Studi/Ricerche - 28 Mag 2023

Oronzo Parlangeli e il mosaico della Cattedrale di Otranto

Contributo dello storico Gilberto Spagnolo. Gli “Albori Salentini nella lingua italiana”, un articolo dell’illustre Novolese pubblicato su “Voce del Sud” del 16 gennaio 1960


Spazio Aperto Salento

Ma tu, luna, le incognite finestre
Illumini del Nord,
mentre noi qui parliamo,
nel fondo di quest’esule provincia
ove di te solo la nuca appare.

 Vittorio Bodini in Foglie di Tabacco

 

In una grigia “giornata di pioggia autunnale”, il 1 ottobre 1969, in seguito ad un “banale” incidente automobilistico verificatosi nei pressi di Magliano Sabina (Roma), moriva all’età di 46 anni Oronzo Parlangeli, uno dei figli più “illustri “ di Novoli, uomo e maestro ricco di “forza intellettuale e morale” studioso straordinario dalla cultura immensa e sconfinata, glottologo di fama internazionale “che come nessuno mai seppe onorare, per merito delle sue ricerche e dei suoi studi, la cultura del nostro Salento”.

Ricorrendo quest’anno l’anniversario dei cent’anni dalla sua nascita (1923-1969), per ricordare degnamente questo illustre cittadino e figura di grande spessore scientifico, il Comune di Novoli ha anche recentemente organizzato una serie di eventi in collaborazione con il comitato scientifico “Per Oronzo Parlangeli” coordinato da Annarita Miglietta (docente di Linguistica Italiana dell’Università del Salento) in qualità di responsabile e composto dai professori: Cosimo Caputo (docente di Semiotica dell’Università del Salento), Eugenio Imbriani (docente di Antropologia Culturale dell’Università del Salento) e da chi scrive (Società Storica di terra d’Otranto). La finalità del progetto è soprattutto quella di “recuperare, tutelare e valorizzare le ricerche e le numerosissime opere di Oronzo Parlangeli, che sono di estremo interesse per la comunità e che sono costituite da materiale edito e inedito, molto spesso di difficile reperimento”.

Proprio in quest’ambito, e come ho già avuto modo di segnalare in altra occasione, tempo fa acquistai dall’editore antiquario Regina di Napoli il libro di Oronzo Parlangeli intitolato Storia Linguistica e Storia Politica nell’Italia Meridionale, pubblicato a Firenze da Felice Le Monnier nel 1960, studio inserito nella Biblioteca Letteraria a cura dell’Istituto di Filologia Moderna dell’Università di Messina, una raccolta di saggi che il Parlangeli dedica ai suoi Genitori e che illustrano essenzialmente le vicende linguistiche dell’Italia Meridionale (sono tutti, tranne uno, “testi romanzi in caratteri greci”). Nelle sue pagine ho ritrovato con grande emozione (chi è “bibliofilo” lo può più facilmente comprendere) il suo “biglietto da visita”, una “lettera dattiloscritta e firmata di proprio pugno spedita da Novoli il 16 luglio 1960 a Vittore Pisani” (docente di Glottologia presso l’Università Cattolica di Milano, di cui il nostro Parlangeli fu prima allievo e poi stretto collaboratore), il “ritaglio” di un giornale di un “suo articoletto” (come lui stesso lo definisce nella lettera) sul Mosaico della Cattedrale di Otranto (il libro, come si deduce da un altro biglietto da visita era “un omaggio del Preside della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Messina” il professore Giorgio Petrocchi che lo stesso Oronzo Parlangeli ringrazia nella Premessa.

All’interno del libro la “sorpresa”: biglietto da visita di Parlangeli e ritaglio giornale

“L’articoletto” intitolato Albori Salentini della Lingua Italiana era stato pubblicato sul settimanale salentino Voce del Sud di sabato 16 gennaio 1960 e nelle intenzioni del Parlangeli (come scrive nella lettera al Pisani al quale ne chiede un parere) doveva essere “raccolto” assieme ad altri in un “volumetto”. Nelle varie biobibliografie consultate (ricordo quella di Donato Palazzo, Ciro Santoro, Di Vittore Pisani, di Elisabetta Albanese, di Pietro Salamac e non ultima quella più recente di Dino Levante) non ne ho trovato alcuna traccia e, quindi, risulterebbe per certi versi sconosciuto e, soprattutto, di grande importanza considerato (come si può notare) l’argomento trattato ovvero il mosaico di Otranto, opera del presbitero Pantaleone che si ritiene fosse di Otranto e maestro della scuola che fiorì nel Cenobio di San Nicola di Casole, realizzato tra il settembre 1165 ed il marzo 1166, data iscritta nella navata centrale (l’opera musiva, attraverso la simbologia dell’Albero della Vita, racconta con episodi presi dalla Bibbia e dalla storia la grande avventura della caduta e della redenzione del genere umano).

