Rubrica - 04 Apr 2021

Pit stop dell’anima

“Pausa” di riflessione sulla Parola a cura di don Carmine Canoci


Spazio Aperto Salento

Dalla liturgia di domenica 4 aprile 2021

PASQUA DI RESURREZIONE

Dal vangelo secondo Giovanni  20, 1-9

Il primo giorno della settimana, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di mattino, quando era ancora buio, e vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro.

Corse allora e andò da Simon Pietro e dall’altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: «Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto!».

Pietro allora uscì insieme all’altro discepolo e si recarono al sepolcro. Correvano insieme tutti e due, ma l’altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. Si chinò, vide i teli posati là, ma non entrò.

Giunse intanto anche Simon Pietro, che lo seguiva, ed entrò nel sepolcro e osservò i teli posati là, e il sudario – che era stato sul suo capo – non posato là con i teli, ma avvolto in un luogo a parte. Allora entrò anche l’altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette. Infatti non avevano ancora compreso la Scrittura, che cioè egli doveva risorgere dai morti.

*   *   *   *   *

Con «Fare Pasqua» o, da noi più in voga, «Fare il precetto pasquale» cosa si vuol dire?

In passato, anche recente, significava andarsi a confessare e fare la Comunione, così come previsto, ancora oggi, dal  Catechismo della Chiesa Cattolica:

– «Confessare i propri peccati almeno una volta all’anno».
– «Ricevere il sacramento dell’eucaristia almeno a Pasqua».

In pratica, da molti uomini era considerato quasi un mettersi in regola con Dio, pagando una specie di pedaggio religioso annuale. Poi non ci si pensava più.

Per alcuni di questi era come togliersi un dente. La preparazione avveniva in casa, con un bombardamento intenso da parte della moglie che martellava il marito recalcitrante e sfuggente con una serie di insistenti: “Bada che devi andare a farti il precetto!”. Secondo voi chi l’avrebbe spuntata?…

Dopo ripetuti attacchi, la moglie finiva per fiaccare la resistenza del marito, anche quello più renitente. Poi, giunti in chiesa, specialmente ai più ‘imbarazzati’, quasi elefanti in un negozio di lampadari, ci pensava il prete a cavare fuori i peccati, senza bisogno che aprissero la bocca. Li conosceva troppo bene…

Per i ragazzi e gli adolescenti, invece, era la scuola che si onorava (!!) di far fare il precetto pasquale, con la scontata e interessata compiacenza (non certamente di carattere religioso) della maggior parte dei docenti.

Inutile dire che, in quella maniera, era un modo troppo burocratico e riduttivo, (offensivo) di fare Pasqua. E, infatti, non si fa più così ma, purtroppo, quasi per niente anche in altri modi. Perché? Dove sta il problema?

Il mantra più tentacolare che oggi, giorno di Pasqua, è diffuso da tutti i pulpiti e amboni delle chiese, addirittura se avessero voce, anche le campane lo diffonderebbero per l’aria, è:

Se Cristo non fosse risorto vano sarebbe il nostro credere, frase slogan di San Paolo.

Ecco qual è il problema: il nostro credere, la nostra fede. Pasqua è la consegna di una luce, la proposta di uscire fuori dal buio sempre opprimente per andare verso la luce che rasserena.

E non pensate che il mio dire sia di parte, perché la stessa cosa capita anche a chi si innamora; la stessa voglia di rasserenamento sta in qualsiasi scelta, anche la più banale, che l’uomo compie. Qualsiasi cosa fa o dice, la fa e la dice per stare meglio.

Molti invece pensano che dare credito alla fede sia da oscurantisti, dare credito a Cristo sia da perdenti. Il brand cristiano oggi, secondo alcuni, non ha mercato. Possibile che Cristo non sia credibile?

– Duemila anni di vecchio testamento, preparatorio agli altri duemila e passa del nuovo che è in atto e vedono Lui protagonista non dicono nulla?
– Si è imposto all’attenzione del mondo attraverso l’umiliante sconfitta della crocifissione, avendola anche predetta. Un semplice uomo non può vincere così.
– Il suo messaggio, umanamente parlando, è il più scomodo che si possa pensare. Eppure da duemila anni mette in subbuglio il mondo e gli uomini non riescono ad oscurarlo.
– Per tutti c’è una tomba. La tomba di Cristo è vuota.
– Un fantasma sarebbe stato più che dimenticato in duemila anni di storia, invece Cristo è vivo, più vivo che mai, perché Cristo è risorto!

Si è illuso Paolo di Tarso?
Si è illuso Francesco d’Assisi?
Si è illusa Madre Teresa?
Si è illuso Galileo Galilei rimasto fedele a Cristo, anche quando gli uomini di Cristo lo combattevano ingiustamente?
Si è illuso Alessandro Manzoni che cantava Cristo con tutta la sua anima?
Si è illuso Guglielmo Marconi che ha esclamato: «Sono fiero di credere in Cristo?».

Forse sono degli illusi, per stare ai giorni nostri, Albert Einstein, Susanna Tamaro, Giovanni Allevi e tanti tanti altri e altre?

No, riflettiamo! È più facile che ci illudiamo noi ad ostinarci nella nostra incredulità.

Cristo risorto dà alla vita un senso diverso, tutto nuovo, non un discendere ma un ascendere, non verso il buio, ma verso la luce. È per questo che, accolta tale verità e fatta propria, il credente, a buon diritto, afferma che ogni giorno è Pasqua, ogni giorno è un passaggio verso Dio. Nell’uomo continuamente muore qualcosa di vecchio per andare verso un nuovo destinato a non diventare più vecchio. Tutta la vita umana è un cammino, un passo verso il bene, un passo verso Dio.

Cari amici, hic stantibus rebus (= stando così le cose), per oggi, per domani, per dopodomani e per tutti i giorni, Buona Pasqua!

don carmine