Mostra sino al 15 giugno nelle sale del Castello di Conversano. In esposizione anche “New York 14th street” di Tonino Caputo, artista leccese recentemente scomparso
Che strano tempo, è il nostro. Un tempo in cui tutto si trasforma in merce, anche la più antica delle forme d’espressione: l’arte. Il mercato, incerto e a tratti insaziabile, si è progressivamente sottomesso al mainstream che, negli anni, ha sviluppato un peso tale da tracciare con contorni netti ciò che è in e ciò che è out definendo, dunque, un unico modello. Tuttavia, facendo fede alle parole di Enrico Crispolti, è necessario evidenziare quei fattori che fanno da contraltare. Il mercato artistico, in quanto tale, può anche «rappresentare un utilissimo strumento di promozione e di divulgazione culturale, dunque positivo (come può esserlo il collezionismo privato)». Si tratta di realtà fortemente attive in particolare nella promozione di nuove ricerche estetiche, responsabile, in parte, delle conoscenze di cui possiamo godere e allo stesso tempo della sopravvivenza del settore.
A questa intenzione corrisponde la collezione dell’avvocato Francesco Giuliani, fino ad oggi inedita, e presentata eccezionalmente al pubblico in occasione della mostra “Passione 900. La collezione Giuliani dal Futurismo al Nuovo Millennio”. La rassegna, a cura di Giacomo Lanzilotta e Massimo Guastella, prodotta dalla Cooperativa Armida e corredata da un ponderoso catalogo Sfera Edizioni, ripercorre, attraverso cinquantotto opere quasi tutte di piccolo formato, alcune tappe di indubbio interesse dall’avanguardia italiana fino alla contemporaneità del nostro millennio. L’iniziativa coinvolge attivamente Conversano, che ospita la mostra-resoconto nelle sale del Castello della città, interessando più largamente la terra di Bari.
Anche dall’area salentina giungono interessanti contributi in particolare dall’Università del Salento e dal laboratorio didattico Tasc (Territorio Arti Visive e Storia dell’Arte Contemporanea) del Dipartimento di Beni Culturali, ne va taciuta la presenza in mostra dell’opera New York 14th street di Tonino Caputo, artista leccese recentemente scomparso. Un’iniziativa, che investe sostanzialmente la regione pugliese offrendosi come occasione per i visitatori per conoscere produzioni artistiche di certo rilievo. Dal latino colligere (ossia raccogliere) il collezionismo si presenta come una continua scelta. Un percorso di occasioni, di aneddoti e di azioni in cui confluiscono valori e ideali per cui la collezione non può non prescindere dal suo artefice, come testimoniano i saggi in catalogo a firma dei due curatori e di Giuliani.
La raccolta, non a caso, si distingue proprio per il suo andamento talvolta anche poco coerente tra le opere che la compongono e che lo stesso Giuliani ha, in maniera puntuale, definito “dinamica”. Una collezione nata nei primi anni Sessanta con l’acquisto giovanile di un multiplo per quel che gli concedevano “le sue tasche” anche se già sognava un olio di Morandi. Dunque, la prima litografia che inaugura la vicenda del collezionista, è quella Donna al bar di Giuseppe Migneco presente in mostra, a cui faranno seguito, negli anni successivi, tutta una serie di acquisti (e nel tempo anche qualche vendita dolorosa) tracciati come unico filo conduttore dal gusto personale per le opere d’arte.
Quella che abbiamo apprezzato visitando la mostra – adeguatamente allestita nelle sale del Castello – è una selezione di lavori in grado di rispondere agli interessi e alle preferenze estetiche dell’avvocato, non priva di «tanti errori iniziali, come capita sempre ai collezionisti di primo pelo» ha ricordato lui stesso. Un collezionismo di tipo emotivo – l’ha definito Massimo Guastella – ma che tuttavia non prescinde da una robusta conoscenza del contesto, della storia degli artisti e della loro produzione. A cui, non va sottaciuto, si affianca una qualificata biblioteca ricca di pubblicazioni a testimonianza che Giuliani ha molto affinato le sue conoscenze sul mondo dell’arte e dei suoi protagonisti.
