Salento - 17 Set 2023

Barbarano, lungo la “Via dei Pellegrini” l’inaspettata bellezza di Leuca Piccola

Mirabili affreschi ed una preziosa sinòpia nella chiesetta di Santa Maria di Leuca del Belvedere. E nei sotterranei scavati nella roccia, le cuccette per il riposo dei viandanti ed i pozzi collegati alle Vore


Spazio Aperto Salento

Da sola vale una gita di mezza giornata almeno! Leuca Piccola non è la marina dell’omonima e rinomata stazione balneare sul cui Lungomare affacciano alcune fra le Ville più belle di Puglia, e neppure una sua frazione. È, invece, alla periferia di Barbarano del Capo (questa sì, frazione, ma di Morciano di Leuca), un imponente complesso storico-monumentale innalzato fra il 1685 ed il 1710, un tempo riccamente frequentato dai Pellegrini che, provenienti da ogni angolo d’Italia e d’Europa, erano diretti al Santuario “De Finibus Terrae” di Santa Maria di Leuca (Leuca Grande), primo passo per accedere al Paradiso ed ideale ponte di collegamento con la Terra Santa di Gerusalemme. 

MIRABILE BELLEZZA

Immerso nella quiete della campagna mediterranea dove ancora resistono i pochi olivi risparmiati dal morbo della Xylella, il complesso architettonico si staglia all’improvviso davanti agli occhi dell’automobilista diretto, sullo Jonio, al mare di Torre Vado. La visione è così folgorante, che rallentare la corsa è inevitabile. Anche perché, per abbracciarne tutta la bellezza, bisogna guardare da una parte e dall’altra della carreggiata che, di fatto, la divide in due, dal giorno in cui venne adottata la scelta a dir poco discutibile, di sacrificare tre delle dieci arcate murali che chiudevano l’area. Introdotta dalle sobrie architetture d’un vetusto Pozzo, da un lato s’erge la chiesetta di Santa Maria di Leuca del Belvedere, ed a ridosso, l’imponente porticato in stile neoclassico a tre arcate, sostenute da pilastri e colonne doriche, dall’altro, all’ombra d’un antico muro inframmezzato dai sette archi rimasti, lo spazio che, segnato da un austero portale, era dedicato al Mercato ed ai magazzini per il ricovero degli animali.

Al centro della piazzetta sulla quale affaccia il luogo di culto, sul cui ingresso campeggia il leone rampante, stemma araldico dei Baroni Capece di Barbarano (a un religioso, don Annibale, si devono la Chiesa e tutto il resto), l’aria che si respira è pregna di spiritualità. La stessa che devono aver respirato i Pellegrini, durante la sosta ed il ristoro, prima di riprendere il cammino alla volta della vicina Leuca, e del suo agognato Santuario, lambendo le Vore (di Barbarano), le due voragini profonde 35 e 25 metri che, stando alla leggenda, si sarebbero aperte per inghiottire i Turchi prima ed i Corsari algerini dopo. A dare anzi credito alle cronache dell’epoca, alla vista dell’odierna Leuca Piccola, tanto fulgide e maestose erano le sue costruzioni, molti di loro stimavano di aver concluso il viaggio, la cui vera mèta, al termine della “Via dei Pellegrini”, era invece distante ancora qualche chilometro.

LA CHIESA ED I SOTTERRANEI

Al di là del cancelletto, la prima veduta dell’interno di Santa Maria del Belvedere, è di un quadro raffigurante una “moderna” Madonna col bambino, dietro il quale si nasconde una sinòpia, un disegno preparatorio, questo sì, datato e di ben altra fattura, di un affresco della Vergine. Poca cosa, la “moderna” Madonna, che stride con l’ambiente che la ospita, fatto dei mirabili affreschi sulle pareti e sulla volta, anche della piccola Sagrestia (ove spiccano una pila per le abluzioni sacre e due confessionali scavati nella roccia), raffiguranti Santi latini e greci: dai quattro Evangelisti (Giovanni, Luca, Marco e Matteo), alla sacra schiera composta da Barbara, Francesco da Paola, Gennaro con l’ampolla, Lazzaro, Leonardo con  le catene, Lucia, Marina, Oronzo e Pasquale de Baylon, più altri due irriconoscibili, ma verosimilmente, Vescovi delle Diocesi di Alessano ed Ugento.

