Intervento - 02 Giu 2024

Per un Osservatorio permanente di Studi Oronziani

Intervento* dello studioso e storico dell’arte salentino Paolo Agostino Vetrugno


Spazio Aperto Salento

Nel 2022 è stato celebrato, nell’Arcidiocesi di Lecce, il Giubileo Oronziano, ritenuto giustamente dall’arcivescovo metropolita di Lecce monsignor Michele Seccia, per la Chiesa salentina in genere, «un opportuno tempo di riflessione, di preghiera, di approfondimento e di testimonianza, necessario per non smarrire il senso della memoria ed il multiforme valore dell’importante ricorrenza».

Nell’ambito delle manifestazioni organizzate e programmate per l’evento giubilare, un posto non secondario lo ha occupato il Convegno nazionale di studi “S. Oronzo tra storia, letteratura ed arte”, tenutosi a Lecce dal 30 giugno al 1° luglio (cfr. gli atti pubblicati da Edizioni Grifo, Lecce, 2022), promosso dall’Istituto Superiore di Scienze Religiose Metropolitano “don Tonino Bello” di Lecce, in collaborazione con l’Università del Salento e con la Società di Storia Patria (sezione di Lecce).

La manifestazione, idealmente, si ricollegava a quel fervore di ricerche che si concretizzò nelle “Giornate di Studi Oronziani”, organizzate nell’ottobre del 2003 nella città di Turi (Bari), con la collaborazione delle Amministrazioni comunali di Turi, Lecce, Ostuni e Campi Salentina, centri in cui Sant’Oronzo è patrono. All’iniziativa presero parte rispettivamente: Matteo Pugliese (per Turi), monsignor Cosmo Francesco Ruppi (per Lecce), Luigi Greco (per Ostuni) e chi scrive (per Campi Salentina).

A conclusione della mia relazione tenuta al recente Convegno giubilare, incentrata su una serie di rivisitazioni iconografiche oronziane, evidenziavo la necessità di un aggiornamento di tutta la bibliografia oronziana; di una parallela verifica di tutte le notizie d’archivio pubblicate, molte spesso riproposte di seconda mano; di uno studio filologico delle fonti, anche di quelle tradizionalmente conosciute. Un bisogno che si concretizzava in una proposta: quella di istituire un “Centro studi oronziani” che, in primo luogo, fosse punto di coordinamento della ricchezza dei fermenti della cultura religiosa ed artistica salentina. Ritorno sull’argomento per evidenziare che, allo stato attuale, non è più procrastinabile una sua istituzione e, passando da una proposta ad una necessità, al fine di essere più chiaro e più comprensibile chiedo aiuto alla lingua latina nella speranza di spiegare meglio questa esigenza d’interesse comune. La lingua latina ha diversi modi per indicare la necessità, che è intesa e considerata con diverse sfumature, che non sempre trovano una corrispondenza  nel contesto linguistico italiano.

Il verbo debere (dovere) in latino non ha il valore di verbo servile/fraseologico come in italiano, ma è usato per lo più per indicare un «obbligo morale»; la costruzione opus est (occorre, giova) oppure oportet (è opportuno, è richiesto, è conveniente), invece, indica una «necessità non assoluta», una necessità cioè a cui possiamo anche non sottostare; necesse est, infine, denota una «necessità assoluta», a cui non possiamo sottrarci in alcun modo. Gli studenti liceali spesso sono chiamati a fare i conti con la cosiddetta «perifrastica passiva», che non ha specifiche sfumature di significato, se non quella di essere solitamente utilizzata per mettere in evidenza il soggetto che ha bisogno.

Ecco: per rispondere al “perché” è necessaria l’istituzione di un “Osservatorio” o di un “Centro di Studi Oronziani” a Lecce, credo che siano di aiuto la prima e la terza accezione della lingua latina; e la risposta potrebbe essere sintetizzata con l’espressione «per doverosa necessità».

Evitando lo splendido quanto pericoloso isolamento che un “centro” potrebbe avere, rinviando inevitabilmente all’esistenza di una “periferia”, ma soprattutto superando resistenze e prevenzioni, (difficoltà non insolite alla realtà meridionale), l’istituzione culturale, perché di questo si tratta, al di là della rivalutazione storica della figura del protovescovo e protomartire salentino, sarebbe senza alcun dubbio un utile strumento per approfondire la conoscenza delle origini del Cristianesimo nel Salento. In questa prospettiva coinvolgerebbe altri settori di studi, quali la filologia e, in particolare, l’Archeologia Cristiana, ma anche, per naturale conseguenza, la «questione S. Irene», la santa protettrice “oscurata” dalla politica religiosa del Pappacoda e dei suoi successori.