Il Parlangeli si sofferma in particolare su alcuni “aspetti linguistici” (e non poteva essere diversamente) e su un “cartiglio” che rappresenta “un importantissimo documento della diffusione della Lingua Italiana in una regione così periferica qual è il Salento”. Le sue osservazioni come scrive egli stesso e come certamente ha potuto osservare personalmente, nascono dal fatto che grazie alla “rimozione” fatta dall’Arcivescovo di Otranto e Primate del Salento monsignor Calabria di tutte le più recenti sovrastrutture che avevano ricoperto il pavimento e l’altare maggiore “erano venute fuori” una nuova serie di figure fresche e intatte come se fossero uscite ieri dalle mani pazienti di Pantaleone.

In conclusione, nel riproporlo  qui di seguito integralmente in occasione dell’anniversario dei cent’anni dalla sua nascita, voglio concludere queste brevi note ricordando a me stesso e soprattutto a tutti i Novolesi quanto ebbe a scrivere Michele Dell’Aquila nel suo Ricordo di Oronzo Parlangeli: “…nell’assegnazione dei doni che i Celesti decretano non sempre equamente a quanti hanno bene meritato, è privilegio grande degli uomini di studio poter esercitare la propria influenza ed essere presenti anche vivendo lontano o addirittura negli spazi infiniti dell’aldilà. Essi sopravvivono nell’opera, nei discepoli, nella ricerca attiva delle istituzioni fondate nell’affetto e nell’esempio del loro magistero. Così l’amore e il ricordo che ad essi si rivolge esalta ed innalza quanti lo dichiarano e sentono, idealmente, in momenti come questi, le generazioni si tengono la mano, si riconoscono in maestri, quasi come padri, le radici del proprio essere e le ragioni del divenire, forti e vigorose tanto più se hanno dato, esse stesse frutti fecondi”.

Gilberto Spagnolo
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Albori Salentini nella lingua Italiana

 

O. Parlangeli (coll. F. Quarta)

Uno dei tesori artistici più affascinanti della nostra regione è il pavimento della Cattedrale di Otranto: fu opera del prete Pantaleone che lo compì nel 1165, per commissione dell’arcivescovo idruntino Gionata: vi è una massa indescrivibile di figure e di segni che rappresentano una summa, un’enciclopedia della cultura, religiosa e laica, di quei tempi. E lì siamo un po’ ignoranti: la massa dei simboli è così complicata ed intricata che ci vorrebbe un illustratore dotato d’una per­fetta conoscenza delle dottrine medievali: Noè e la costruzione dell’arca si affiancano ad Alessandro Magno rapito in cielo dai grifoni; la distruzione di Ninive sta accanto alla raffigurazione d’un celebre episodio, identificato da F. Novati, del ciclo arturiano: la «lotta del re brettone col cosid­detto “Gatto di Losanna”». (Un altro gran­de mosaico, quello del Duomo di Brindisi, era forse anch’esso dello stesso prete Pantaleone, posteriore a quello d’Otranto di non molti anni, pel Vacca solo dodici: sa­rebbe stato cioè del 1177! Quella data è estremamente importante perché tra i vari personaggi raffigurati nel mosaico brin­disino c’erano anche Rolando, Oliviero e l’Arcivescovo Turpino: i personaggi della Chanson de Roland il cui primo mano­scritto, quello di Oxford, sembra essere del 1150. Da noi dunque l’epopea carolingia ebbe un’eco immediata).

Ma lo studio del mosaico otrantino dovrà essere dotato ora d’un altro capitolo che Mons. Calabria, Arcivescovo di Otranto e Primate del Salento, ha permesso con la rimo­zione di tutte le più recenti sovrastrutture che avevano ricoperto il pavimento con l’altare maggiore e il coro: lì le figure son venute fresche e intatte, come se fossero uscite ieri dalle mani pazienti di Pantaleone.

