Lecce/Intervento - 20 Mag 2023

Il cortile interno di Palazzo dei Celestini

In occasione di Cortili Aperti di domenica 21 maggio lo storico dell’arte Paolo Agostino Vetrugno richiama l’attenzione sullo stato di conservazione dell’antico Chiostro


Spazio Aperto Salento

Torna a Lecce l’ormai storica ed attesa manifestazione Cortili Aperti (XXVIII edizione), organizzata dall’Associazione Dimore Storiche Italiane. Tra cortili, giardini, androni e chiostri leccesi, mi permetto di segnalare lo stato di conservazione di un cortile aperto al pubblico tutto l’anno, che merita di essere restaurato e restituito al suo decoro. Mi riferisco al Cortile interno del ex Convento di S. Croce che, soppresso l’Ordine dei Celestini, con decreto del 28 novembre 1811, fu dal Comune destinato a Casa d’Intendenza. Nella Guida di Lecce del 1929 Amilcare Foscarini scrive che erano «collocati, nel piano inferiore, la R. Questura, il Museo Provinciale e parte dell’Archivio di Stato, e, nel piano superiore l’Appartamento del Prefetto, gli Uffici della Prefettura, Giunta Provinciale e Istituzioni alla dipendenza e sorveglianza del Prefetto, nonché gli Uffici dell’Amministrazione Provinciale ed Archivio di Stato».

Il cortile dell’ex Convento dei celestini, attualmente sede della Prefettura e della Provincia di Lecce, è uno dei primi esempi di Neoclassico a Lecce, un periodo storico poco attenzionato dalla letteratura di settore soprattutto a livello storico-artistico. «Esso introduce nella città una visione architettonica nuova. (…) Il cortile, in seguito al rifacimento, perdette completamente l’aspetto originario, che indulgeva in forme tipicamente barocche, con le sue 44 colonne ornate da fantasiosi e bizzarri capitelli, per assumere una consistenza neoclassica. Lo spirito dell’insieme è Vignolesco e tende ad un sereno e serio equilibrio tra l’insieme e le masse. È abolita ogni decorazione superflua, ogni definizione di valori ornamentali; tanto che le stesse lesene, che sormontano i pilastri, assumono una funzione portante della risoluzione semplice e serena dell’architettura neoclassica. Tutt’intorno ai pilastri corre un fregio ornato con metope e triglifi, che lega immediatamente col piano superiore, il quale si apre al centro con un arco a tutto sesto poggiante su colonne ioniche tra lesene dello stesso stile che si ripetono per tutta la facciata e trovano legame di continuità nelle finestre rettangolari sormontate da timpani triangolari curvilinei. Le finestre, particolarmente allungate e appiattite, di derivazione napoletana, ricordano quelle di altre costruzioni del ‘700 leccese: dei Palazzi Tresca e Palmieri» (M. Falco, Il Neoclassico a Lecce. II. Il Palazzo della Prefettura, in «La Zagaglia», XI, 1969, 44, p. 397-398).

In particolare, la facciata del Palazzo della Prefettura, posta su via XXV luglio, appare «divisa in due piani da una cornice, (ed) avanza nel corpo centrale che presenta nel piano inferiore tre grandi archi, due dei quali sono ciechi ed uno è aperto. Nel piano superiore, in corrispondenza dei due archi, si aprono tre finestroni inquadrati da semplici lesene. Sull’alto basamento il muro è a bugnato: interrompendo la superficie liscia, dà risalto al corpo centrale. Le parti laterali presentano nove finestre rettangolari. Oltre ai dentelli della cornice aggettante, molti sono gli elementi neoclassici nella facciata, che tuttavia, non raggiunge effetti di unità» (M. Falco, ibidem, p. 400).

Attualmente l’intera facciata non è visibile perché oscurata da una fitta vegetazione consistente in alberi di alto fusto. La realizzazione dell’intero Palazzo può essere sintetizzata in tre momenti:

– la facciata barocca (1559-1695), opera di Giuseppe Zimbalo e di Giuseppe Cino;
– il cortile interno (1814), opera dell’ingegnere Dipartimentale ordinario Vincenzo De Grazia (1785-1856) (Mario Falco);
– la facciata rivolta verso la Villa Comunale (1817), opera dell’ingegnere Giuseppe Majola (Mario Falco e Amilcare Foscarini).

Occorrere intervenire soprattutto sui capitelli delle colonne cinquecentesche (alcuni in evidente degrado) e sui corridoi coperti. Non vorrei che, con la bellissima manifestazione che merita il doveroso plauso e la condivisione totale, si corresse il rischio dell’astronomo di Esopo che, a furia di osservare le stelle, dimenticò che camminava sulla terra e, non vedendo un pozzo, vi cadde dentro. Si spera, infatti, in un prossimo intervento degli organi preposti per restituire un bene comune all’intera collettività, non soltanto leccese e salentina, e di arginare quanto più è possibile il degrado monumentale, riconsegnando, se non la sua originaria simbologia di hortus conclusus, almeno quell’immagine di gioiello dell’arte salentina da esibire anche al visitatore disattento.

Paolo Agostino Vetrugno
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Foto in alto: Vincenzo De Grazia, Cortile interno ex Convento dei Celestini, Lecce, 1814 (foto 1995 ca.). Sotto: due immagini del cortile allo stato attuale