Riti del Salento - 29 Dic 2021

Il Solstizio d’Inverno dal paganesimo alla cristianità

Indagine sui riti magici che dall’antichità si ripetono anche nel Salento e segnano l’arrivo dell’inverno

 


Spazio Aperto Salento

Il Solstizio d’Inverno, astronomicamente parlando, è il giorno in cui il sole, a mezzogiorno, raggiunge la sua declinazione minima nel cielo, ossia è più basso rispetto a tutti gli altri giorni dell’anno e l’arco che compie da Est a Ovest, è il più breve in assoluto. La conseguenza di tutto questo è che il numero di ore in cui regna il buio è al suo massimo rispetto alle ore di luce. Il Solstizio d’Inverno, non ha una data fissa, e seppure generalmente lo si faccia corrispondere al 21 dicembre, in realtà può verificarsi alcuni giorni dopo, addirittura il 23 dicembre. Queste particolari condizioni fanno sì che il Sole sembra si fermi all’orizzonte, da cui l’origine del nome latino Solstitium, che deriva dalla combinazione della parola Sol (Sole) con il verbo Sistere (fermare).

Il 21 dicembre è anche la data in cui finisce l’Autunno, per cedere il passo all’Inverno, e l’ultimo giorno del segno zodiacale del Sagittario con l’ingresso nel segno del Capricorno, cosa di non secondaria importanza se si pensa agli studi che, sin dall’antichità, sono stati fatti sull’influenza della posizione dei pianeti sulla vita delle persone e su tutti gli elementi naturali.

Il 21 dicembre tutto cambia: la luce pian piano torna ad aumentare e a prendere il sopravvento sull’oscurità, cambia la stagione climatica, cambia il segno zodiacale, le attività nei campi si fermano e la natura, avvolta dal gelo dell’inverno, attraversa un periodo di riposo per ricominciare il suo ciclo vitale con l’avvicinarsi della primavera. Il Solstizio d’Inverno è un momento di passaggio nodale al quale tutte le tradizioni occidentali, riconoscono un carattere di sacralità, che si declina in molte maniere diverse, riportabili tutte a epoche arcaiche, addirittura egizie o celtiche.

Il 25 dicembre o i giorni immediatamente prossimi, per il loro valore simbolico connesso al ciclo solare che dopo il momento del minimo solstiziale, riprende la sua ascesa e inizia il nuovo ciclo, sono stati indicati come la data di nascita di molte divinità antiche, come Mithra, Tammuz, Adone, Dioniso e Horus, e il celtico Fanciullo divino. Nella cultura nordeuropea, nei giorni del Solstizio d’Inverno si svolgeva la festività di Yule, che celebrava il Sole che riscaldando Madre Terra, la preparava a germogliare nuovamente. Una divinità prettamente romano-italica è quella di Giano, festeggiata nei giorni del Solstizio d’Inverno. Giano era solitamente raffigurato con tre volti contrapposti: uno rivolto al passato, uno al futuro e il terzo volto, invisibile, che rappresentava il presente. Con il processo di cristianizzazione, alla figura di Giano, si sovrappose la figura di San Giovanni Evangelista la cui festività è il 27 dicembre, mentre per il Solstizio estivo di fece ricorso a San Giovanni Battista: i due volti di Giano erano quindi stati completamente sostituiti da San Giovanni nelle due forme di Evangelista e Battista, entrambe fonte di cambiamento, la prima con la conoscenza proveniente dall’evangelizzazione, la seconda con l’intervento del Battesimo.

Sempre sul fronte della tradizione cristiana, il Solstizio d’Inverno, si fonde con la data dei festeggiamenti per il Sol Invictus, introdotta dall’Imperatore Aureliano intorno al 270 d.C. e che ricorreva tra il 23 e il 25 dicembre, che Costantino, nel 330 d.C., stabilì di fare coincidere con il Natale cristiano e papa Giulio ufficializzò nel 337 d.C.. Nel corso dei secoli, riti magici e riti religiosi si sono andati mescolando ed evolvendo, in particolare intorno all’elemento più evidente del Solstizio d’Inverno, le Tenebre, che in quel momento raggiungono il loro massimo dominio. Le Tenebre, da sempre, sono associate alla morte, alla mancanza della vita, e quindi per contrapposizione, alla Luce. E se nelle Tenebre ci può essere solo la Morte, la Luce è il luogo della Vita che per continuare ad esistere è necessario primeggi sull’oscurità, scacciandola. Un’altra metafora della Luce è la Conoscenza in contrapposizione all’Ignoranza, alla mancanza di consapevolezza, che si annida nel buio. La strada della Conoscenza e della Verità è quella della luce che si fa strada nelle tenebre, le quali, per essere rischiarate, necessitano del sole o del fuoco che illumina la notte permettendo di trovare la via e la salvezza.

Nel Salento sono numerosi i festeggiamenti che già a partire dalla fine di novembre, prevedono la presenza del fuoco, con l’accensione di fuochi detti “focare” o “focareddhre”, nel locale dialetto, consistenti in genere, in pire di legna costruite con i tralci secchi delle viti. Tra queste vi è la “Focareddha di Sant’Andrea” che si svolge a Presicce-Acquarica il 28 novembre. A Tiggiano invece il 13 dicembre, si tiene la “Focareddhra di Santa Lucia”, dove è facile intuire il legame tra la santa protettrice degli occhi e il fuoco che rischiara il buio e consente la vista, la conoscenza. Quest’anno i festeggiamenti per Santa Lucia sono abbinati ad una installazione presso il giardino del palazzo Baronale “Serafini-Sauli”, denominata De-sidera, che, come indicato nel programma della festa, consiste in «una passeggiata esperienziale, un viaggio onirico a contatto con il proprio mondo interiore e i propri desideri essenziali, una parentesi di serenità, pace e gioia, un percorso fatto di zone d’ombra e tracce luminose che renderanno più visibile la morfologia di quel luogo magico, per riprendere contatto con la natura e, attraverso la natura, con la dimensione cosmica e con la parte più sensibile e sognante della coscienza».

Il 22 dicembre il fuoco torna a Spongano con la “Festa delle Panare” dove, simboleggiando il rogo con cui fu arsa Santa Vittoria, protettrice del paese, vengono fatti bruciare dei cesti ricolmi di sansa. Il 24 dicembre troviamo invece a Specchia la “Focareddhra te la Vigilia di Natale” e a Maruggio “Lu fuecu ti Cristu Piccinnu”.  La serie dei fuochi continua il 28 dicembre con la “Festa de lu focu” a Zollino per concludersi con le varie focare realizzate in quasi tutti i paesi del Salento, in corrispondenza della festa di San Antonio Abate, il 13 gennaio. Tra queste “Sant’Antonio te lu focu” a Cutrofiano, “Focara e Focareddhre” a Guagnano, fino all’apoteosi della “Focara” di Novoli, orami diventato un fenomeno che attrae grande folla e dal respiro internazionale.

Ma, in assoluto, il più grande festeggiamento del passaggio solstiziale che si avvale del fuoco per fare luce sul futuro e scacciare i demoni del passato è quello che a livello mondiale, il 31 dicembre, vede tutte le culture fare ricorso a giochi pirotecnici più o meno fantastici, per assolvere al più grande rito propiziatorio per l’arrivo del nuovo anno e anche quest’anno, nonostante tutto, accadrà.

Luisa Mogavero
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In foto: immagine d’archivio della costruzione della focara di Novoli (2017- © L.M.)