Documenti storici salentini - 11 Set 2021

Anonimi versi e irriverenti rime. “Lu Mommu de Salice”, il suo viaggio e… altre Storie

Lo studioso Gilberto Spagnolo presenta due documenti scoperti alcuni anni fa, ma finora completamente inediti, riguardanti la molto discussa figura settecentesca di Geronimo Marciano Junior


Spazio Aperto Salento

“Povero e dimenticato da tutti!”. Così conclude il suo interessante contributo, pubblicato su Spazio Aperto Salento nello scorso mese di gennaio Antonio De Benedittis nell’indicare la morte, avvenuta a Manduria il 28 febbraio 1714, di Geronimo Marciano Junior, sacerdote, poeta dialettale conosciuto come Lu Mommu de Salice (non sappiamo ancora a quale titolo) autore del poemetto Viaggio de leuche a lingua de Lecce, scritto tra la fine del 1600 e i primi anni del 1700, e ritenuto il più antico testo poetico dialettale Salentino.

E non poteva essere diversamente, considerati gli importanti documenti inediti rintracciati nell’archivio storico diocesano della Biblioteca Arcivescovile “A. De Leo” di Brindisi, documenti che dimostrano, di lui, storie di una vita dissoluta e assai discutibile. Nipote del più famoso Geronimo Marciano autore della celebre Descrizione di Terra D’Otranto, figlio del medico Luca Giovanni Marciano e della nobildonna Isabella Mavaro, dotato di buona vena poetica, (vocazione letteraria ereditata probabilmente non solo dal nonno ma – aggiungiamo noi – soprattutto dallo stesso padre, autore quest’ultimo di versi burleschi scritti nei confronti dell’Università di Leverano all’età di 25 anni, fatto attestato dal notaio Pietro Fulino di Copertino il 19 giugno 1612). Ma anche, dicevamo, assai libertino tanto che, come afferma De Benedittis, “anziché la celebrazione di riti religiosi gli interessava trascorrere le giornate in compagnia di donne di malaffare nonché dare libero sfogo alla sua vocazione letteraria componendo poesie e sonetti che poi declamava pubblicamente in occasione di cerimonie civili e religiose”.

Per la sua condotta scandalosa e la suddetta frequentazione, scrive ancora il De Benedittis, fu infatti (alla luce dei documenti ritrovati) anche imprigionato nel Convento dei Cappuccini di Brindisi e da qui ne uscì fortunatamente graziato per aver composto due apprezzabili (e qui pubblicati per la prima volta) sonetti scritti per il Vicario Generale Don Pietro Falces. Insomma una figura molto controversa, eccentrica e, da quello che si è letto, non tanto benemerita.

Personalmente ho sempre avuto un grande interesse per i Marciano di Terra d’Otranto per il semplice motivo che il nonno de Lu Mommu fu in stretto rapporto con Alessandro II Mattei signore di Novoli, l’umanista e mecenate nel cui palazzo baronale completò la sua Descrizione di Terra d’Otranto utilizzando i libri della sua biblioteca e che, come scrive egli stesso “non aveva pari nella provincia”. Il Marciano inoltre trascorse a Novoli l’ultimo periodo della sua vita familiarizzando con i Novolesi di tutti i ceti e vivendoci dal 1615 al 1626 in una casa (con molta probabilità quella che sta in via S. Antonio al numero 6) ereditata poi dalla figlia Anna Maria il 6 settembre 1670, ovvero ”le case (che possedono in Santa Maria De Nove con tutti i suoi membri di valore di Ducati 300 in circa)”, secondo i documenti rintracciati dal De Benedittis presso l’Archivio Storico Diocesano.

I risultati della ricerca del De Benedittis mi consentono ora principalmente di presentare sull’argomento due documenti inediti attualmente in collezione privata scoperti alcuni anni fa in maniera del tutto fortunosa e occasionale. Si tratta di due “fogli volanti” in sottile carta pergamenacea lasciati (o meglio “nascosti”) tra le pagine di un libro settecentesco (appartenente alla biblioteca privata di un amico collezionista e bibliofilo) e poi dimenticati (forse volutamente considerato il loro contenuto). Di cm 23,5 per 18,5 il primo, di cm. 20, 5 per 15 il secondo, i fogli piegati in due parti con cura, sono stati posti tra pagine diverse separatamente ma in successione, non sono né firmati e né datati e riportano con chiara calligrafia di una stessa mano “versi burleschi” in rima assai offensivi e pesanti rivolti esclusivamente ad un sacerdote del quale vengono taciute le generalità.

