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Turismo - 05 Feb 2021

“Salento magico”: menhir, dolmen, macàre e folletti

Leggende e vestigia del passato contribuiscono a rendere unica ed affascinate la Terra d’Otranto


Spazio Aperto Salento

Più di cento menhir, una ventina di dolmen ed una miriade di grandi pietre sacre. Sono gli antichissimi manufatti del “Salento magico”, quasi tutti disseminati a Sud di Lecce.

Assieme alle leggende su streghe e folletti, contribuiscono a rendere la Terra d’Otranto più interessante ed affascinante di quanto già sia, grazie alla bellezza dei suoi borghi e delle sue spiagge rocciose o di sabbia bianca e finissima, nonché delle vestigia del passato e dello splendore di mille fra monumenti e chiese.

LE MACÀRE

Streghe, strìe, striare, macàre: sono i nomi con cui sono conosciute quelle donne, per lo più anziane, vestite di stracci e sdentate, che nei secoli hanno agitato il sonno delle genti.

Uscivano di notte dai casolari sperduti nelle campagne più remote, per riunirsi attorno ai grandi alberi di noce, dove davano vita ai “sabba”, i convegni ai quali spesso interveniva il Diavolo in persona. Capaci di trasformarsi in maiali, gatti e persino serpenti, ma incapaci di piegarsi sulle ginocchia, tanto è vero che per impedirne l’ingresso le “pagghiare” hanno tutte le porte basse, erano temute da tutti, e contro chi per sventura o per semplice curiosità invadeva i luoghi da loro frequentati, lanciavano le macarìe foriere di sventure e incidenti.

Allo stesso tempo, ad esse si rivolgeva chi aveva problemi di amore, dalla gelosia all’infedeltà, ma anche di salute. Per tutti c’erano le “fatture”, che consistevano in intrugli con l’aggiunta di capelli, unghie ed oggetti vari, in grado di risolvere i problemi e di sconfiggere il “malocchio”, cioè la sfortuna.

Ancora oggi, di notte nelle loro case, i più anziani giurano di udire canti e sguaiate risate provenire dalle campagne attorno ai paesi.

IL NOCE DEL MULINO A VENTO

Il noce più conosciuto si trovava nell’area di Uggiano la Chiesa, l’antica Ojano o Osciano, che in epoca moderna divenne Uggiano Ecclesiae. Era il noce detto del multino a vento. Una leggenda narra che ai “sabba” che si svolgevano alla sua ombra, partecipava la moglie di un oste.

Una notte, l’uomo era alle prese con molti più clienti del solito, quasi tutti contadini e pastori, e per farsi aiutare, decise di richiamare all’ordine la moglie. Per farla tornare in sé dal torpore nel quale era caduta mentre cantava e danzava con le altre streghe, sbagliò però la formula magica, e si ritrovò appeso al ramo più alto. Anziché “sutta (sotto) all’acqua e sutta allu jentu, sutta allu  nuce te lu mulinu a jentu”, disse infatti “susu” (sopra). A salvarlo da morte sicura fu la stessa strega, che concluso il convegno satanico, recitò a sua volta, ma correttamente, la formula magica.

Da quella notte, il luogo del noce del mulino a vento, che pare si trovasse nei pressi di un frantoio ipogeo, restò segreto, e nessuno più incorse in “malocchi”, sfortune ed incidenti.

Secondo un’altra leggenda, attorno ai “massi della vecchia” di Giuggianello, un cumulo di pietre ritenute sacre,  con l’aiuto di un vecchio orco (“lu Nanni orco” delle favole raccontate ai bambini per farli addormentare senza fare capricci), le streghe si divertivano a far saltare sino allo sfinimento chi si trovava faccia a faccia con loro, mentre cantavano come in una litanìa: “zumpa zumpa pisara cu la camisa te notte”.

Ma a volte si spingevano ben oltre, tanto da trasformare in roccia (le pietre sacre?) chi non sapeva rispondere alle loro strampalate domande. Allettati dal premio di una gallina dalle uova d’oro, senza sapere che la risposta esatta non esisteva, i malcapitati si sforzavano di rispondere in modo giusto, recitando al contempo: “se scappu te stu chiappu, nu nci essu chiui te notte”.

