Salice Salentino - 18 Feb 2023

Salvatore Leone de Castris, gentiluomo e imprenditore geniale

Un ricordo a 20 anni dalla scomparsa


Spazio Aperto Salento

Salvatore Leone de Castris scomparve il 18 febbraio 2003. Esattamente vent’anni fa, dunque, “il re del vino pugliese” (dal titolo dell’articolo de “La Gazzetta del Mezzogiorno” pubblicato il 19 febbraio 2003) lasciò questo mondo dopo aver combattuto contro una grave malattia per più di un anno. Morì nel Centro di riabilitazione della “Fondazione San Raffaele” a Ceglie Messapica. Aveva 77 anni. All’epoca giornali e televisioni diedero massimo risalto alla triste notizia e tutti furono concordi nel sottolineare la grave perdita per il mondo dell’imprenditoria meridionale.

Oggi, a distanza di 20 anni, è doveroso ricordare questo uomo esemplare, anche perché il suo ricordo è tuttora vivo e carico di profonda ammirazione. Fu un imprenditore che seppe incidere profondamente nel tessuto economico e sociale non solo provinciale, lasciando un esempio d’impegno e lungimiranza nelle scelte aziendali, tutte di successo commerciale. Un uomo che seppe distinguersi anche per l’oculata e proficua guida di importanti Istituzioni. Fu, fra l’altro, presidente della Camera di Commercio di Lecce (che guidò dal 1982 al 2000), dell’Unione Italiana vini e copresidente dell’Unione Internazionale delle Camere di Commercio dell’Area Mediterranea (solo per citare alcune cariche da lui brillantemente ricoperte).

A proposito dei suoi numerosi incarichi, nel libro “Salvatore Leone de Castris. Il padre Piero e il figlio Piernicola, una famiglia dedicata alla vitivinicoltura”, firmato dal giornalista Adolfo Maffei (Grafiche Horizon, 2008), viene riportata, fra le altre, un’eloquente testimonianza di Marco Mancini, al momento della pubblicazione del volume direttore del Corriere Vinicolo di Milano (giornale dell’Unione Italiana Vini). Mancini racconta un episodio risalente al primo periodo della sua collaborazione con il Corriere Vinicolo.

«(…) Erano trascorse un paio di settimane dal mio ingresso nella redazione del Corriere Vinicolo in qualità di giornalista praticante – scrive Mancini – e l’emozione era ancora pulsante. Quel giorno il direttore mi chiamò per assegnarmi un compito straordinariamente semplice (così pensai al  momento), tant’è che riuscivo ad essere tranquillo anche al pensiero di doverlo assolvere entro soli trenta minuti. In pratica si trattava di inviare a un noto giornalista 15 righe di profilo del nostro presidente (Unione Italiana Vini), Salvatore Leone de Castris. Bazzecole. Raccolsi un po’ di informazioni da diligente cronista ma subito incominciai a sudare freddo; quello che doveva essere un lavoretto da niente si stava trasformando in un’impresa ciclopica. Com’era possibile che un singolo uomo, nell’arco di soli 60 anni di vita, potesse ricoprire contemporaneamente tante cariche? E come diavolo avrei fatto a condensarle in 15 righe? Cribbio, non gli era sufficiente essere titolare della più antica azienda vitivinicola della penisola salentina?».

«Va bene essere Cavaliere del lavoro, Commendatore, Grand’ufficiale al merito della Repubblica, Cavaliere di Gran Croce e accademico della vite e del vino – continua Mancini – ma c’era bisogno di diventare pure presidente della Camera di Commercio di Lecce, copresidente dell’Unione internazionale Camere di Commercio dell’Area Mediterranea, presidente del Comitato nazionale vini dell’Union Camere e anche presidente del Comitato di sconto della Cassa di Risparmio di Puglia, consigliere d’amministrazione della Cassa di Risparmio e sindaco del Banco di Napoli e ancora presidente della Camera di Commercio italo-jugoslava dell’area mediterranea? E dove mettiamo l’uomo di cultura? Assistente ordinario di Storia del Risorgimento. E l’imprenditore? Naturalmente non solo vinicolo (c’era da aspettarselo!). Era suo l’albergo a 4 stelle a Salice Salentino oltre alla partecipazione in alcune catene alberghiere e naturalmente innumerevoli impegni all’estero: Pechino, Shangai, eccetera».

