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Intervento - 14 Apr 2024

La Politica e la pratica del “voto di scambio”

Intervento di Rinaldo Innocente su un “fenomeno sviluppatosi negli ultimi anni in maniera esponenziale anche in Puglia”


Spazio Aperto Salento

“Le piazze piene, le urne vuote”. Questa è una delle frasi più conosciute di Pietro Nenni, figura storica del Socialismo mondiale tra le più importanti del Novecento italiano. Venne pronunciata in occasione delle elezioni in Italia del 1948, dopo l’insuccesso della lista unitaria tra Comunisti e Socialisti. Fu un flop clamoroso, tale che l’esperienza non fu mai riproposta negli anni seguenti.

Parafrasando il famoso detto e trasferendolo ai giorni nostri potremmo rimodularlo nel seguente modo: “Le piazze vuote, le urne vuote”. Già, proprio così. La gente è talmente stanca della politica che diserta non solo le urne ma anche le piazze, a parte qualche sporadico presidio nelle zone simbolo delle lotte politiche degli anni passati, in particolare nelle grandi città.

Per citare alcuni dati a sostegno di questa tesi, è opportuno ricordare il 52,4% dei votanti nelle ultime regionali in Sardegna, oppure il 63,9% delle elezioni politiche del 2022, rappresentando, in percentuale, il maggior crollo di affluenza alle urne della storia repubblicana e tra i dieci maggiori cali di affluenza nella storia europea dal 1945 ad oggi (Il Sole 24 Ore, Elezioni, non c’è più l’affluenza di una volta. Come va cambiato il voto, 4 novembre 2022).

Intanto bisogna dire che un astensionismo così come si è registrato in questi ultimi anni, è dannoso per la democrazia in quanto potrebbe determinare importanti percorsi decisionali da parte di forze politiche “minoritarie”. Inoltre, gli stessi eletti rischiano di vedere diminuita la forza della propria rappresentanza, col rischio di generare il cosiddetto “caos sociale”, possibile causa dell’affermazione e della formazione di Governi autoritari e illiberali.

Ma quali sono le cause della disaffezione della gente verso la Politica, le sue manifestazioni e i suoi riti? Senza dubbio alcuno, metterei tra i primi posti di una ipotetica classifica soprattutto il fenomeno del “voto di scambio”, tornato alla ribalta delle cronache, proprio in questi giorni, dopo i fatti di Bari e di Torino, che hanno riguardato presunti voti “acquistati” da alcuni esponenti politici del Partito Democratico, ma anche di Palermo dove si parla di un consigliere comunale di Fratelli d’Italia, arrestato dai carabinieri per voto di scambio politico-mafioso.

La pratica del voto di scambio, sviluppatasi in maniera esponenziale negli ultimi anni, potrebbe essere considerata l’azione di un candidato, il quale, in cambio di favori leciti o illeciti, promette ad un elettore di ricambiare il voto da parte di quest’ultimo con un tornaconto personale o con una promessa allo stesso.

Bisogna dire che il nostro ordinamento giuridico considera questo “esercizio” un reato, senza la necessità che nella promessa vi sia un reale ed effettivo scambio di beni oppure di prestazioni. Oltretutto, quando viene praticato da organizzazioni malavitose in combutta con la politica, viene definito “reato di scambio elettorale politico – mafioso”.

A parte le questioni di legge che non rappresentano l’interesse primario di quest’articolo, il problema di fondo va ricercato, piuttosto, nei risvolti sociali negativi che produce tale pratica. Un esempio classico è la mancanza di libertà nell’esercizio della propria preferenza politico – amministrativa da parte dell’elettore; un diritto/dovere di ogni cittadino sancito, peraltro, in maniera perentoria dalla nostra Costituzione.

Nella fattispecie, gli elettori diventano “clienti” dei politici, per cui le istituzioni pubbliche non rispondono più alle esigenze generali e legittime da parte di gruppi di cittadini, bensì alle patologiche richieste di interessi di parte, favoriti da questo o da quell’altro politico, con promesse di vario tipo (il più delle volte disattese).

