Salento - 24 Dic 2023

Lecce, tour fra gli orologi elettrici del vescovo-scienziato Giuseppe Candido

Nel Campanile di San Francesco della Scarpa, oltre ad uno dei sofisticati ingranaggi, i disegni inediti lasciati dal passaggio dell’uomo


Spazio Aperto Salento

Fra chiese barocche e vicoli dove i gerani fioriscono anche in inverno, a Lecce, che del barocco è una delle Capitali mondiali, c’è un itinerario allo stesso tempo turistico e culturale, che per tre quarti del percorso, si può fare solo guardando in alto. Ad un’altezza di almeno dieci metri, giacché così in alto, si trovano gli oggetti da ammirare. Tutti meno uno, trasferito all’interno del Sedile di piazza sant’Oronzo.

GLI OROLOGI DEL VESCOVO

L’inedito ed originale itinerario, è fatto di orologi. Sì, i quattro, grandi orologi, che a proprie spese, il presbitero di formazione gesuita, pittore, fotografo, matematico e fisico col pallino delle invenzioni, Giuseppe Candido, nato proprio a Lecce nel 1837, in una bella casa di via Regina Isabella dove una targa lo ricorda, costruì con l’intimo obiettivo di fornire un utile servizio pubblico e di abbellire altrettante facciate di storici edifici cittadini. Forse perché primi in Italia e fra i primi in Europa, l’idea degli orologi di monsignore, innovativi perché elettrici, piacque ai rappresentanti delle Istituzioni dell’epoca, la fine della metà dell’Ottocento, ed il desiderio di don Pippi, come il religioso-scienziato veniva affettuosamente chiamato dai leccesi, venne esaudito.

Nel 1868, le quattro invenzioni  vennero installate vicino a Porta Rudiae, sul portone dell’ospedale dello Spirito Santo, oggi sede della Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio; alla sommità del Chiostro dell’attuale sede di Prefettura e Provincia, in passato complesso monastico dei Padri Celestini; sul timpano del propileo dell’allora Liceo Convitto Palmieri, oggi sede del Polo biblio-museale, e sulla facciata gotico-rinascimentale del Sedile, appunto, che fu Palazzo del Seggio e poi Municipio, eretto nel 1592 per volere del doge di Venezia, Pietro Mocenigo.

Per quasi un secolo, con annessa suoneria, in sincronia perfetta, gli orologi di Candido scandirono le ore del capoluogo dell’antica Terra d’Otranto. La loro fortuna si deve al fatto che, a differenza di tutti gli altri, fossero finalmente affrancati dalla ricarica manuale. Alimentato da una pila a diaframma regolatore, la stessa che nel 1867, a monsignore valse la menzione d’onore all’esposizione Universale di Parigi, il complicatissimo ingranaggio montato nel Sedile, li comandava all’unisono per mezzo di un motore a pendolo elettromagnetico, che a sua volta azionava pure, sempre elettricamente, le quattro suonerie.

GLI OROLOGI OGGI

Per la gioia dei leccesi e dei pochi turisti del tempo, gli orologi di Candido, nel 1881 vescovo di Lampsaco, e dal 1888 di Ischia dove morì nel 1906 e venne sepolto nel Duomo, restarono in funzione sino al 1937. Il passare del tempo ha deteriorato gli ingranaggi ed opacizzato i vetri dietro i quali erano e sono le lancette, e nonostante qualche tentativo di riportarli in vita, sono caduti nel dimenticatoio.

Naso all’insù, una passeggiata da Porta Rudiae all’ex Convitto, passando per Prefettura e Sedile, consente di poterli ancora ammirare, e nel caso di quello sistemato nell’elegante edificio di piazza sant’Oronzo, di vedere da vicino quadrante ed ingranaggio. L’impatto con l’invenzione che viaggia verso i due secoli di vita, è sorprendente. Per la grandezza del quadrante, i cui numeri, romani, spiccano sul fondo bianco, ma soprattutto per la complessità del marchingegno, fatto di tubi, tubicini, rondelle, dadi, pulegge e raggiere di dimensioni grandi, medie e piccole.

Più piccoli, ma con le stesse caratteristiche, sono i quadranti e gli ingranaggi dei tre orologi-satellite, a suo tempo collegati con quello “madre” del Sedile, attraverso un serpente di fili, ovviamente elettrici, qua e là poggiati su mensole, su muri e facciate di palazzi.

Se i rotondi quadranti sono visibili solo dall’esterno puntando lo sguardo in su, e nel caso del Sedile, ingranaggio compreso, da assai vicino, in tema di congegni, lo stesso non può dirsi per gli altri tre. Quello della Prefettura è rinchiuso in uno stanzino al momento inaccessibile, mentre l’altro dell’ex Ospedale, siamo riusciti a vederlo solo in una delle rare foto in circolazione. Grazie alla disponibilità del funzionario dell’ufficio patrimonio della Provincia, Realino Cirielli, quello dell’ex Convitto siamo invece riusciti a vederlo, e va subito detto, che necessita di restauri. Per raggiungere il luogo in cui si trova, alla sommità del Campanile a forma quadrata dell’attigua chiesa di san Francesco della Scarpa, abbiamo scalato i più di 100 ripidi scalini dell’angusto camminamento, intervallato, a metà percorso, da una grande campana in bronzo.

LA TORRE DI SAN FRANCESCO DELLA SCARPA

Lo sforzo è valso per intero, anche perché, giunti alla meta, i tesori nascosti dall’impossibilità di visitare il Campanile, mai aperto al pubblico, sono diventati due. Oltre all’ingranaggio, che come una sentinella pare guardare al di là dei quattro affacci sul vuoto, la sommità della Torre dalla quale si gode il panorama della città antica e di parte della nuova sino ai grattacieli del rione Santa Rosa, contiene alcune interessanti testimonianze dell’opera e delle frequentazioni umane.

Gli inediti disegni conservati nella Torre quadrata di San Francesco della Scarpa

 Sui muri sono una figura d’uomo col cappello in testa al quale, per farlo somigliare a un fez, è stato aggiunto un ciuffo; un fascio littorio, e sopra la data 1936 e la firma di un Oreste, i disegni di due aerei in picchiata. Probabilmente dello stesso tipo di quelli che un mitragliatore montato sui supporti ancora esistenti sul terrazzino del medesimo Campanile, era pronto ad abbattere in caso di attacchi nemici dal cielo. Che per fortuna, nonostante le sirene li abbiano più volte annunciati, durante la guerra, a Lecce mai si verificarono.

Toti Bellone
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Foto in alto: L’orologio dell’ospedale dello Spirito Santo (© T.B.)

 

L’orologio del Palazzo della Prefettura (© T.B.)

L’orologio del Convitto Palmieri (© T.B.)

L’orologio della Soprintendenza in una delle rare immagini riprese dal retro (© T.B.)

L’orologio del Sedile col suo ingranaggio (© T.B.)

L’ingranaggio custodito nel Campanile di San Francesco della Scarpa (© T.B.)

La targa commemorativa del centenario dalla nascita (© T.B.)