Ambiente - 05 Mar 2023

Il problema diffuso della siccità e le proteste di “Ultima generazione”

Intervento dell’ambientalista Rinaldo Innocente


Spazio Aperto Salento

Sembra passato un secolo da quando la giovanissima Greta Thunberg è diventata il simbolo mondiale della lotta al cambiamento climatico. A quindici anni, insieme ad altri attivisti per l’ambiente, si è seduta vicino al Parlamento svedese per protestare contro il disinteresse della Svezia rispetto ai problemi climatici e ambientali; da lì è partito un movimento giovanile che si è esteso a livello planetario, il Friday for Future, che ha risvegliato le coscienze della pubblica opinione a favore della risoluzione di un problema, quello climatico, che era stato sottovalutato da molti o per ignoranza oppure per negligenza. Emblematico il giudizio dell’ex Presidente degli Stati Uniti Donald Trump, il quale, in maniera sarcastica, solo pochi mesi fa definiva gli ambientalisti “profeti di sventure”, ironizzando sulle tesi di questi ultimi circa il riscaldamento del Pianeta, definite dal Presidente dai capelli rossi, vaghe e apocalittiche. Per fortuna Donald Trump è solo un ricordo e l’opinione pubblica mondiale, rispetto al problema, ha fatto passi da gigante, ammettendo la pericolosità del surriscaldamento del Pianeta per il genere umano, per gli animali e per le piante. Solo la politica italiana è ancora poco attenta al fenomeno; infatti, la questione ambientale o viene considerata secondaria rispetto ad altre tematiche (altrettanto importanti) come l’occupazione, la questione giovanile, il problema degli immigrati, il fisco, oppure viene del tutto ignorata.

Nel frattempo, dalla  rivoluzione industriale in poi la temperatura del Pianeta è aumentata in maniera esponenziale, raggiungendo il picco massimo tra il 2010 e il 2020, così come evidenziato dal programma europeo “Copernicus”, il quale ha registrato il 2020 come l’anno più caldo rilevato in Europa, a causa dell’aumento delle emissioni di gas serra. Tutti gli scienziati concordano sul fatto che l’incremento di altri 2 gradi sarebbe deleterio per il futuro della Terra e per quello dei suoi abitanti. Questa è la ragione principale che ha spinto i Governi del mondo a stabilire una serie di accordi internazionali, inderogabili, al fine di raggiungere, entro il 2050, l’obiettivo di “zero emissioni”, un vincolo che dovrebbe riguardare soprattutto i Paesi che producono grandi quantità di gas serra come Cina, Stati Uniti ed Europa.

La conseguenza più devastante dell’aumento medio della temperatura è quella della siccità, un fenomeno che sta riguardando, oltre che le zone colpite da sempre come l’Africa, anche altri continenti come l’Europa, in particolare la parte meridionale di essa. Ecco perché, dal 2017 in poi, si sono registrati numeri sempre crescenti di incendi boschivi, mentre gli esperti non si attendono di certo, per il futuro, una inversione di tendenza; oltretutto, la durata media del fenomeno si è allungata ed ha riguardato tutto il bacino del Mediterraneo tra cui la Turchia, la Grecia, l’Italia, la Spagna, Israele e il Libano.

In Italia la siccità era endemica al Sud, mentre oggi si sta manifestando anche al Nord, in particolare nelle regioni dell’Emilia Romagna e della Lombardia. Eppure nella penisola piove tantissimo, specialmente sulle colline e sulle montagne; lo dice  il dottor Erasmo D’Angelis, uno dei massimi esperti mondiali di acque e delle loro problematiche ambientali e climatiche, il quale ha evidenziato il fatto che i due terzi della penisola sono rappresentati da zone in rilievo, dove piove spessissimo anche se noi non ce ne accorgiamo perché la maggior parte della gente vive in pianura. Inoltre, siamo il paese in Europa con più corsi d’acqua, con più fiumi e laghi, anche se immagazziniamo solo l’11,3% dell’acqua piovana nei circa ventimila piccoli invasi sparsi nel territorio. L’attività di prevenzione, tuttavia, è davvero troppo blanda. L’acqua in Italia è presente in abbondanza, solo che non sappiamo trattenerla per impiegarla nei momenti di necessità come quelli attuali, proprio per la mancanza di infrastrutture adeguate.