I FOLLETTI

Nel capoluogo e paesi vicini è “lu laurieddru”; nel Capo di Leuca “lu scazzamurieddru”; altrove “lu monacellu” o “l’urulu”. Ed ancora, nel Brindisino “l’uru” o, come lo nomina l’indimenticato Domenico Modugno in una canzone del 1954, “lu scarcagnulu”, e nella provincia di Taranto, “avurie”, “aure” o “laure”.

Per tutti è un folletto vivace e dispettoso, che di notte saltella sul petto dei dormienti, agitando sì il loro sonno, ma senza la paura suscitava dalle streghe. Il folletto, alto quanto un bambino di tre anni ma dalle sembianze di un vecchio peloso con in testa un berretto di colore rosso, non è infatti malvagio, ed è anzi considerato il protettore delle fanciulle. Per ingraziarselo nella speranza di ricevere in sogno il nascondiglio di una pentola colma di monete d’oro, in una scarpa lasciata accanto al letto, per farlo giocare, il dormiente depone una manciata di sassolini.

DOLMEN, MENHIR E SPECCHIE

Se non proprio ai riti magici, i dolmen (tavole di pietra larga), i menhir o pietrefitte (blocchi di pietra verticali) e le specchie (grandi sassi accatastati) sparsi nel Salento, sono legati ai riti pagani. Luoghi di culto utilizzati come tombe, anche collettive e riutilizzabili, sono monumenti megalitici risalenti all’incirca all’età della pietra o del bronzo.

A guardarli, ricordano il grande complesso di Stonehenge, nell’Inghilterra meridionale, che è però ritenuto un osservatorio astronomico, molto caro alle popolazioni celtiche che abitavano quella regione del Nord d’Europa.

I nostri dolmen e menhir e le nostre specchie, oggi sono luoghi di interesse turistico, e mèta, nei giorni di Pasqua, di processioni formate da uomini, donne e bambini, che recano in mano ramoscelli di olivo.

Con ben 25 (18 menhir e 7 dolmen), la loro più alta concentrazione si trova nel territorio comunale di Giurdignano, dove è stato creato il cosiddetto “giardino megalitico d’Europa”.

Il menhir più alto di Puglia (4 metri e 70 centimetri), è il Totaro o Del Teofilo (IX-VII secolo avanti Cristo) di Martano; il primo dolmen scoperto in Puglia, nel 1879, è Li Scusi di Minervino, che con i suoi otto massi è anche il più grande in provincia di Lecce, ed unici casi in Italia, a Giurdignano ed a Carpignano si trovano i dolmen gemelli Grassi e Caroppo 1 e Caroppo 2.

Toti Bellone

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Nella foto in alto: Salento, uno dei luoghi ritenuti “magici”

 

Minervino di Lecce, il dolmen “Li scusi”

Giurdignano, il dolmen “Gravace”

Martano, il menhir “Del Teofilo”

Giurdignano, il menhir “Vicinanze Uno”

Giurdignano, il menhir “Vicinanze Due”

Un cumulo di “specchie”, pietre sacre del Salento

Giuggianello, un altro cumulo di “specchie”

 

MENHIR visitabili in provincia di Lecce (118)