Ma il vero… tesoro, è di sotto. All’ombra di un rigoglioso carrubo, vi si accede da una ripida scala laterale, al cui termine s’aprono i sotterranei, costituiti da una grande grotta scavata da mani umane, in un angolo della quale ed al termine di un lungo corridoio, sono tre Pozzi le cui acque cristalline collegate alle Vore, nei secoli hanno dissetato i Pellegrini. E da mani umane, lungo i muri, sono scavate le nicchie a forma di cuccetta, nelle quali gli ospiti s’adagiavano per il riposo notturno. Gli ingressi di scala e grotta, erano chiusi da grosse sbarre di ferro, e grazie ad esse, oltre al riposo, i Pellegrini potevano contare sul riparo dalle scorribande dei Saraceni. Giusto come avveniva, durante le altre ore della giornata, quando, scattato l’allarme, si rifugiavano in Chiesa, dove salendo i trenta gradini di un’angusta scala, trovavano rifugio nell’ampio piano superiore.

IL MISTERO DELLE 10 P

Due lapidi sulle colonne doriche dell’antico porticato e sul pronao della Chiesa, una lastra di pietra, assai recente, su di un muro, un’altra lapide sull’edifico che ospitava la Locanda, nella quale contadini, allevatori e pescatori, portavano i prodotti destinati a sfamare i viandanti. Anche se di solo contorno, tutte assieme costituiscono uno degli elementi caratterizzanti del complesso storico-monumentale di Leuca Piccola. Le prime due, esortavano i fedeli a pregare per la Vergine ed a fermarsi per il ristoro. Sulla seconda, datata aprile 1709, impressa con lettere maiuscole ed usando la V romana al posto dell’odierna U, così si legge: “Ferma il piè passagier, non dar piv’ passo, che qvi ritrovi commode rimesse. D. Annibale Capece, il qval ci eresse, le destinò per forastieri un spasso”. E sulla più recente: “Nata per servire i devoti della Madre di Dio col tempo son servita anche da fienile… Dal 17 IX 1988 l’amministrazione comunale e la fede del popolo di Barbarano mi hanno ridato gioia e bellezza per servire Santa Maria di Leuca del Belvedere”.

Ma la più affascinante e per certi versi misteriosa, è la lastra, riproduzione dell’originale andata perduta, sulla quale sono incise 10 lettere P. Che declinate, formano il proverbio simbolo di saggezza tramandato di generazione in generazione: “parole poco pensate portano pena perciò prima pensare poi parlare”. Si tratta della regola forgiata nella Grecia Antica, sulla scia d’un fatto di cronaca: l’uccisione d’un ateniese da parte d’un guerriero, da quello gravemente offeso. L’adagio è lo stesso, che nei secoli, la tradizione popolare ha ritoccato nel più noto “prima pensa poi parla perché parole poco pensate portano pena”, anch’esso simbolo di saggezza ma pure di monito. Nel caso dei viandanti che si fermavano nella Locanda di Leuca Piccola, anche a non alzare troppo il gomito, bevendo il buon vino che già allora si produceva nell’antica Terra d’Otranto.

Toti Bellone
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Foto in alto: il muro ad arcate delimitata la “piazza” del mercato (© T.B.)

 

 

Il porticato in stile neoclassico introduce la chiesetta (© T.B.)

L’ingresso di Santa Maria di Leuca del Belvedere (© T.B.)

L’affresco raffigurante sant’Oronzo (© T.B.)

Gli affreschi di San Francesco da Paola (a sx) e di San Leonardo (© T.B.)

Il vano dove nascondersi per sfuggire a saraceni e pirati (© T.B.)

L’area dei magazzini e dei ricoveri per gli animali (© T.B.)

L’ingresso della caverna sotterranea (© T.B.)

Il lungo corridoio scavato nella roccia (© T.B.) 

Una delle cellette in cui i Pellegrini trascorrevano la notte (© T.B.)

La lastra con le 10 “P” (© T.B.)