Ambiente/Agricoltura - 14 Feb 2022

Gli effetti devastanti dell’uso massiccio e sconsiderato dei prodotti fitosanitari

Intervento dell’ambientalista Rinaldo Innocente


Spazio Aperto Salento

L’utilizzo massiccio e sconsiderato dei prodotti fitosanitari da parte di agricoltori improvvisati e di aziende dedite alla produzione intensiva, sta provocando effetti devastanti per la salute dell’uomo e della natura. Le sostanze chimiche impiegate, o meglio i principi attivi di cui sono composte, non eliminano soltanto le erbe infestanti o i parassiti delle colture, ma si rivelano spesso dannose per tutti, per gli  esseri umani, per gli animali e per le piante.

I fattori di inquinamento ambientale derivano da diverse cause, come la dispersione delle sostanze tossiche nel suolo e nelle acque, la compromissione della catena alimentare, la conseguente rottura dell’equilibrio ecologico. Il suolo, le acque dei fiumi e dei mari e l’aria sono i principali elementi naturali che soffrono di più, a causa dell’utilizzo indiscriminato dei pesticidi in agricoltura.

In Italia, uno studio recente dell’Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) ha calcolato il livello di contaminazione delle acque superficiali in continuo aumento; sono state trovate tracce di pesticidi nel 67% dei casi, contro il 33% riguardante le acque sotterranee nel 2018, rispetto al precedente 31,7% calcolato nel 2013-2014. Il pesticida presente in maggiori quantità è il glifosato, un erbicida usato abitualmente dai nostri agricoltori, considerato da tempo cancerogeno. Molte sono le sostanze rilevate nelle acque che sono state messe al bando da più di vent’anni dalle nostre campagne, come ad esempio l’atrazina che, con molta probabilità, continua ad essere utilizzata dagli operatori del settore, nonostante i divieti di legge.

Sempre secondo le stime dell’Ispra, sono 259 le sostanze inquinanti presenti nelle nostre acque a causa dell’uso importante per quantità della chimica in agricoltura. Questa affermazione è avvalorata dal fatto che l’Italia si trova al terzo posto in Europa per vendite di fitosanitari.

Lo studio diventa ancor più interessante quando si passa all’individuazione geografica del fenomeno, che vede la maggiore concentrazione di sostanze chimiche inquinanti nella Pianura Padana, anche se le cifre del Sud Italia non sono precise in quanto il monitoraggio si è rivelato più difficoltoso a causa della mancanza di dati utili.

Tra le regioni d’Italia “poco misurate” compare la Puglia, nonostante l’emergenza provocata dalla Xylella e tenuto conto che, insieme alla Calabria e alla Sicilia, fornisce circa l’ottanta per cento di tutto l’olio d’oliva prodotto nella penisola. A peggiorare la situazione in Puglia e, in particolare nel Salento, è questa nuova emergenza, iniziata nel 2013, che riguarda la moria e il disseccamento di numerose piante di olivo nelle province di Lecce, Brindisi e Taranto. Le autorità locali, dimostrando una scarsa sensibilità ambientale, hanno cercato, fino ad oggi, di combattere il batterio patogeno che causa la malattia degli uliveti ricorrendo all’uso massiccio dei pesticidi. Questo viene fatto per eliminare l’insetto vettore del batterio, ossia la Philaenus spumarius, meglio conosciuta con il nomignolo di Sputacchina.

Tuttavia, si tratta di una soluzione tampone che non risolve il problema, tenuto conto che, una volta estinta la Sputacchina, un altro insetto si assumerà l’onere di fare da vettore al batterio incriminato. Il governo della Puglia, quindi, in barba a tutti gli ammonimenti circa la pericolosità dei pesticidi lanciati dall’Oms e dall’Efesa, persino dalla Lega dei tumori di Lecce, ha scelto di continuare la strada senza ritorno dell’uso sconsiderato degli insetticidi, contribuendo a peggiorare la qualità dell’aria, del suolo e delle acque della nostra splendida Regione, oltre alla conseguente moria delle api e dell’apicoltura.

È giusto sottolineare che l’insensibilità dimostrata dalle autorità locali rispetto all’utilizzo continuo dei pesticidi in agricoltura, si amplifica a livello di opinione pubblica, la quale non dimostra la stessa attenzione che riserva per altre questioni, spesso di secondaria importanza. Le responsabilità di questa escalation negativa vanno ripartite, quindi, tra i governi locali e gli operatori del settore, nessuno escluso, nemmeno il piccolo contadino fai da te. Per quanto riguarda quest’ultimo, infatti,  l’allontanamento dalla terra e quindi dalle conoscenze di base della coltivazione, hanno contribuito alla distruzione dell’abitat naturale delle campagne e della biodiversità.

Molte specie animali e vegetali, tipiche delle nostre zone, si sono estinte in questi ultimi anni. Un tempo le aree agricole erano di due tipi, quelle coltivate e quelle incolte che fornivano erbe mediche e piante aromatiche, oltre all’utilizzo di vegetali per il sostentamento degli animali oppure per il confezionamento di cesti e contenitori di vario tipo. Oggi queste aree vengono completamente rase al suolo dalla chimica e dalle malattie conseguenti all’utilizzo dei fitosanitari; il “contadino della domenica” tende a distruggere, avvelenare, desertificare, inquinare in maniera irreversibile le campagne un tempo trattate con maggiore rispetto e oculatezza.

La situazione attuale è drammatica, i campi vengono trattati in continuazione a glifosato e si canta vittoria quando le amministrazioni locali aumentano le aree edificabili o coltivabili nelle campagne, riducendo di fatto i siti boschivi, insieme alle ultime zone di macchia mediterranea rimaste. Quando si dice il trionfo dell’ignoranza!

Tutto questo avviene senza nessun controllo da parte delle autorità preposte a questo compito. Non ci sono ostacoli di nessun genere nello spargimento di questi veleni e nell’utilizzo di tecniche di coltivazione eseguite anche in periodi dell’anno in cui non si dovrebbero effettuare.

La cosa più raccapricciante è che tutto questo avviene con la complicità di molti amministratori senza scrupoli, nell’indifferenza generale, impegnati magari a favorire la realizzazione di mega impianti eolici e fotovoltaici dove non dovrebbero stare, oppure ad autorizzare impianti di distribuzione di idrocarburi a ridosso delle aree protette.

Tuttavia, come diceva Sant’Agostino: “La speranza ha due bellissimi figli: lo sdegno e il coraggio. Lo sdegno per la realtà delle cose, il coraggio per cambiarle”.

Rinaldo Innocente
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