ALLISTE: Terenzano e Ninfeo a Felline
BAGNOLO: senza nome
BOTRUGNO: Montebianco
CAMPI: Candido, Sperti
CANNOLE: Santu Lasi
CARPIGNANO: Grassi, Staurotomacea e Croce di Maruggio a Serrano
CASTRI’:  Luce, Croce
CASTRIGNANO: Mensia a Giuliano, San Giovanni a Salignano
CAVALLINO: Ussano
CURSI: Croce di Bagnolo, Croce alle tajate
DISO: Vardare
GAGLIANO: Spirito Santo e se nza nome ad Arigliano
GALATONE: Croce, Coppola
GIUGGIANELLO: Polisano, Puzzone, Massi della vecchia, 4 macine o Croce caduta
GIURDIGNANO: Fausa, Madonna di Costantinopoli, Monte Tangolo, Palanzano, San Paolo, San Vincenzo, Vicinanze 1 e 2, Pastoria, più altri numerati da 9 a 17
LECCE: Della Cava, Basciucco 1 e 2, Podere 30 tutti a Frigole
LEQUILE: Aja della Corte
LIZZANELLO: Tafagnano a Merine
MAGLIE: Calamauri, Croce muzza, Spruno, San Rocco
MARTANO: Del Teofilo o Totaro (più alto di Puglia), Sant’Antonio, Spirito Santo, Immacolata, senza nome
MELENDUGNO: Sucarlei, Colaresta
MELISSANO: Civo
MELPIGNANO: Lama, Minonna, Candelora, Masseria Piccinna, Scinèo
MINERVINO: Monticelli, Croce, Puzzilonghi, Urpinata a Cocumola, senza nome a Specchia Gallone
MORCIANO: Madonna di Costantinopoli
MURO: Croce di Sant’Antonio, Giallini, Miggiano, Trice, Crocefisso
NOVOLI: Pietra grossa
OTRANTO: Vela
PALMARIGGI: Montevergine
POGGIARDO: Vaste
RACALE: Paramonte
RUFFANO: Manfio, Bufalelle, N.3, N.4
SAN DONATO: Curtivecchi, Lete, San Nicola, senza nome a Galugnano
SANTA CESAREA: senza nome a Vitigliano
SCORRANO: Cupa 1 e 2
SOGLIANO: Pilamuzza
SOLETO: Osanna
SPONGANO: Osanna
SUPERSANO: Coelimanna, Rimembranze, Sombrino, senza nome N.1, N.2, N.3
TAURISANO: Saietti, Taviano, Crucicchio o Trapizzi
TRICASE: Vardasca a Tutino, Croce di principano a Depressa
TUGLIE: Monteprino, Nove Croci
UGENTO: La Croce, Visitazione, senza nome a Gemini
UGGIANO: San Giovanni, Malcantone
VEGLIE: Di Veglie, Petra ti la menza strata
VERNOLE: Materdomini a Pisignano

MENHIR scomparsi in provincia di Lecce (34)

ACQUARICA DI LECCE: Aja di Pietro più due senza nome
CANNOLE: Osanna
CARPIGNANO: Dell’Angelo, Stauriddi e Serrano nella frazione di Serrano
CASTRI’: Aja
CURSI: Chetta, Dell’Abbondanza
GAGLIANO DEL CAPO: Curinge, Trisciole
LIZZANELLO: senza nome nella frazione di Merine
MAGLIE: due senza nome nella frazione di Morigino
MIGGIANO: Ferreira
MURO LECCESE: San Pietro, senza nome
PATU’: senza nome
RUFFANO: Santa Teresa e Aja nella frazione di Torrepaduli
SAN CESARIO: Croce di Lecce
STERNATIA: Pilaccia, n. 1, n. 2, n. 3
TAURISANO: Santa Maria
TRICASE: Sant’Eufemia e Madonna del soccorso nella frazione di Caprarica
VERNOLE: Crocicchio nella frazionedi Acaya
ZOLLINO: Stazione, Sant’Anna, Pozzelle, senza nome

DOLMEN visitabili in provincia di Lecce (24)

CARPIGNANO: Chianca
CORIGLIANO: Caroppo I (con 4 stanze attigue) Caroppo II
GIUGGIANELLO: Ore, Massi della vecchia, Stabile
GIURDIGNANO: Chiancuse, Orfine, Peschio, Gravace, Grassi due gemelli unico in Italia
MAGLIE: Chianca, Grotta, Pino, Caramauli
MELENDUGNO: Placa, Gurgulante (con 7 blocchi)
MELISSANO: Civo
MINERVINO: Li Scusi (primo scoperto in Puglia 1879)
SPONGANO: Piedi Grandi
RACALE/Mancaversa: Ospina o Specchi
SALVE: Cosi
ZOLLINO: Pozzarelli

DOLMEN scomparsi in provincia di Lecce (2)

CASTRO: Sgarra
MAGLIE: Canale (distrutto nel 1986)

 

N.B. – Gli elenchi pubblicati potrebbero non essere completi. Invitiamo pertanto chi fosse a conoscenza di altri Dolmen e Menhir visitabili oppure andati persi, di comunicarlo alla mail dell’autore: toti.bellone@gmail.com