Se, mi sia concesso dire, il collezionista d’arte è opera delle sue scelte, allora piacere di conoscerla avvocato Giuliani. I lavori esposti, selezionati da un taglio così personale consentono, osservando una ad una le opere in mostra, di percepire quasi un intimo momento di incontro con chi l’ha creata. Una sorta di “presentazione visiva” dell’uomo, a cui contribuisce il suo ritratto iperrealistico su tavola realizzato da Andrea Martinelli, che in buona sostanza apre il percorso espositivo, con il quale condivide un rapporto di amicizia e stima reciproca, accreditato dalla presenza di dieci suoi lavori nella collezione.
Dinamico è anche l’allestimento negli spazi del Castello di Conversano, la disposizione non segue un andamento cronologico ma, sala dopo sala, manifesta un crescendo di conoscenza ma anche di sorpresa. La mostra si avvia attraverso opere figurative e informali databili tra la fine del Novecento e Nuovo Millennio, dai ritratti del già menzionato Andrea Martinelli alla Luna rossa polimaterica di Paola Romano, un tondo di grande effetto. L’esposizione muove, negli ambienti successivi, verso alcuni degli interpreti dell’arte nucleare, pop e concettuale, dalle sottrazioni di Emilio Isgrò di cui si ammirano due opere tra cui il Mappamondo di forma cubica del 2008, alla cultura figurativa e aniconica che hanno interessato il dibattito artistico dal dopoguerra.
Attraverso la pittura paesaggistica, dal Paesaggio (Strada in curva) di Ottone Rosai (1950 circa), all’acquerello di Antonio Donghi, databile al 1955, alla suggestiva veduta dell’isola di San Giorgio di Virgilio Guidi, approda nelle sperimentazioni di Renato Birolli riconducibili alle esperienze francesi (del ‘47) e Mario Radice. Un interessante olio di Mario Tozzi del 1960 Piani e forme – Terra Spazio, un inatteso Gianfranco Ferroni del ’48, agli esordi, quando guardava il Mac in quel di Milano, un complesso insieme di forme geometriche, un caso singolare nella produzione di Ferroni, noto soprattutto come artista figurativo.
Il percorso si conclude con la presenza di firme storiche di notevole importanza, noti ai più attraverso i manuali di storia dell’arte; si vede un delizioso olio di Massimo Campigli Lo studio/Il pittore nello studio del 1934; si fanno notare i manichini di Giorgio de Chirico nella sua rivisitazione della metafisica, una natura morta di Giorgio Morandi disegnata nel 1948, con un andamento vibrante ed essenziale. Non ha trovato un grande spazio nel gusto di Giuliani la scultura: e pur in mostra c’è Beatrice, un nudino in bronzo a patina verde fuso nel ‘59 da Francesco Messina, che quindi rappresenta una delle eccezioni plastiche della collezione.
L’ultima sala allestita, ospita tre lavori di Mario Sironi, artista prediletto da Giuliani «profondamente studiato e amato per il suo stile severo, non incline – un po’ come la sua vita – ai compromessi» ha scritto Giacomo Lanzilotta. Due di questi realizzati con la tecnica della tempera, che riteneva più congeniale per la sua produzione, la statuaria Testa d’uomo (1940 circa), Paesaggio Urbano e le alte vette verdi e gialle dell’opera Montagne (1945-50). Fa bella mostra di sé, in un allestimento adeguato alla sua particolarità, l’opera bifronte di Giacomo Balla, arricchita dalla cornice originale dipinta dal maestro e dalla curiosa firma in basso a destra. Proveniente dalla collezione di Ottoline Morrell, il doppio dipinto rappresenta sul recto, datato 1918, proprio il ritratto futurista della nobildonna britannica mentre, l’altra faccia cronologicamente più remota (1915), presenta una Composizione astratta. È con queste pitture, che non sfigurerebbero in nessun museo che si rispetti, culmina e al tempo stesso si conclude la rassegna.
Nel complesso, l’esposizione di Francesco Giuliani, si rivela un’iniziativa di certo interesse che offre, attraverso manifestazioni estetiche cangianti, una panoramica su singolari esperienze che hanno segnato la storia dell’arte visiva dal secolo scorso e sulle indagini più contemporanee.
Alessia Brescia
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Foto in alto: Mario Sironi, Paesaggio Urbano, metà anni 40, olio su masolite, 26,2×39
G. Balla, Composizione astratta (verso), 1915, tempera su cartone pressato, 27,5×34
G. Balla, Ritratto futurista di lady Morrell (recto), 1918, tempera su cartone pressato, 34×27,5
A. Martinelli, Ritratto di Fracesco Giuliani, 2014, tecnica mista su tavola,79,5×51