Il ritrovamento, così come è avvenuto, fa venire alla mente una di quelle “capsule del tempo” o “dei ricordi”, ovvero scatole nascoste in cui qualcuno lasciava documenti per la posterità così bene descritte da Irene Soave nel recensire sul Corriere della Sera il manuale uscito per Add editore di Andrea Montorio dal titolo Promemoria – Come creare l’archivio dei propri ricordi. Ad ogni modo, pur essendo due fogli separati, sono in realtà parti ben evidenti scritte in successione di un unico testo letterario.

Il primo sulla parte anteriore riporta alcuni versi, mentre all’interno e quindi sulla facciata posteriore probabilmente una serie di prove (un’esercitazione come si vede nell’illustrazione) per creare qualche stemma o sigillo con relativo motto. La particolarità di questa “esercitazione” dell’anonimo estensore è che fra le varie “prove” compare il nome di “Salice” che attesta evidentemente l’area di provenienza dei versi.

Il secondo presenta invece sulle due facciate sia anteriormente che posteriormente lunghi versi alcuni dei quali evidenziati con parentesi quadre e che sembrano interrompersi in fine come se l’anonimo autore non avesse più voluto o potuto concluderli.

I versi “burleschi” sono stati scritti con uno “schema rimico” che richiama in parte quello del sonetto per l’uso di sole quartine, di cui 28 formate da quattro versi e una, l’ultima, di cinque, variamente rimati. In 21 di esse il verso è costruito su due sole parole – rima con struttura ABBC e una con struttura ABBA; in 6 il verso è costruito invece su tre sole parole – rima e con struttura ABBB (in due il primo verso è più una parola-assonanza che una vera e propria parola-rima). L’ultima strofa (la pentastica) che è quella conclusiva è formata da cinque versi costruiti su due sole parole – rima con la struttura ABBCD.

Il testo si compone di due parti, distinte con l’indicazione in numero romano, ma che si integrano perfettamente e in due quartine alcuni versi sono anche ripetuti e usati quasi come un “ritornello” per dare una maggiore incisività alle caratteristiche “morali e intellettuali” del destinatario.

Gli anonimi versi, le irriverenti rime, se l’area di provenienza è effettivamente quella indicata in uno dei due fogli manoscritti, per il loro contenuto, come si potrà notare, lasciano inevitabilmente pensare, alla luce dei documenti e delle vicende descritte dal De Benedittis, che siano diretti (ed è l’ipotesi più attendibile) esclusivamente proprio a “lu Mommu de Salice”, a Geronimo Marciano Junior. Troppe cose infatti coincidono! Anzitutto il destinatario, che è un sacerdote e il principale capo d’accusa nei suoi confronti è soprattutto il suo comportamento troppo libertino e singolare.

Egli vi appare infatti nella seconda parte in tutta la sua bassezza e miseria e pur senza essere esplicitamente nominato, per i significati e le pesanti parole che compaiono nei versi, lasciano pochi dubbi a che “la bestia…”, “il peccatore e amatore”, “il barbaro infelice” sia proprio lui. Non mancano inoltre altri velati indizi come “l’altezza dei Natali” (il nonno famoso e il padre medici), “uguali ad alcuni svergognati” (il “pantagruelico e allegro viaggio” – così lo definisce M.Greco – fu fatto allora in compagnia di “allegri amici” e descritto con una “narrazione pittoresca”), “quel suo fumo (o fama) altero e menzognero” e infine la sua “gran campagna” (lu Mommu ebbe infatti in eredità dai genitori anche diversi tomoli di terreno e più di 150 alberi di olivo che poi passarono alla sorella).

Non sappiamo se i versi furono realmente diffusi o se ci sia stato un ripensamento nel farlo visto che sembrerebbero interrompersi nella parte finale. Resta comunque il fatto che un sacerdote che va a dire la messa e poi aspetta le donne “per abbracciarle, baciarle e toccarle sin alle piume” non è tanto diverso dal singolare, eccentrico e discutibile personaggio che il De Benedittis ha tolto dall’oblio.