Da qui la sfiducia da parte di chi non beneficia di queste concessioni; da qui la disaffezione di chi si trova ai margini della ristretta schiera dei prescelti, in pratica la stragrande maggioranza dei cittadini. Il fenomeno che ne deriva, oltre all’allontanamento dalla politica, è quello denunciato da molti osservatori del settore, ossia la “privatizzazione di beni e servizi pubblici” .

Le facilitazioni delle assunzioni nelle pubbliche amministrazioni, le prestazioni mediche gratuite in cambio del voto, le concessioni amministrative facili, sono l’applicazione pratica del principio esposto in precedenza. Talvolta, questo metodo, pare rappresenti non l’eccezione bensì la regola più seguita per ottenere i consensi necessari ad occupare i posti chiave nella gestione amministrativa dei vari enti pubblici.

I cosiddetti “capi bastone”, i possessori di “pacchetti di voti”, mentre fanno le fortune dei Partiti che li utilizzano, da una parte contribuiscono alle carriere politiche di alcuni, dall’altra sono uno dei motivi principali dell’allontanamento dalla politica di tutto il resto della popolazione. I recenti fatti di cronaca accaduti in Puglia sono una testimonianza della deriva clientelare del consenso politico – amministrativo; voti comprati per cinquanta euro, promesse di posti di lavoro, creazione di database di elettori da utilizzare a proprio piacimento. Tutto questo ha sostituito le vecchie pratiche della ricerca del consenso elettorale, basate sul confronto delle idee nelle piazze e nelle case degli elettori.

Ovviamente, la questione del voto di scambio, per la Puglia, non riguarda solo la parte Nord della regione. Basta impostare una ricerca tematica su Google per rilevare, ad esempio, fatti di cronaca (anche recente) che attestano la presenza del fenomeno anche nel Salento.

Bisogna aggiungere che il “voto di scambio” riesce a diffondersi meglio nei contesti dove i servizi pubblici non sono adeguati. Prendiamo ad esempio la sanità: dove non funziona come dovrebbe, interviene il politico di turno che ti fa saltare la fila “ricordandoti” il favore al momento del voto.

Il metodo riguarda tutti gli schieramenti politici, Destra e Sinistra, giusto per sgomberare il campo da facili ipocrisie. È utile, altresì, precisare che essere garantisti in questi casi è obbligatorio, perché saranno poi le sentenze dei Giudici ad emettere i verdetti di colpevolezza o meno riguardanti gli accusati di “voto di scambio”.

Se invece le cose funzionassero a dovere, non vi sarebbe bisogno di elemosinare un sacrosanto diritto. Questo avviene soprattutto a livello locale dove vengono preferiti i dispensatori di favori rispetto a chi propone una visione, magari un progetto innovativo. In determinate situazioni, i programmi e le idee servono a ben poco, mentre dilaga il cosiddetto “voto utile”. Da qui il disprezzo per la Politica, in generale, e la diserzione degli elettori nei vari appuntamenti elettorali rispetto alle alte percentuali di partecipazione del passato.

Anche perché il meccanismo di ricerca del consenso descritto in precedenza, riesce a falsare diverse consultazioni elettorali. Ma qui entra in campo quella che definirei la “grande contraddizione” della gente, perlomeno inerente al comportamento elettorale. Cerco di spiegare ponendo la seguente domanda: come mai gran parte degli elettori italiani, a tutti i livelli, sia nazionali che locali, esprime il voto in privato a favore degli stessi politici che disprezza in pubblico?

Nonostante tutti gli sforzi intellettuali possibili e immaginabili, non sono mai riuscito a dare una spiegazione valida e plausibile. Ecco perché mi sono sempre posto il dilemma: “La gente è più indignata o più interessata alla pratica del voto di scambio? Non so dare una percentuale, forse cinquanta e cinquanta?

Rinaldo Innocente
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In foto: Rinaldo Innocente