Salice Salentino - 07 Gen 2021

Sui passi dell’Enciclica “Fratelli tutti”, l’esperienza del presepe-piazza

A Salice la strada per un nuovo cammino di rinascita è partita dall’originale mangiatoia


Spazio Aperto Salento

Un noto proverbio popolare, oggi, rimbalza sulla bocca di molti: “L’Epifania tutte le feste porta via” e, di conseguenza, distribuisce a piene mani tristezza e malinconia sul volto e nel cuore di tanti. Eppure, se ci fermiamo un attimo e riflettiamo su quanto abbiamo ascoltato in questi giorni, il motto di questa giornata e dei giorni a venire dovrebbe essere la gioia. Sì, perché la ricchezza di grazia che l’Incarnazione del Signore Gesù ha riversato in noi con il suo Natale, con l’Epifania raggiunge il suo apice. Gesù si manifesta, cioè si comunica al mondo perché tutti conoscano quanto Dio ci ama. Dove cercare allora un motivo di gioia più grande e più vera? Dove riuscire a trovare un altro Dio che “mentre lo cerchiamo, Lui si è fatto già trovare”? Allora, regola principale per noi cristiani è essere gioiosi. “Siate gioiosi! La gioia”, ci dice Papa Francesco, “deve essere la caratteristica della nostra fede, anche nei momenti bui. Più il Signore è vicino a noi, più siamo nella gioia; più lui è lontano, più siamo nella tristezza”.

Il Natale è passato da un po’ di giorni. Sicuramente, lo abbiamo vissuto in un modo davvero insolito, un po’ fuori dalle tradizioni, blindato e ancorato all’osservanza delle regole che l’emergenza Coronavirus ha imposto e continua ad imporre in questo periodo, ma è stato pur sempre un Natale foriero di gioia e speranza. La strada per un nuovo cammino di rinascita è partita proprio da quella grotta dove abbiamo deposto il Bambino Gesù. Sì, dal presepe, “quel segno mirabile che diventa Vangelo vivo lì dove si vive, nelle case, nelle scuole, nei luoghi di lavoro e di ritrovo, negli ospedali, nelle piazze. E lì dove viviamo ci ricorda una cosa essenziale: che Dio non è rimasto invisibile in cielo, ma è venuto sulla Terra, si è fatto uomo. Fare il presepe, quindi, è celebrare la vicinanza di Dio. Fare il presepe è riscoprire che Dio è reale, concreto, vivo” (Papa Francesco – Udienza Generale 18 dicembre 2019).

Questo è stato l’annuncio gioioso del Natale che è partito dalla comunità parrocchiale Santa Maria Assunta di Salice Salentino. Il parroco don Massimo Alemanno ha voluto che il cammino d’Avvento e la preparazione al Natale, con la tradizionale Novena mattutina, avesse come fulcro di riflessione l’Enciclica “Fratelli tutti” che Papa Francesco ha donato all’umanità il 4 ottobre scorso. Sì, davvero un grande dono da accogliere a piene mani. Riflettere sulla tenerezza, sull’importanza del fare memoria, sulla gentilezza, sulla fraternità, sulla libertà, sull’interculturalità, sulla pace, per riscoprirli come atteggiamenti che devono caratterizzare le nostre giornate, perché “non posso ridurre la mia vita alla relazione con un piccolo gruppo e nemmeno alla mia famiglia, perché è impossibile capire me stesso senza un tessuto più ampio di relazioni” (Fratelli Tutti n. 89). Le relazioni sane ed autentiche ci aprono agli altri che ci fanno crescere e ci arricchiscono. Per questo una comunità parrocchiale non può assolutamente limitarsi a servire i praticanti abituali, ma deve essere sempre più e meglio braccia, mani, piedi, mente e cuore di una Chiesa in uscita.

Ecco allora la scelta del parroco.  Tutti coloro che, in questi giorni, si sono recati in Chiesa Madre hanno trovato non il solito presepe, fatto di paesaggi, case, strade, statuine, ecc., ma una splendida riproduzione, curata nei minimi particolari, di piazza Plebiscito, la piazza principale del paese. La mangiatoia di Gesù Bambino collocata nell’agorà del paese.

Come già riportato nell’articolo Salice, il presepe-piazza della Chiesa Madre”, pubblicato su “Spazio aperto Salento” il 24 dicembre scorso, al di là della ricercatezza e dell’originalità dell’idea, della maestrìa e del lavoro certosino portato avanti da tempo, ad opera di volontari, operatori pastorali della parrocchia, c’è un messaggio chiaro, di forte pregnanza teologica e sociale, c’è la condivisione del sogno di Papa Francesco, della sua aspirazione mondiale alla fraternità. Per accogliere Gesù che nasce è necessario spogliarsi di ogni pregiudizio e critica e vestire gli abiti della cittadinanza universale. Siamo tutti abitanti di un unico villaggio e lo siamo da ospiti pellegrini e la piazza rappresenta il luogo ideale in cui tutti devono sentirsi come a casa propria e si impegnano a far sì che anche gli altri che arrivano si trovino a loro agio. Dove regna il rispetto reciproco, quando ci si prende cura dell’altro, si realizza uno scambio di doni culturali che sono ricchezza per tutti. “Perciò abbiamo bisogno di comunicare, di scoprire le ricchezze di ognuno, di valorizzare ciò che ci unisce e di guardare alle differenze come possibilità di crescita nel rispetto di tutti” (Fratelli tutti n. 134).

Il presepe-piazza diventa così il simbolo di una comunità aperta, piena di speranza, che vive il Vangelo tra la gente, si contagia con la passione delle relazioni, che crea vera fraternità e, nella diversità, genera comunione, uguaglianza, libertà. In una parola vive nella pace, consapevole che nessuno si salva da solo e che la salvezza che viene dal Natale o è per tutti o non è per nessuno.

Sogno o son desto?, direbbe qualcuno. No, no,  il futuro appartiene proprio a chi crede, a chi non cede alla paura, all’apatia,  alla rassegnazione, ma si impegna a mettere in atto quella rivoluzione interiore prima a livello personale e poi comunitario, nella consapevolezza che “nei dinamismi della storia, pur nelle diversità delle etnie, delle società e delle culture, vediamo seminata la vocazione a formare una comunità composta da fratelli che si accolgono reciprocamente, prendendosi cura gli uni degli altri (Fratelli tutti n. 96). È nostro dovere, dunque, vivere questa vocazione, alla luce della Parola del Vangelo che sempre sostiene, accompagna, incoraggia. Ci piace qui menzionare quel passo del Vangelo che dice così: “Se qualcuno poi non vi accoglierà e non darà ascolto alle vostre parole, uscite da quella casa o da quella città e scuotete la polvere dai vostri piedi”. Non accada mai che si dica questo della nostra piazza, del nostro paese, di noi stessi.

Coralba Rosato

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