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Storia - 29 Mar 2021

Il Milite Ignoto cittadino d’Italia nel centenario della traslazione all’Altare della Patria

Avviato il progetto per il conferimento al Milite Ignoto della cittadinanza onoraria da parte di tutti i Comuni. Nella Grande guerra furono oltre 6.700 i Caduti del Leccese, fra questi 1.284 dispersi


Spazio Aperto Salento

Milite Ignoto, nel 2021 ricorre il Centenario della traslazione all’Altare della Patria. Le celebrazioni dell’anniversario, che registrerà nella giornata del 4 novembre il momento più alto, comprendono diverse iniziative, fra cui quella già avviata dal Gruppo delle Medaglie d’Oro al Valor Militare d’Italia, in collaborazione con l’Associazione Nazionale Comuni Italiani (Anci) e il sostegno del Consiglio Nazionale Permanente delle Associazioni d’Arma. Si tratta di un progetto che ha l’obiettivo di promuovere il conferimento al Milite Ignoto della cittadinanza onoraria da parte di tutti i Comuni italiani, ma anche di organizzare attività commemorative finalizzate alla valorizzazione storica, morale e sociale dell’anniversario in questione. L’intero progetto è stato significativamente denominato “Milite Ignoto, Cittadino d’Italia (1921-2021)”.

La Prima Guerra Mondiale fu una guerra completamente diversa da tutte le guerre che fino a qual momento avevano coinvolto gli italiani e più in generale, tutto il mondo: una guerra molto lunga e logorante in cui, oltre ai militari inviati al fronte, era stata coinvolta la comunità civile a tutti i livelli, anche in quei territori lontani dal fronte. Uomini, donne, bambini, anziani, tutti furono tenuti a contribuire alle sorti dell’Italia e tutte le famiglie diedero il loro contributo di sangue con i loro cari caduti a seguito delle operazioni belliche.

Dei circa 651.000 Caduti indicati nelle statistiche ufficiali, quasi 27.200 provenivano dalla Puglia e di questi, oltre 6.700 dall’attuale provincia di Lecce. Fra le vittime salentine (includendo anche i decessi in mare) all’incirca 1.284 furono i dispersi, pressappoco il 19%: un numero che impressiona soprattutto se si riflette sul dato che a fronte di 35 comuni con meno di 10 soldati ognuno, la cui sepoltura è sconosciuta, gli altri hanno numeri crescenti fino ai 33 di Tricase, 34 di Copertino, 51 di Nardò, 58 di Galatina e gli 82 di Lecce [1].

L’Italia del dopoguerra era attraversata da una grave crisi economica, era scossa da agitazioni sociali e politiche, sotto la guida di governi che non erano in grado di gestire il peso della vittoria, da tanti, peraltro, considerata “mutilata”.

L’esaltazione per la vittoria e il ritorno alla pace convivevano con il dramma dei tantissimi caduti e alla ricorrenza del 4 Novembre, già istituita nel 1919, proprio per ricordare la Vittoria, si affiancò la nascita di associazioni di ex combattenti e comitati di parenti delle vittime, auto-costituitisi per elaborare il lutto della morte di quella massa e per promuovere la costruzione di monumenti commemorativi, sia sui luoghi di guerra che nelle città.

Il collante sociale, a cui tutta la popolazione sembrava aderire, senza distinguo politico, era il cordoglio più che l’enfasi celebrativa degli eroi caduti; un dolore omogeneamente diffuso, in cui tutta la cittadinanza si riconosceva avendo perso i propri cari, spesso senza avere mai neanche il conforto di notizie sul luogo della loro sepoltura.

Nell’agosto del 1920, il colonnello d’artiglieria Giulio Douhet, dalle colonne del settimanale “Il Dovere” di cui era direttore, propose di erigere un monumento commemorativo in grado di tributare ai Caduti in guerra gli onori che meritavano, accogliendo le spoglie di uno di essi. Affinché potesse riconoscervisi tutta la collettività nazionale, la salma avrebbe dovuto essere quella di un soldato sconosciuto in grado quindi, di poter incarnare idealmente sia il marito, che il figlio o il padre o il fratello, di quanti non avevano la possibilità di onorare le spoglie, mai ritrovate, del familiare disperso.