A tal proposito c’è da registrare che, alla fine degli anni Sessanta del secolo scorso, l’ambiente universitario italiano, che aveva aperto gli studi di Letteratura Cristiana e di Storia del Cristianesimo in genere, anche se in forma ancora circoscritta sotto l’aspetto quantitativo, iniziava ad offrire i suoi frutti. In ambito regionale, ma non solo, spiccava la figura di Antonio Quacquarelli, che ho avuto la fortuna di conoscere e di apprezzarne gli studi. Per anni è stato Direttore dell’Istituto di Letteratura Cristiana antica dell’Università di Bari, che con una schiera di giovani e valenti studiosi funzionava come un laboratorio di ricerca delle origini del Cristianesimo in Puglia. Quacquarelli, molti anni fa, precisava le coordinate degli studi, che, ancora oggi, potrebbero essere di orientamento per il futuro centro salentino.

Il programma, per lo studioso, era quello di «allargare le ricerche dal campo filologico a quello archeologico per conoscere i diversi aspetti dell’antichità cristiana della regione». E precisava: «Non si vuole invadere le competenze altrui, ma procedere con metodo nella ricostruzione storica. I reperti archeologici acquistano rilievo per lo storico se, per carenza di altre fonti, aprono uno spiraglio al senso ed alla collocazione cronologica di certi avvenimenti». Era un invito ad adottare metodologicamente quello che è noto come «lavoro di gruppo», a cui per la verità sono stato avviato da giovanissimo da Michele D’Elia.

L’attuale «doverosa necessità», inoltre, è ancora quella indicata da Quacquarelli, sia pure espressa in altri contesti. Rimanendo indiscussi punti di riferimento i centri di Brindisi e di Otranto come canali naturali di approdo del Cristianesimno nel Salento, Quacquarelli si domandava perché mancasse «una documentazione cristiana antica delle vie che da Brindisi e da Taranto portavano a Roma» e faceva notare che, relativamente all’Apulia et Calabria, «sapppiamo molto della Magna Grecia, oltrepassando anche i termini che l’equilibrio della ricerca impone, ma pochissimo di quella dei primi secoli della nostra era. La carenza delle testimonianze sembra dovuta al fatto che in Puglia, come altrove, non sono stati condotti razionalmente gli scavi per cercare elementi che ci riguardano. Per incuria o fretta o incomprensione sono andati distrutti gli strati paleocristiani e alto medievali per raggiungere ad ogni costo quelli classici e preclassici».

Se dal punto di vista archeologico le cose, nel corso degli anni, sono decisamente cambiate, il problema non è stato risolto del tutto. Perciò, si ha bisogno di un “osservatorio” al servizio del pluralismo sociale e culturale, che coordini un sistematico lavoro di ricognizione e di scavo in verticale, promuovendo una corretta conoscenza e una seria conservazione di testimonianze pubbliche e private, che potrebbero essere smarrite se non proprio perdute.

Non vorrei, alla fine, ritrovarmi come Giovanni Spadolini, che, avendo avuto l’idea di inventare nel 1975 il Ministero dei Beni Culturali, si sentiva un ministro dell’utopia; non vorrei, cioè, apparire uno storico dell’arte dell’utopia; sarei in ottima compagnia, ma decisamente assai amareggiato per l’occasione perduta, soprattutto se rapportata ai benefici che potrebbero ricavarne le nuove generazioni di studiosi, ma non solo.

Paolo Agostino Vetrugno
© Riproduzione riservata

 

*Intervento tenuto nell’incontro di studio Il culto di S. Oronzo tra arte, tradizione e lingua, Lecce 29 maggio 2024, chiesa di S. Elisabetta, promosso ed organizzato dall’Associazione Cultura Identità di Lecce, dall’Associazione Ars Clessidra di Lecce, dal Lions Club Lecce Rudiae.

 

In Foto: ignoto scultore napoletano, S. Oronzo, busto in argento (part.), 1764, (trafugato il 1976 dalla chiesa Collegiata S. Maria delle Grazie in Campi Salentina, Lecce)