«Come venirne fuori? – si chiede Mancini – Quali erano le cariche per lui più significative? Gli telefonai con una buona dose di affanno e di tensione (era la prima volta che sentivo il presidente e i minuti scorrevano implacabili), ma subito la sua voce mi tranquillizzò. Era calma, signorile e lasciava trasparire una persona capace di comprendere. E così fu, poiché mi disse di tagliare liberamente ciò che ritenevo superfluo. Naturalmente da quel momento volli incontrarlo, non solo per ringraziarlo dell’atteggiamento benevolo nei miei confronti ma soprattutto per conoscere un uomo certamente interessante e forse eccezionale (ma come poteva ricoprire tutte quelle cariche?). Quel giorno venne e potei incrociare lo sguardo di un uomo leale che sapeva trasmettere umanità a manciate generose. Fu subito stima sincera … e affetto».

Il racconto, apparentemente un aneddoto “leggero”, rappresenta invece un breve, ma molto efficace, profilo di Salvatore Leone de Castris. Un profilo che emerge soprattutto nell’ultima parte della testimonianza di Mancini il quale, dopo aver raccontato l’episodio inedito, del tutto funzionale alla parte conclusiva dell’intervento, evidenzia che la voce di Leone de Castris era «calma, signorile e lasciava trasparire una persona capace di comprendere»; o ancora che aveva «lo sguardo di un uomo leale che sapeva trasmettere umanità a manciate generose».

Ecco: ciò che pensa Mancini di Leone de Castris, corrisponde esattamente all’idea che anch’io ho sempre avuto dell’illustre salicese. L’ho incontrato personalmente in più occasioni, soprattutto durante il mio mandato di assessore alla Pubblica istruzione e Cultura del Comune di Salice Salentino, fra gli anni ‘80 e i primi mesi del 1993.

Fra i miei ricordi, dunque, ne propongo qualcuno. Anche quelli che sto per raccontare potrebbero sembrare “leggeri” ma, come la testimonianza di Mancini, invece non lo sono (per l’intrinseco significato che racchiudono). Puntualmente, quando il mio Assessorato organizzava una qualsiasi attività, non omettevo mai di mandargli il relativo invito. Molte volte si trattava di iniziative di valenza rilevante, ma non mancavano quelle d’interesse più modesto. Ebbene, nonostante i suoi innumerevoli impegni, Salvatore Leone de Castris non si “disimpegnava” quasi mai: era pressoché sempre presente, anche a costo di fare salti mortali.

Incontro su mons. Faggiano (26-4-1987). In foto (da sin.): N. Quarta, S. Fitto, S. Innocente, S. Leone de Castris

Mancava agli appuntamenti soltanto quando era fuori regione per lavoro, oppure perché alle prese con importanti impegni istituzionali. E quando era costretto a “disertare” gli appuntamenti, non dimenticava mai di far pervenire agli organizzatori un biglietto per “spiegare” i motivi dell’assenza. Non ho mai visto una persona così precisa e attenta al territorio. Ho sempre pensato che questo suo modo di agire rappresentasse per lui una sorta di attestato di vicinanza e rispetto verso la “sua” comunità salicese, ma anche di apprezzamento per l’impegno che si cercava di profondere e mettere in campo con l’obiettivo della crescita culturale e sociale di Salice.

Di seguito uno dei suoi biglietti, datato 22 novembre 1989, inviato in occasione della presentazione, a cura del professore Ennio Bonea (1924-2006), del quinto numero della rivista culturale, del Crsec e del Comune di Salice, “Quaderno di Ricerca – Costumi e Storia del Salento”. In esso si legge: «Carissimo, prego di scusare la mia assenza del prossimo 30 corrente, poiché rientrerò quella sera dopo le ore 22. Dispiace non ascoltare il bravissimo Ennio».

Salvatore Leone de Castris, da persona colta, disponibile  e “aperta” qual era, sapeva anche trovare le parole giuste per incoraggiare piccole o grandi “imprese”, avviate soprattutto dai giovani. Quando nel 1986 pubblicai il mio primo libro, “Aquile senza ali”, mi fece pervenire un biglietto dove scrisse: «Carissimo, ho molto apprezzato la sensibilità e lo sforzo creativo che traspare dalla interessante lettura dei tuoi racconti, densi di storia “vera” ed anche di poesia. “Ad maiora!”. È questo l’augurio che formulo per un giovane, promettente amico che ringrazio per il gusto di “capire” che mi ha procurato, e che abbraccio con affetto!». Ecco il biglietto.