La situazione è drammatica anche in Puglia e in particolare nel Salento. Secondo un’indagine realizzata da Coldiretti Puglia, nel 2021 le aree a rischio di desertificazione nella regione risultavano pari al 57% della superficie utilizzabile, con un danno finanziario quantificato in circa 70 milioni di euro. Il problema principale è rappresentato dagli incendi, una calamità naturale che distrugge le coltivazioni ma anche la biodiversità, oltre a creare danni ingenti al sistema idrogeologico naturale e a inquinare l’aria per via delle emissioni di anidride carbonica. I numeri sono da paura, specialmente nel Salento ed in particolare nella Provincia di Lecce. Infatti, negli ultimi quindici giorni di giugno 2022, in Puglia se ne sono registrati 943 e circa la metà dei roghi si sono avuti nel Salento: 464 nel Leccese, 144 a Bari, 80 nella zona di Taranto, 78 in quella di Brindisi, 58 nell’area Barletta-Trani-Andria e 119 nella Capitanata (dati raccolti da Coldiretti Puglia come da indicazione della Protezione civile regionale). Inoltre, in Puglia e in particolare nel Salento piove pochissimo rispetto al resto dell’Italia. Un primato di cui non possiamo di certo andare fieri. Infatti, i dati Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) parlano chiaro: in Puglia piovono solo 641,5 millimetri annui medi.

Se questo è vero, dovremmo riconsiderare tutte le accuse e i pregiudizi che l’opinione pubblica, sia italiana che mondiale, muove nei confronti di alcuni gruppi di giovani che protestano contro il collasso climatico del nostro Pianeta. Sono i giovani di “Ultima generazione” i quali, attraverso azioni di disobbedienza civile e nonviolenta, cercano di ottenere dai Governi misure di freno all’aumento delle temperature causate soprattutto dall’enorme utilizzo dei combustibili fossili. Ma chi sono i giovani di Ultima generazione? La composizione di questi gruppi è piuttosto eterogenea. Ne fanno parte studenti, lavoratori, persino genitori dei figli attivisti i quali, quasi sempre, preferiscono essere definiti semplicemente come cittadini e cittadine preoccupati per il futuro dell’umanità. Sono nati da una costola del movimento internazionale Extinction Ribellion e sono venuti alla ribalta delle cronache per i metodi di protesta utilizzati: blocco delle autostrade, sciopero della fame e, soprattutto, per le secchiate di vernice versate all’interno dei musei su opere d’arte molto famose. Quest’ultima “peculiare” forma di protesta, tuttavia, forse rappresenta la scelta più discutibile fra le diverse tipologie di manifestazioni “pacifiche” a disposizione. E questo perché vengono prese di mira “incolpevoli” e preziose opere d’arte, patrimonio irrinunciabile dell’umanità e ricchezza culturale e artistica del nostro Paese. Dal punto di vista dei giovani ambientalisti, animati dall’obiettivo di attirare l’attenzione sulle gravi problematiche ambientali, il gesto “eclatante”, tuttavia, probabilmente rimane di valore “dimostrativo”, anche perché “mitigato” dal fatto che vengono impiegate vernici innocue, del tutto lavabili.

Le loro richieste si possono così sintetizzare: interrompere la riapertura delle centrali a carbone, cancellare il progetto di nuove trivellazioni per la ricerca del gas naturale, incrementare le rinnovabili di almeno 20 gw per creare, come conseguenza, nuovi posti di lavoro. Alle tante proteste da parte dei cittadini che si sentono danneggiati dai vari blocchi stradali, i giovani preferiscono rispondere che non se la sentono di rendersi complici di una catastrofe ambientale in corso (Angelo Andrea Vegliante, Ultima generazione: chi sono gli attivisti e perché bloccano le strade, in www.abilitychannel.tv, 20 febbraio 2023). Mettono in conto persino la possibilità, per le loro azioni, di finire in carcere.

In fondo, però, non fanno altro che ribadire il messaggio di Papa Francesco diffuso attraverso l’emanazione dell’enciclica Laudato si’, nel quale ha posto l’attenzione sul tema dell’ambiente, ponendo una domanda all’intera umanità: “Che tipo di mondo vogliamo consegnare a chi verrà dopo di noi”? Ecco, i giovani di “Ultima generazione” provano a rispondere proprio a questa domanda, facendolo con i mezzi che hanno a disposizione, con passione e con impegno.

Rinaldo Innocente
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In foto: Rinaldo Innocente