Nonostante le forze politiche avessero subito aderito alla proposta, solo l’11 agosto del 1921, il Parlamento del Regno d’Italia, con legge 1075, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale 197 del 20 agosto 1921, approvò la sepoltura in Roma, sull’Altare della Patria, della salma di un Soldato Ignoto caduto in guerra.

La legge affidava al Ministro della Guerra, che all’epoca era il senatore Luigi Gasparotto, la definizione delle modalità esecutive per la designazione e per le onoranze da rendere alla salma del Caduto sconosciuto. Il senatore Gasparotto costituì, a tale scopo, una commissione alla quale fu affidato il compito di individuare undici salme di soldati non identificati, tra le quali sarebbe stata scelta quella da inumare nella tomba che sarebbe stata approntata all’Altare della Patria. I componenti della commissione furono un medico militare e sei militari, tutti decorati; ad accompagnare la commissione, senza però farne parte, vi era anche un Cappellano militare.

L’individuazione delle salme doveva svolgersi nei tratti principali della linea di fronte: San Michele, Gorizia, Monfalcone, Cadore, Alto Isonzo, Asiago, Tonale, Monte Grappa, Montello, Pasubio e Capo Sile.

Su ciascun campo di battaglia, alla presenza di tutti i membri della commissione, doveva essere ricercata ed esumata la salma di un caduto certamente italiano e non identificabile e, per ciascuna esumazione, doveva essere redatto un verbale che precisasse tutte le operazioni effettuate. In via prioritaria, stando al racconto lasciato dal tenente Tognasso, uno dei membri della commissione, la ricerca doveva essere rivolta a salme insepolte, difatti però, data l’attività svolta dalle autorità militari di rinvenimento dei resti e delle sepolture sparse e di riordino dei numerosissimi cimiteri disseminati nelle zone di guerra, sovente si dovette operare la selezione tra gli ignoti inumati nei cimiteri.

Le undici spoglie, selezionate dovevano essere sistemate in casse di legno quanto più possibile identiche tra loro, radunate prima a Gorizia e poi trasferite entro il 27 ottobre, nella Basilica di Aquileia; qui il giorno successivo avrebbe avuto luogo la benedizione dei feretri e la madre di un disperso, avrebbe designato la salma destinata a incarnare il simbolo dell’Ignoto Militi.

Mentre la bara prescelta fu collocata in una speciale cassa di legno fatta allestire a cura del Ministero della Guerra e trasferita a Roma mediante un apposito convoglio ferroviario che toccò e fece tappa in diverse città italiane, gli altri dieci soldati ignoti furono tumulati nel Cimitero degli Eroi retrostante la Basilica di Aquileia, dove ancora oggi riposano.

La Commissione operò ogni sforzo affinché non fosse possibile ricondurre, in alcun modo, quei Caduti rispetto al luogo da cui erano stati prelevati, né al reparto o forza armata di appartenenza, tant’é che oltre ad aver fatto predisporre bare simili, la notte precedente alla designazione del feretro, più volte furono invertite di posizione, ogni volta da soldati diversi. Alla fine di tutte le operazioni e attenzioni prestate, l’unico requisito certo del Milite Ignoto rimaneva quindi, la sua assoluta italianità e il suo essere sconosciuto.

Questa caratteristica di indeterminazione, unita alla forza emblematica della scelta operata da Maria Bergamas, una donna semplice, una persona del popolo, il cui attributo caratterizzante era l’essere madre di un militare caduto in combattimento, i cui resti erano dispersi, fece sì che il Milite Ignoto potesse assurgere a “simbolo” in cui tutta la comunità poteva riconoscersi e sublimare quel lutto e quel dolore che affliggeva l’Italia.

