Intervento - 19 Giu 2022

La politica e i nuovi “padroni” del consenso

Commento di Rinaldo Innocente dopo le elezioni comunali del 12 giugno scorso


Spazio Aperto Salento

“Do ut des” è una espressione che i latini usavano, nel diritto romano, per indicare il funzionamento dei contratti privati di scambio, dai quali derivava l’obbligo, per entrambi i contraenti, di dare qualcosa in cambio rispetto alla prestazione ricevuta. La stessa locuzione è entrata a fare parte del linguaggio comune, secondo una traduzione letteraria accettata da tutti, per cui si intende il cedere qualcosa in cambio di qualcos’altro.

Nell’era moderna il termine ha assunto un significato più ampio, fino ad essere usato per indicare uno scambio di prestazioni effettuato per il raggiungimento di un tornaconto reciproco. Tale espressione, oggi, viene accostata anche alla politica, in special modo nel rapporto tra elettore ed eletto; soprattutto nella sua pratica degenerativa, quella di tipo clientelare.

Così come questa locuzione ha subito un cambiamento di significato nel tempo, nella stessa maniera il consenso in politica ha conosciuto un cambiamento radicale, che ha generato come conseguenza, l’accentuazione/generalizzazione di un certo metodo di selezione della classe politica. Questo fenomeno riguarda soprattutto le piccole realtà locali.

Per definire meglio questo aspetto, bisogna partire dagli anni settanta, quando la selezione della classe dirigente politica avveniva nelle sezioni dei Partiti, la cui organizzazione interna era rigida ed immutabile. In quanto portatori di interessi generali, selezionavano i propri rappresentanti soprattutto in base alla loro formazione politica e professionale, all’anzianità in termini di militanza, alla conoscenza delle procedure politiche ed amministrative. A loro volta, i “selezionati” dovevano affrontare il giudizio degli elettori, ma anche quello dei dirigenti del Partito. Per questa ragione ponevano molta attenzione ad evitare di mettere in atto atteggiamenti lesivi della loro immagine e di quella della formazione politica di appartenenza, al fine di evitare di compromettere i risultati elettorali.

Le cose funzionavano più o meno così. L’intera attività del politico locale, peraltro, era impostata sul volontariato, mentre il bagaglio culturale personale risultava, spesso, farcito da convinzioni di natura ideologica che sfociavano spesso nella retorica. Tuttavia, la scelta di campo era sempre molto chiara: o si stava con la Sinistra, oppure si dichiarava la propria appartenenza al Centro o alla Destra dello scacchiere politico nazionale. Non che tutto fosse rose e fiori. Anche allora esistevano le relazioni parentali, che condizionavano le vicende amministrative dei paesi. A posteriori, possiamo dire che sono risultate deleterie, anche per quanto riguarda lo sviluppo economico, urbanistico e ambientale, nonché sociale e culturale.

Alla fine degli anni Ottanta e nella prima metà degli anni Novanta, poi, arrivarono la caduta del muro di Berlino, le note vicende di Tangentopoli, l’implosione dei Partiti tradizionali come il Psi e la Dc (ma non il Pci) e la discesa in campo di Silvio Berlusconi e della sua creatura politica denominata Forza Italia, un Partito cosiddetto “leggero”, meno strutturato, comunque diverso dai Partiti cui eravamo abituati.

Un altro elemento dirompente del periodo, fu il cambio del sistema elettorale, con il passaggio dal proporzionale al maggioritario, il quale contribuì a fare aumentare l’astensionismo ed a cambiare in maniera sostanziale, come dicevamo prima, le regole di reclutamento della nuova classe politica.

Per fare un esempio, a Salice Salentino (uno dei Comuni interessati alle elezioni amministrative dello scorso 12 giugno), ritengo che l’ultima consultazione elettorale comunale i cui candidati avevano le caratteristiche, diciamo così “tradizionali”, risalga all’elezione a sindaco di Antonio Scandone (1997). A riprova di questo, basta rilevare le preferenze espresse nei confronti dei più votati che, tranne qualche rarissima eccezione, non superavano il numero 200.

Poi è arrivato il momento del “politico professionista”, il quale abbandonò la caratteristica del volontario a favore di un’attività politica più continua e costante nel tempo (quasi un secondo lavoro) prodigandosi a favorire gli interessi di cerchie sempre più ristrette di “categorie di persone” e ricevendo in cambio un numero sempre più alto di consensi da utilizzare all’occorrenza.

Ma qual è l’identikit del nuovo politico locale? Presto detto. È provvisto di una cultura politica medio – bassa, spesso ha un impiego nella pubblica amministrazione, possibilmente nel settore sanitario (ma vanno bene anche altri settori), non proviene da una selezione partitica; anzi, frequentemente, la realizza egli stesso in termini “personalistici”, selezionando altri adepti alla causa (la sua), comunque quasi mai portatrice di interessi collettivi. Per completezza, bisogna aggiungere che, il più delle volte, risponde del proprio operato politico/amministrativo solo ad un ristretto ambito di interlocutori fedelissimi. Un altro elemento dell’attività caratterizzante del “nuovo politico” è, in genere, il sostegno che fruisce da parte di una folta schiera di parenti (che si tramutano, ovviamente, in suffragi personali con percentuali sudamericane).

E l’esperienza e la competenza? Non rientrano, al momento, tra le qualità richieste. Per cui succede, come è successo, che una ragazza con laurea e master a corredo della sua formazione, che parla correttamente l’inglese, che ha girato il mondo, viene “premiata” dagli elettori con meno di 100 voti, rispetto alle percentuali bulgare di altri candidati. In questo nuovo contesto politico e sociale si sono affermati, sempre nel paese preso ad esempio (Salice), i nuovi “padroni” del consenso, un gruppo ristretto di candidati che hanno in dote un numero davvero impressionante di voti. Non serve partecipare ad uno schieramento politico ben definito, anche perché, a livello locale e con il sistema elettorale maggioritario, le liste in competizione sono sempre civiche.

Non meno interessante è il nuovo fenomeno dei sostenitori “ex politici” che, in genere, si aggiungono ai portatori di voto, agendo nell’ombra e senza esporsi in maniera diretta (le ragioni di quest’ultimo atteggiamento mi sfuggono, anche se le motivazioni che vengono teorizzate sono di varia natura).

Quindi, sono saltati in aria i Partiti politici locali insieme alle loro regole, scritte e non scritte. È emblematico, a Salice, l’atteggiamento di alcuni esponenti del Pd provinciale, i quali hanno preferito sponsorizzare un candidato antagonista al segretario cittadino. Rammento questo episodio non per girare il dito nella piaga, ma solo per dimostrare la fondatezza delle osservazioni esposte in precedenza.

Ma, i nuovi “padroni del consenso” riusciranno a condizionare anche le prossime tornate elettorali? Non so dare una risposta a questo quesito. Una cosa è certa, tutti i fenomeni sociali, quindi anche quelli politici, hanno sempre bisogno di tempo per rigenerarsi in meglio, oppure per capitolare definitivamente.

Rinaldo Innocente
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