Davanti alla cappella dei Martiri, a destra di chi guarda l’altare maggiore, c’è un’al­tra serie di figure, in parte coperte dalla balaustra della nuova cappella e dai pila­stri. In mezzo si vede un uomo (Atlante?) curvo sotto il peso d’un globo; a sinistra un personaggio, seduto su di uno sgabello, con una lunga tunica, sostiene con la mano destra una specie di cartiglio, a forma al­lungata, diviso in sei strisce da cinque linee bianche: questo cartiglio contiene una scrittura di cui ora diremo. Più a destra una figura ritta sta forse per ricevere il carti­glio, ma ha la testa coperta da un pilastro; più sotto invece una figura giovanile reca (o meglio, sventola) un cartiglio simile al primo e guarda verso il personaggio che sta seduto. A costui si riferisce una scritta, divisa in due parti dal globo di Atlante: Marguacius (?), invece il giovane che sventola il suo labaro è indicato come Samuel. Come ho detto, il primo cartiglio reca una scritta divisa nei primi quattro ri­quadri: il Ribezzo che aveva già segnalato quest’importante documento, vi leggerà SARÀ / RESA / COLEI (o IOLES?) AUT e pensava che fosse «evidentemente un ultimatum per la restituzione pure di una donna detenuta». Ma non teneva conto di Samuele, sicché io penso che la scena pos­sa riferirsi alla cattura, e successiva restitu­zione dell’arca di Israele da parte dei Fili­stei giusto ai tempi di Samuele. Nel libro I dei Re, capo quarto e seguenti, si narra che Israele sconfitto in battaglia, lasciò in ma­no dei nemici l’arca della legge; i filistei se la portarono come trofeo, ma dovettero pentirsene amaramente: «Il Signore facea strage formisura grande in ciascheduna città: e straziava dal piccolo al grande gli uomini di ciascuna città, e uscivan lor fuori gli intestini e s’imputridivano. E i Gethei tenner consiglio, e si fecer dei sedili di pel­li» (VI, 9) perché quelli normali, di pietra o di legno erano troppo fastidiosi per la loro improvvisa infermità; allora i satrapi fili­stei decisero: «Rimandate l’arca del Dio d’Israele, ed ella torni al suo posto, e non distrugga noi, e il nostro popolo» (VI, 11). L’arca fu così rimandata, con l’aggiunta di ricchi, e significativi, doni aurei.

Ma, innanzi tutto, è proprio vero che su quel cartiglio ci sia l’iscrizione «sarà resa ecc.»? Ho esaminato molte volte quelle lettere (scritte con tessere nere su di un fon­do rossastro), ma non ho potuto vederci molto chiaro; né la fotografia che son riu­scito a scattare dopo molte prove negative è di molto aiuto. Pure la questione riveste un’estrema importanza.

Il pavimento del Duomo di Otranto fu terminato da Pantalone nel 1165: la scrittura sopra riportata (accet­tiamone, per ora, la lezione già avanzata dal Ribezzo che, tra l’altro, trova una sua spiegazione nell’episodio della restituzione dell’arca: il personaggio che tiene in mano il cartiglio potrebbe bene raffi­gurare un satrapo e il suo sgabello essere quella più comoda poltro­na di pelle con scopi curativi…) non può essere dunque posteriore al 1165. In tal caso quel documento assume un’importanza ve­ramente eccezionale; esso infatti non è, come voleva il Ribezzo, «il primo e più antico documento volgare pugliese», ma è qualcosa di più. I caratteri linguistici di questo breve testo non sono dialettali, ma, per quel che è permesso di dire tenendo presente la notevole antichità, rappresenta un importantissimo documento della diffu­sione della lingua «italiana» in una regione così periferica qual è il Salento. Non c’è, nella scrittura idruntina, la minima traccia dia­lettale, non solo salentina, ma neppure, in generale, meridionale. La cosa è talmente sorprendente, da apparire quasi incredibile; si pensi, ad esempio, alle scritture coeve: il documento molisano del 1171 o la carta fabrianese del 1186 (per non parlare della carta gallurese del 1173) sono estremamente più «dialettali» (ad es.: quilli iurni li quali non gisseru al labore nel documento molisano di Monte Capraro). La cosa, in fondo, non ci meraviglia eccessivamente ché i Norman­ni portarono nelle nostre terre una ventata di cultura occidentale, anche se, per motivi politici, favorirono, sotto certi aspetti, la ri­nascita o la diffusione dell’elemento orientale, bizantino.

E pertanto forse non è incauto pensare che il prete Pantaleone, il quale ben conosceva tanto le leggende (e i poemi?) del ciclo carolingio, quanto le bellissime «Arturi regis ambages» («le favole del re Artù», come le chiamerà poi Dante), avesse anche qualche notizia di quella nuova forma linguistica che, slegata dal latino e più aderente alle espressioni popolari italiane, cominciava già a serpeg­giare per la penisola e a farsi strumento, non più involontario, di testi poetici che hanno la pretesa di uscire dalla formula notarile e, soprattutto, dal chiuso limite della cerchia delle mura cittadine”.

O. Parlangeli

 

Particolare della parte del mosaico di Otranto descritta da Parlangeli (© G.S.)

Cattedrale di Otranto (© G.S.)