Il 4 novembre 1921, il feretro, scortato dai decorati di Medaglia d’Oro al valor militare che già avevano svolto la stessa funzione ad Aquileia nel tragitto dalla Basilica alla stazione ferroviaria, e giunto a Roma, fino alla Basilica di Santa Maria degli Angeli e dei Martiri, fu condotto alla base del Vittoriano e da qui, trasportato a spalla lungo la gradinata, fu deposto nel sacello appositamente realizzato al di sotto della Dea Roma.

Tutte le manifestazioni di quei giorni, furono contrassegnate da un imponente dispiegamento di segni simbolici che ebbe come corona un grande riscontro di partecipanti: in tutte le città toccate dal treno bandiere, gonfaloni, bande, campane delle chiese avevano accolto il treno che trasportava il Caduto Ignoto, mentre un sentimento di gratitudine per il riconoscimento, da parte della Nazione, del sacrificio della vita alla causa della nascita dell’Italia unita, pervadeva le masse.

Il Milite Ignoto, con R.D. 1° novembre 1921, fu decorato di Medaglia d’Oro al Valor Militare con la seguente motivazione: «Degno figlio di una stirpe prode e di una millenaria civiltà, resistette inflessibile nelle trincee più contese, prodigò il suo coraggio nelle più cruente battaglie e cadde combattendo senz’altro premio sperare che la vittoria e la grandezza della patria. XXIV – V – MCMXV   IV – XI – MCMXVIII»

La figura del Milite Ignoto è chiamata a sublimare il ricordo e la riconoscenza di una Nazione vissuta come Patria attraverso il sacrificio condiviso, della Grande Guerra: Egli identifica, simbolicamente, “Il Caduto” d’Itala e la sua Medaglia d’Oro, rappresenta il riconoscimento del sacrificio e del valore di tutti i combattenti e di tutti i Caduti.

È molto difficile dire cosa rappresenti oggi il Milite Ignoto, ad oltre 100 anni dalla fine della Grande Guerra e quando oramai sono scomparsi tutti coloro che potevano testimoniarla avendola vissuta in modo diretto, laddove gli echi dei conflitti, spesso geograficamente lontani da zone d’Italia come ad esempio il Salento, non vengono riportati alla vista del passante distratto, con la stessa semplicità con cui può accadere nelle zone che furono scenario di guerra; unico richiamo rimangono gli spesso cadenti monumenti disseminati nelle piazze delle città e le date delle commemorazioni nazionali, spesso giornate da dedicare a grigliate in compagnia più che a momenti di riflessione.

L’opportunità concessa dalla commemorazione del centenario della traslazione del Milite Ignoto è quindi un’occasione ghiotta per effettuare un immane gesto di riappropriazione del proprio passato e di conservazione della memoria; una memoria che è possibile rinnovare più facilmente quando è associata a un senso di appartenenza.

Nella provincia di Lecce, fra i suoi 96 Comuni che la compongono, solo 6 non hanno alcun Caduto disperso, 35 comuni hanno meno di 10 soldati ognuno, e negli altri 55 la quantità è via via in numero crescente fino ai già citati 82 di Lecce.

Salice Salentino, mio paese nativo, degli 85 Caduti registrati nell’Albo d’Oro dei Caduti, 16 sono i dispersi e fra loro c’era anche Leone Giovanni Battista, quello zio di mia madre, morto in combattimento sul Monte San Michele il 1° novembre 1916. E mi piace pensare che il Milite Ignoto potrebbe essere proprio uno dei miei concittadini e forse addirittura, proprio quel mio prozio.

Luisa Mogavero

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[1] I dati sui Caduti e i dispersi sono presi dall’Albo d’Oro dei Caduti e devono intendersi come indicativi.

In foto: la cerimonia di tumulazione del Milite Ignoto il 4 novembre 1921. Nella tabella sotto: dati sui dispersi della provincia di Lecce tratti dall’Albo d’Oro dei Caduti