Salento - 27 Feb 2024

Tricase, nella Cripta di Sant’Eufemia del Gonfalone i preziosi affreschi bizantini

Costruita nel IX secolo, fu monastero basiliano legato all’Abbazia di Santa Maria del Mito, e poi fattoria-convento. Da secoli, ogni 22 di agosto, si tiene un’importante fiera-mercato


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Nel Capo di Leuca, lungo la strada che collega Alessano a Tricase, poco oltre la carreggiata, spicca un complesso architettonico, che oltre alla bellezza degli antichi manufatti esterni circondati da lastricato e panchine in pietra, all’interno cela un tesoro d’arte costituito da pregevoli affreschi murari, buona parte dei quali d’epoca bizantina.

LA CRIPTA DEL GONFALONE

Discesi pochi gradini e subito folgorati dall’affresco del XIII secolo di Cristo Pantocratore con alle spalle una Croce, s’apre un ampio ambiente ipogeo, in un angolo del quale è un altare barocco balaustrato, con al centro il brillante dipinto d’una Vergine col Bambin Gesù, contornato da motivi vegetali di gusto seicentesco. Siamo nella Cripta della chiesa rupestre detta del Gonfalone di Sant’Eufemia di Calcedonia, la santa venerata soprattutto in Grecia.

Per via delle 19 colonne ottagonali che reggono il soffitto ornato di stelle ad otto punte alto poco più di due metri, pare d’essere nella più famosa e ben più estesa Cripta della Cattedrale di Otranto, dove le colonne marmoree sormontate da artistici capitelli, sono più del doppio, esattamente 42.

A differenza della Cripta otrantina, questa del Gonfalone, nota anche come Madonna del Gonfalone, è ricca di affreschi a soggetto religioso, che più dell’altra, le conferiscono un’aura di sacralità. Su due strati di pittura, lungo l’intero perimetro a forma quadrata, i più antichi sono datati XIII secolo, mentre gli altri risalgono al Cinquecento. Ecco, via via, una folgorante Dormitio Verginis sullo sfondo d’un pavimento a scacchiera; una Crocifissione del XVI secolo con la Vergine e San Giovanni Evangelista; le Sante Lucia e Barbara; San Giacomo vescovo di Gerusalemme; Hieroteus vescovo di Atene; San Pietro Papa con la tiara sul capo. Ed ancora: Cristo che sale al Calvario; Santa Maria Maddalena; San Paolo; morte di San Bonaventura, ed in una nicchia, una scena della Passione.

Quale che sia la parte dalla quale si volge il capo, un tripudio di bellezza e di colori tenui: dal rosso pompeiano al dorato, dal bianco all’azzurro. Un vero tesoro d’arte, da tutelare e conservare.

LE ORIGINI

Scavata nel banco tufaceo fra il IX e l’XI secolo, Sant’Eufemia era parte d’una “laura”, un monastero abitato dai monaci basiliani in fuga dalle persecuzioni religiose dell’epoca, poi trasformato in una “grancia”, vale a dire, una fattoria-convento alle dipendenze, così come si evince da un documento del 1615 conservato nell’archivio vescovile di Ugento (“habet amexa ecclesia de S.ta Maria de Confalone”), della vicina Abbazia di Santa Maria del Mito, della quale oggi sopravvivono purtroppo solo pochi ed abbandonati resti.

Così come si presenta oggi, col leggiadro Campanile a forma di vela di più recente costruzione, la Cripta è quanto resta dell’antico monastero, attorno al quale si teneva ed ancora si tiene, ogni 22 di agosto, una grande fiera-mercato. Ma la presenza, nella campagna circostante, di carraie e tombe, anch’esse scavate nel banco tufaceo, lascia intendere, che tutto attorno, doveva sorgere più di una costruzione, a cominciare dalle celle dove dormivano i monaci.

MISTERI E MAGIA

Uno all’interno ed altri all’esterno della magnifica Cripta, esistono accenni di misteriosi cunicoli, che a loro volta, lasciano intendere collegamenti con altri insediamenti del territorio comunale di Tricase, di cui sino al 1992, Sant’Eufemia era, al pari di Lucugnano e Depressa che continuano ad esserlo, frazione. La tradizione orale e qualche antico documento, li vogliono collegati, quasi certamente per consentire la fuga in caso di scorribande dei pirati saraceni, proprio con l’Abbazia della Madonna di Santa Maria del Mito, e persino con un’altra importante Abbazia andata quasi completamente persa, quella di San Nicola di Casole vicino ad Otranto. Ma per dare concretezza a tali ipotesi, nessuno scavo, tantomeno sistematico, è stato mai anche soltanto pensato.

Ad ammantare, inoltre, di magia la chiesa ipogea, è la conta del numero delle colonne che la reggono, e che nei decenni, anche a seguito dei numerosi furti, sono state rimaneggiate. Il conteggio del numero di quante effettivamente sono, 19, se più volte ripetuto, non risulta mai uguale. Giusto come con ancora maggior phatos, avviene contando le 42 dell’altrettanto magnifica Cripta della Cattedrale di Otranto.

Toti Bellone
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Foto in alto: Il manufatto col Campanile (© T.B.)

 

L’ingresso della Cripta (© T.B.)

Una veduta dell’interno (© T.B.)

L’altare balaustrato (© T.B.)

Primo piano di due delle 19 colonne  (© T.B.)

La Dormitio Virginis (© T.B.)

La delicata Vergine col Bambin Gesù (© T.B.)

Il dipinto di Santa Maria Maddalena (© T.B.)

L’affresco di Santa Barbara (© T.B.)

San Pietro con la tiara papale (© T.B.)

Luminarie nel giorno della Fiera (© T.B.)