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Arte contemporanea - 02 Ago 2023

“Cattedrali”, le opere di Gino De Rinaldis al Must di Lecce

L’esposizione comprende una selezione di ventinove pezzi. Può essere visitata fino al 10 agosto


Spazio Aperto Salento

«Dipingo sul retro, con un lavoro che richiede molta energia. Il ritmo della pennellata dipende molto dal mio stato d’animo, dal livello di concentrazione, che deve essere molto intenso. Devo essere rapidissimo. Non dipingo mai sul fronte della tela, sempre da dietro». È con queste parole che Gino De Rinaldis chiarisce l’esclusiva procedura artistica delle sue opere. Cattedrali è il titolo della personale allestita nello spazio Off Gallery del Must di Lecce con cui De Rinaldis interrompe la lunga fase di inattività espositiva durata circa cinque anni, ma pur sempre fruttuosi per la sua produzione artistica che, instancabilmente, insegue mosso dal bisogno quasi “ossessivo” – lo definisce – di creare e sperimentare.

Lontana da quelle mostre un po’ “campagne pubblicitarie” messe in atto da critici-agenti per rilanciare nel mainstream l’immagine di un artista contemporaneo dopo un prolungato silenzio, Cattedrali si presenta, al contrario, come un progetto espositivo evidentemente più temperato ma indubbiamente più sincero che auspica, dopo una prima tappa presso il museo leccese, ad essere riproposto in più sedi culturali salentine e non. Riportando le parole del curatore Massimo Guastella, si potrebbe scrivere che Gino De Rinaldis «conduce due carriere», indubbiamente una personalità complessa in cui convivono, non sempre nella più totale armonia, fidato medico curante e ambizioso artista. Arte e scienza, un binomio senz’altro noto alla storia dell’arte, si pensi al celebre caso di Alberto Burri. Svariati sarebbero da elencare i nomi di artisti contemporanei che si sono confrontati con l’arte visiva dopo una formazione di altro genere.

La capacità di distinguersi in settori differenti rientrerebbe nella parola eclettismo, qualità storicamente riconosciuta, che risuona talvolta essere quasi un demerito nella contemporaneità, una dimensione propria degli “artisti per diletto” nel confronto con gli “artisti di professione”: a mio avviso una questione di nessuna rilevanza. Eco che ha interessato anche lo stesso De Rinaldis non sempre valorizzato dagli addetti al settore, nonostante la sua consolidata carriera che con risolutezza e una discreta fortuna critica coltiva da oltre quarant’anni.

La mostra al Must, visitabile fino al 10 agosto, presenta la produzione matura esito di sperimentazioni avviate negli anni Novanta con le “essudazioni”. L’artista interviene sulla tela grezza dipingendone energicamente il retro, procedimento che gli consente solo in parte il controllo sul processo creativo, a cui si somma la casualità con cui il colore attraversa il supporto. Un procedimento al di là delle tradizionali tecniche con cui De Rinaldis eleva il gesto a espressione artistica, che assume valore semantico tanto complesso quanto rapido (data la velocità con cui l’olio si rapprende) che non concede errori, «ogni gesto è irripetibile. Eseguo molte prove di colore prima di iniziare a dipingere» racconta.

Distinto da un irrefrenabile desiderio di fare, nei primi decenni del nuovo secolo giunge alle “sfilature” e sino ad un linguaggio tanto inedito quanto personale, che possiamo considerare sua cifra stilistica. Con minuzia quasi “chirurgica”, che rende evidente la propensione alla continua ricerca, detesse la superficie e interagisce con essa, stabilendo un rapporto intimo, in cui la materia cessa di essere mero mezzo passivo e vive. Successivamente, applica la juta su un supporto nero che si potrebbe considerare eredità di quel buio spazio infinito ricercato da Fontana. Per mezzo della «sfilatura la pittura perde il suo ubi consistam. Attraverso la perdita, la sottrazione, la decostruzione si arriva a una situazione diversa» un’azione decisiva, che determina l’intera opera e che impegna, anche per diversi mesi, l’artista in lunghi studi e progetti. Elemento illuminante, indice di un’esistenza quasi tormentata dall’assidua ricerca della perfezione e che incide sulla quantità – e mai sulla qualità – delle sue opere.

In mostra, una scrupolosa selezione di ventinove pezzi dedicati alle cattedrali. Tema caro all’artista che, nell’estate del 2019 ha «abitato la cattedrale» di Otranto, soggetto del video Mezz’ombra, recuperato nelle tele datate 2021 dal titolo Cattedrale (sacrificium). Tra le opere esposte, si distingue Cattedrale (sacrificium, II) l’unica in cui si riconosce una morfologia quasi umana che rimanda agli 813 martiri di Otranto.

A metà strada tra il figurativo e l’astratto, i lavori evocano i profili geometrici delle cattedrali ora romaniche ora goticheggianti e dilatate verso l’alto, o rinviano a caratteristiche architettoniche insite nella memoria collettiva quali bifore e rosoni, alcuni caratterizzati da un singolare effetto craquele proprio della lavorazione della ceramica. Non mancano riferimenti ai maestri del Quattrocento italiano, nella sagoma acuminata su sfondo tenue della Cattedrale di Pietro II, si coglie il riferimento alla tenda dell’imperatore Costantino che Piero della Francesca ritrae addormentato, vegliato dalle sue guardie.

Nelle cospicue varianti allestite, l’artista suggerisce all’osservatore le suggestioni percepite battezzando i suoi lavori: Cattedrale (silenzio), Cattedrale sommersa, Cattedrale (lux), Cattedrale (notturno) per citarne alcuni; nondimeno «il senso profondo delle Cattedrali di Gino De Rinaldis, invero, non sta nell’icona e, perciò, il contenuto va individuato nella forma» si legge nel volume dedicato al tema edito per i tipi di Mario Congedo di Galatina.

Non si può fare a meno di notare la tendenza della sfilatura a modificarsi nel tempo «a seconda della temperatura, della saturazione dell’aria, il filo si allenta, si tende, ruota, non è mai uguale». La sensazione è dunque di guardare opere sempre diverse, dotate di vita propria, propense al cambiamento e, proprio come De Rinaldis, intenzionate a mostrare sempre un aspetto inedito, altro.

Alessia Brescia
© Riproduzione riservata

 

 

Foto in alto: G. De Rinaldis, Cattedrale (riflesso sul rosso), 2020, essudazioni a olio su juta con sfilatura (part.)

 

G. De Rinaldis, Cattedrale (sacrificium, II), 2021, essudazioni a olio su juta con sfilatura

G. De Rinaldis, Cattedrale di Pietro II, 2022, essudazioni a olio su juta con sfilatura

Gino De Rinaldis nel suo studio