In conclusione, l’anonimo componimento più che un’opera poetica e letteraria, è stata soprattutto una modalità per manifestare livore e disprezzo per il destinatario, metterlo alla berlina denunciando pubblicamente le sue malefatte e la sua condotta scandalosa.

Le quartine, sfuggite al pudore del proprio autore, furono scritte probabilmente tra la fine del 1600 e i primi anni del 1700 e comunque prima del 4 maggio del 1710, allorquando Geronimo Marciano Junior, consacrato sacerdote e rientrato a Salice da Guagnano dopo aver retto l’Arcipretura di quella comunità come semplice chierico, fu coinvolto in un gravissimo scandalo (descritto dal De Benedittis) che lo portò ad essere imprigionato nel convento dei Cappuccini di Brindisi.

I versi, con scelte linguistiche e metriche “assai creative “, precipitano nel turpiloquio, sono fortemente offensivi, sono simbolo di cruenta esattezza, manifestano ripetutamente una forte coscienza di fatti oggettivi e spiacevoli e offrono l’autentico ritratto di un candidato che nel nostro caso, come lo si è indicato, tanto improbabile non può essere. Perciò, forse non è nemmeno un caso e né c’è da stupirsi, se Giuseppe Leopoldo Quarta ebbe a scrivere che “la fama di questo così detto letterato settecentista supera d’assai il valore di lui”. Riportiamo ora qui di seguito i versi secondo l’ordine con cui sono stati scritti dall’anonimo autore. Ecco la trascrizione:

Eccomi già Sollecito,
eccomi già pronto
a fare un grande affronto
a questo bestia ancor.
Il quale è già dipinto
Come un peccatore
E come un amatore
Di mondo in verità.
Barbaro infelice
giovane disgraziato
così lo vuole il fato
così lo vuole a sé.
Vedetelo già dipinto
Che il volto suo è infocato
E l’accusa il suo peccato
Di molte iniquità.
Il suo volto ancora
L’accusa d’ignoranza
E per la sua magior doglianza
Glielo farò veder.
Quanto è coglion non vede
quant’è coglion non crede
ma Diala già in mia fede
a non più già dubitar.
Ma dove poi è nato
quel suo fumo tanto altero
quel suo fumo menzognero
che sul volto porta or or.
In oblio avrà mandato
Il già suo passato stato
che sempre era disperato
e tal oggi ancor sarà.
Forsi il fumo avrà già nato
Dall’altezza de’Natali
Che saranno forsi uguali
ad’alcuni svergognati.
Misero ed infelice
quanto è coglion non vede
ne pure poi lo crede
se detto ancor li viene.
Ma lui non pensa affatto
a quello, che poi verrà
che ucciso ancor sarà
e gran scorno allor farà.
Se lo volete credere
a voi Signori Dico
che egli è vostro nemico,
e di tutti ancor sarà.
Altero, ed infelice
quanto è coglion non vede
ne pur poi lo crede
Se detto ancor li viene.
Tutti regnano in lui
li vizi uniti insieme
e senza nulla speme
Si perderan da lui
E guai a chi conviene
unirsi ancor con’esso
che patirà ben spesso
di Dio la crudeltà.
Allontanatevi tutti
da questa peste pessima
acciò dalla medesima
sicuri voi ne siate.
Ed altro non vi dico
che non sarà sicuro,
e in questo male oscuro
lo vedrete rovinar.
Attirerò mie furie,
ed io sempre glorioso,
e lui senza riposo
lo vedrete tempestato. 

II

Eccovi un sacerdote
avanti all’occhi vostri
e secondo i voti nostri
eccolo già dov’è.
Dipinto è già di nero
come si vede ognora
e come nell’aurora
Si vede da casa uscir.
Quando in chiesa marcia
Per dir la Sua Santa Messa
e poi in quell’istessa
aspetta le donne ancor.
Tutte vuol lui abracciare
tutte vuol lui baciare
tutte vuol lui toccare
sino alle piume ancor.
E troppo è ver attaccato
a questo basso mondo
e si vede ancor giocondo
in’ogni dove ci và.
E quando li vedete
quella sua mano in petto
è un puro mio sospetto
di molte sue iniquità.
Quando lui guarda in terra
Si legge già in sua fronte
un mare, un fiume, un fonte
di molte iniquità.
Quando camina inerte
si legge in sua fronte
un mare, un fiume, un fonte
di molte iniquità.
Quando è già colerico
si legge nel suo petto
un giusto mio sospetto
di molte iniquità.
Quando si vede andare
alla sua gran Campagna
vi sarà qualche macagna
tanta certa che non più.
Quando poi si fa gabo
di qualcheduno ancora
e non li vede or ora
le corna del suo crine
che coverto ancor li anno. 