Questo breve ricordo di Salvatore Leone de Castris, deve essere completato con un accenno anche ai suoi molteplici successi aziendali. Nel libro di Mario Paone “In economia il successo è sempre il risultato di scelte coraggiose. Ogni decisione è scelta di vita” (Grafiche Chiriatti, 2021), viene sottolineato in particolare lo spirito di iniziativa e l’innato senso del business. «Fece conoscere in tutto il mondo il “Five Roses” – sottolinea Paone – grazie alla distribuzione gratuita di campioni di vino rosato ai passeggeri delle compagnie aree. Questa sua intuizione ebbe un eccellente ritorno. Il suo successo è da imputare alla sua audacia, al suo intuito e alla sua forza creativa».

Sotto la guida di Salvatore Leone de Castris, che prese le redini dell’azienda dalla fine degli anni Sessanta (nella prima fase affiancato da papà Piero), l’azione produttiva e commerciale della Cantina divenne sempre più dinamica, efficace e moderna. Alle già note e “storiche” etichette, come ad esempio il “Five Roses” (primo vino rosato imbottigliato in Italia nel 1943), il Negrino (1948) e il rosso “Salice” (nato nel 1954) , si aggiunsero nuove etichette (“Donna Lisa”, “Rena”, “Maiana” e spumanti metodo Martinotti), particolarmente apprezzate anche dai nuovi e sempre più numerosi mercati esteri (oltre 40 Paesi in tutto il mondo). Si deve anche ai successi nazionali ed internazionali dell’azienda, nonché all’impegno costante e convinto di Salvatore Leone de Castris, la nascita nel 1976 della prestigiosa Doc “Salice Salentino”.

La sua “missione” di promozione del territorio, si completava con la partecipazione a numerosi convegni in Italia e all’estero. In alcuni suoi interventi, peraltro, s’intravede qual è la sua ricetta per lo sviluppo del settore vitivinicolo salentino e pugliese.

Il 23 marzo del 1998, in un convegno tenutosi a Lecce sul tema “Sfida della qualità per lo sviluppo”, quasi anticipando argomenti successivamente particolarmente dibattuti localmente, fra l’altro affermò: «Un fattore importante può essere costituito dalla realizzazione di consorzi per la valorizzazione delle produzioni locali, attraverso l’intermediazione delle associazioni di categorie esistenti. Con l’introduzione di un marchio identificativo delle produzioni, è possibile presentarsi sul mercato nazionale ed internazionale con un accresciuto peso contrattuale, e competere sia con concorrenti diretti sia con la grande distribuzione».

Precedentemente, in occasione di una tavola rotonda tenutasi a Brindisi il 16 novembre 1996, Salvatore Leone de Castris, a proposito delle “prospettive economiche delle produzioni vitivinicole di fronte alla sfida del mercato globale”, disse: «Gli economisti e i futurologi ci avvertono che siamo di fronte ad un cambiamento planetario, anche sul modo di fare impresa, e che nel prossimo decennio si aprirà una inquietante,  ma appassionante, fase di progettazione della società in cui ciascuno di noi sarà coinvolto».

S. Leone de Castris

«Intere aree – aggiunse – si stanno profondamente  modificando ed evolvendo verso un sistema integrato di grandi e piccole imprese, in una logica secondo la quale si utilizzano risorse comuni per determinati “know-how” che permettono a tutte le imprese collegate, di essere competitive e cooperative al tempo stesso. Le economie regionali integrate, rappresentano dunque una delle realtà con le quali dobbiamo misurarci, smentendo il vecchio detto “chi gioca da solo non perde mai”. Il nostro settore è in ritardo anche culturale per questa nuova sfida».

In uno dei passaggi conclusivi, poi evidenziò: «Siamo ancora alla soglia della “guerra fredda” tra le diverse componenti della filiera, mentre all’esterno dell’Europa si pensa al mercato come un insieme di progetti integrati e produttivi, anche per i singoli, per cui, se vince la struttura dell’insieme, vince anche la singola azienda».

Per concludere, Nicola Sbisà, sulle pagine della “Gazzetta del Mezzogiorno”, nel giorno della scomparsa dell’imprenditore salentino fra l’altro scrisse: «Quando nell’azienda entrò il figlio di Piero e Lisetta, appunto Salvatore Leone de Castris, l’impresa pur solida ed efficiente ebbe un ulteriore definitivo scatto. Personaggio che alle qualità intuitive dell’avo (papà Piero, ndr.) univa anche un’apertura mentale al passo con i tempi».

Rosario Faggiano
© Riproduzione riservata

Foto in alto: Salvatore Leone de Castris. Sotto: Piernicola, Piero e Salvatore Leone de Castris