 

Fonti bibliografiche di Riferimento

E. ALBANESE, Bibliografìa degli Scritti di Oronzo Parlangeli, in Aa.Vv. Annuario di Studi e Ricerche, I, Il Parametro Editore, Novoli 1963, pp. 9-16.
M. DELL’AQUILA, Esploratore nei dialetti di Puglia (ricordo di Oronzo Parlangeli), in La Gazzetta del Mezzogiorno del 30 settembre 1989.
R. DE MATTEIS, Istantanea di un amico in Lu Puzzu te la Matonna Anno VI, Edizione straordinaria 24 dicembre 1999, pag. 22.

D. LEVANTE, Oronzo Parlangeli a quarant’anni dalla morte: un album di ricordi fra cronaca e storia, in NeoΠΡΟΤΊΜΗΣΙΣ – Studi in memoria di Oronzo Parlangeli a 40 anni dalla scomparsa ( 1969-2009), EdiPan, Galatina, 2010, pp. 7-48.
D. PALAZZO, In memoria di Oronzo Parlangeli, in II Meridionale, Brindisi, a. XV, nn. 37-38,4 -11 dicembre 1969, pp. 3-4.
O. PARLANGELI, Storia Linguistica e Storia Politica nell’Italia Meridionale, Felice Le Monnier, Firenze, 1960, Biblioteca Letteraria. Pubblicazione a cura dell’istituto di Filologia Moderna dell’università di Messina IV. Prima di dare alle stampe questo volume, il Parlangeli aveva relazionato sull’argomento e con lo stesso titolo al 3° Convegno Internazionale di Studi sull’alto Medioevo svoltosi tra il 14 e il 18 ottobre del 1956 a Benevento, Monte Vergine, Salerno e Amalfi (l’estratto di quell’intervento fu pubblicato a Spoleto nel 1959 dal Centro Studi).
IDEM, Albori Salentini nella Lingua Italiana, in “Voce del Sud”, Lecce, sabato 16 gennaio 1960.
V. PISANI, Cenno Biografico e Note Introduttive (Oronzo Parlangeli), estratto da Italia Linguistica Nuova ed Antica, vol. I, Congedo editore, Galatina, 1976, pp. 5-11 (a lui il Parlangeli dedicò la raccolta miscellanea Protimesis).
P. RICCIARDI, Il Mosaico Pavimentale della Cattedrale di Otranto alla scuola del presbitero Pantaleone, Ed. Salentina, Galatina, 2011.

C. SANTORO, Commemorazione per Oronzo Parlangeli, Lecce, 1969.
F. SEBASTE, Oronzo Parlangeli – Cenni biografici in Sant’Antoni e l’Artieri, a. x, Novoli, 1978, pp. 5-6.
G. SPAGNOLO, I cinque talenti di Oronzo Parlangeli, in NeoΠΡΟΤΊΜΗΣΙΣStudi in memoria di Oronzo Parlangeli a 40 anni dalla scomparsa ( 1969-2009), EdiPan, Galatina, 2010, pp. 49-50.
M. SPEDICATO (a cura di) NeoΠΡΟΤΊΜΗΣΙΣ Studi in memoria di Oronzo Parlangeli a 40 anni dalla scomparsa (1969- 2009), EdiPan, Galatina, 2010.
P. SALAMAC, Oronzo Parlangeli e la “Carta dei dialetti Italiani”, in Studi linguistici Salentini, vol. 27, Lecce, edizioni Del Grifo, 2003, pp. 82-88.

Molto significativi e di grande importanza sono stati gli incontri/eventi del 10 marzo, dell’8 e 19 maggio già effettuati con Pietro Clemente, uno dei maggiori esperti di narrativa popolare già professore ordinario di Antropologia Culturale e di storia delle tradizioni popolari presso l’Università “La Sapienza di Roma e le Università di Siena e Firenze;” con Ferdinando Mirizzi, professore ordinario di Antropologia Culturale nell’Università della Basilicata, studioso dei Patrimoni Culturali, Presidente Siac (Società Italiana di Antropologia Culturale); Eugenio Imbriani docente di Antropologia Culturale dell’Università del Salento, Rosa Parisi docente di Antropologia dei Processi Sociali, Marcello Aprile docente ordinario di Linguistica presso l’Università del Salento e, infine, Alberto Sobrero linguista e professore emerito della stessa Università. Gli incontri/eventi proseguiranno il prossimo 23 giugno con il profesore Salvatore Colazzo (sempre dell’Universita’del Salento) che terrà una relazione su “La scuola di Salamanca. Da Paolo Emilio Stasi a Italo Calvino”.

Questo saggio è stato estratto dal numero unico “Lu Puzzu Te la Matonna”,  a.18, Novoli 17 luglio 2011. Viene ora qui riproposto con alcune modifiche e nuove integrazioni, sia nei contenuti che nelle immagini, in occasione dell’Anno Parlangeliano.   

 

Foto in alto: la parte del mosaico di Otranto davanti alla cappella dei Martiri descritta da Parlangeli (© G.S.)