rilievo, con pittura a spatola, tecnica che prediligeva) che si pubblicano a corredo del testo.