Rubrica - 23 Mag 2021

Pit stop dell’anima

“Pausa” di riflessione sulla Parola a cura di don Carmine Canoci


Spazio Aperto Salento

Dalla liturgia di domenica 23 maggio 2021

PENTECOSTE

Dagli atti degli apostoli 2, 1-11

Mentre stava compiendosi il giorno della Pentecoste, si trovavano tutti insieme nello stesso luogo. Venne all’improvviso dal cielo un fragore, quasi un vento che si abbatte impetuoso, e riempì tutta la casa dove stavano. Apparvero loro lingue come di fuoco, che si dividevano, e si posarono su ciascuno di loro e tutti furono colmati di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue, nel modo in cui lo Spirito dava loro il potere di esprimersi.
Abitavano allora a Gerusalemme Giudei osservanti, di ogni nazione che è sotto il cielo. A quel rumore, la folla si radunò e rimase turbata, perché ciascuno li udiva parlare nella propria lingua. Erano stupiti e, fuori di sé per la meraviglia…

Dal vangelo secondo Giovanni 15, 26-27. 16, 12-15

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Quando verrà il Paràclito, che io vi manderò dal Padre, lo Spirito della verità che procede dal Padre, egli darà testimonianza di me; e anche voi date testimonianza, perché siete con me fin dal principio…».

1.
Dopo aver reso comprensibile e celebrato in modo adeguato, domenica scorsa, l’evento di una salita (Ascensione), oggi siamo invitati a celebrare la storia di una discesa (Pentecoste), quella dello Spirito Santo.
A mio giudizio, dopo quella della Pasqua e del Natale è questa la solennità più importante e indispensabile, non solo del calendario liturgico, ma della stessa ragion d‘essere della fede cristiana.
Lo Spirito compare più volte nella vita di Gesù. Nel brano di Giovanni proposto alla nostra attenzione, lo vediamo ufficialmente annunciato e presentato dal Signore stesso come Paraclito.
Che significa? Stando all’etimologia si evince che il termine deriva dal greco “paracaleo” e significa ‘stare vicino’.
In antichità c’erano, com’è ovvio, i processi ma, per molti imputati, perché poveri o di bassissimo stato sociale o vedove…, non c’era la possibilità di avere qualcuno che li difendesse. In quei casi, prima di dare inizio al processo, in pubblica assemblea si chiedeva ai presenti chi fosse disposto a sostenere la loro difesa. Succedeva che qualcuno, o perché conosceva l’onestà dell’imputato o solo perché gli faceva pena, si alzasse in piedi e senza proferire parola, andasse a sedersi vicino all’imputato e da quel momento assumeva il ruolo di paraclito e spesso, se il volontario era uno stimato notabile, il processo finiva lì con l’assoluzione immediata dell’imputato.
Conosciuta l’origine del termine diventa facile comprendere la funzione e l’importanza del paraclito Spirito Santo promesso da Gesù, la sera di Pasqua, agli apostoli e a tutti coloro che ne avrebbero seguito l’esempio.
È, quindi, colui che sta sempre vicino, che dà forza, perfetto consolatore, luce che dirada le tenebre, padre e amico dei poveri, colui che rende adulti nella fede…

2.
Nel brano degli Atti degli Apostoli, lo Spirito non è definito, ma è presentato come vento e fuoco.

Il vento cos’è? Qualcosa di imprevedibile, «soffia dove vuole, ne senti la voce, ma non sai da dove viene e dove va». Rinnova l’aria e la purifica. Senza di esso il cielo sarebbe uno stagno irrespirabile, e il mare una tomba. Trasporta i semi che fecondano la terra, rivestendola di verde, sul far della primavera. Ma, allo stesso tempo, rovescia e abbatte tutto ciò che è posticcio e provvisorio. È forte. Trattato in modo giusto, diventa energia.
Ebbene, è simbolo di Dio imprevedibile ed inafferrabile, che senti e che non vedi, che ti sconvolge e poi ti placa e svanisce in un attimo, lasciandoti la sensazione di un sogno.

Il fuoco anch’esso, cos’è? È luce, serenità, coraggio e bellezza. Si contrappone al buio che è ansia, insicurezza e angoscia, dove tutto è piatto e uguale, senza alcuna meraviglia e stupore.
È calore. Facile immaginare cosa sarebbe la terra senza il fuoco, sarebbe un frigorifero di corpi e di sentimenti.
Fonde insieme materiali diversi, rendendoli unica realtà, proprio come fa l’amore con le persone.
Il fuoco è forte e rende forti. È energia.

Traduciamo in pensieri e sentimenti nobili tutte queste evidenze e saremo capaci anche noi di capire un qualcosa in più dello Spirito Santo, spesso relegato all’immagine di una colomba, pur di grande significato biblico, ma nell’immaginario comune è solo un volatile fin troppo spensierato che suscita rispettosa tenerezza e poesia…

Vento e fuoco, per quello che significano, si incarnano negli apostoli che oltrepassano i limiti delle possibilità umane e lì succede il miracolo. Gli apostoli diventano capaci di raggiungere i recessi più nascosti del cuore umano; chi li ascolta intende perfettamente le loro parole, sanno affascinare e illuminare chi vuole uscire dal gelo e dalle tenebre.
Agli inizi le parole hanno diviso (cfr. Torre di Babele Gen 11,1-9); in questo tempo, tempo di Pentecoste, le parole uniscono e creano relazioni nuove e stabili con Dio e con gli uomini…

Bisogna riconoscerlo. In tanti credenti e anche comunità, in tutti i tempi e in tutti i luoghi, la presenza dello Spirito, per grazia di Dio, è evidente.
Tutti i cristiani hanno ricevuto lo Spirito santo vento, fuoco e colomba nei sacramenti che li hanno resi tali, e possono continuare a riceverlo nell’Eucaristia.

Ma a tal proposito, nascono facili alcuni interrogativi.

– Nei battezzati che fine ha fatto o fa la poliedricità tipica delle capacità (= i doni) dello Spirito?
– Camminano secondo lo Spirito?
– Sono in grado di manifestare oggi, “in questo mondo di ladri, in questo mondo di eroi”, la libertà, la forza, la bellezza, la gioiosa vitalità del vento, del fuoco, della colomba?
– Sono segno e strumento dello Spirito, oppure ne sono la prigione? 

Come risposta è legittimo nutrire qualche provocatoria perplessità.
Su se stessi e sugli altri…

don carmine