Gilberto Spagnolo
© Riproduzione riservata

 

In alto: Versi burleschi, esercitazioni

 

 

Versi burleschi, esercitazioni

Versi burleschi, 1

Versi burleschi, 2

Versi burleschi, 3

 

 

                                                            Riferimenti bibliografici

– COSI G., Nuovi documenti sulla vita di Geronimo Marciano, in “Contributi”, IV, n. 4,
– dicembre 1985, pp. 33 e sgg.
DE NISI G., Salice Terra Hidrunti. Storia aneddotica dal X al XX secolo, Esse- Gi – Esse, Roma, 1968, pag. 97.
GRECO  M., Lu Mommu de Salice e il suo viaggio  de Leuche a lingua noscia de Rusce, in “Rinascenza Salentina”, III,  nn. 5-6, Lecce 1935, pp. 253 – 266.
 – MONTORIO  A., Promemoria  – come creare l’archivio dei propri ricordi, Add  Editore 2021.
– QUARTA G.L., Salice Salentino dalle origini al trionfo della Giovane Italia, a cura di Alessandro Laporta, Grafiche
Panico, Galatina 1989, pag. 96.
SOAVE I., Una scelta ibrida per la capsula dei ricordi, in “Corriere della Sera” 24.04.2021.
– SPAGNOLO G., Burle e liti seicentesche. Un inedito documento sui Marciano di Terra d’Otranto,
in “ Il Salice – Quaderno della biblioteca comunale”, dicembre 1998, pp. 43-48.
– IDEM, Bernardino  Realino  e i Mattei signori di Novoli, in “Defensor Civitatis. Modernità di Padre Bernardino
Realino  Magistrato, Gesuita e Santo”, a cura di Luisa Cosi e Mario Spedicato, Edizioni Grifo, Lecce 2017,
348325 -348.
http://www. spazioapertosalento.it/cultura/ A. DE BENEDITTIS, Geronimo Marciano Junior,
sacerdote, poeta dialettale e…/.

Il libro con splendida rilegatura in pergamena coeva (impossibile risalire al suo primigenio proprietario) e in
cui sono stati trovati i due fogli manoscritti è il seguente: MAPPAMONDO  ISTORICO/Cioè ORDINATA
NARRAZIONE/ DEI QUATTRO SOMMI IMPERI/ DEL MONDO/ DA Nino Primo Imperator degli Assirj, fino a Giuseppe Austriaco./ Papa fino a’ nostri dì./Con l’imprese più illustri dell’Istoria antica e moderna. /etc. etc…/OPERA/ DEL P. ANTONIO  FORESTI/ Della Compagnia di Gesù./ IN VENEZIA/ MDCCXV./ APPRESSO  GIROLAMO ALBRIZZI./ CON LICENZA DE’ SUPERIORI,  E PRIVILEGIO.// Si tratta del I tomo di un’opera “distribuita in cinque tomi e d’otto parti (precisazione fatta nelle pagine iniziali) e il suo frontespizio è preceduto anche da una bella antiporta. I fogli manoscritti erano tra le pagg. 304-305 (il primo) e 305 – 306 (il secondo). Il volume (unico superstite dell’edizione completa) era stato acquistato diversi anni fa, in uno dei mercatini che ogni tanto si svolgono a Lecce (all’epoca in Piazza Libertini) e provincia e faceva parte di una interessante raccolta libraria di cui il possessore (a detta del venditore) non avendo eredi interessati se ne era disfatto. I fogli, evidentemente erano sfuggiti al venditore trovandosi ben custoditi all’interno delle numerose pagine del volume (pp.426 + una corposa parte introduttiva e un indice non numerate) e sono stati ritrovati molto tempo dopo allorquando il testo è stato esaminato con più attenzione per una sua catalogazione. Infine, considerata principalmente la data di stampa del libro (Venezia 1715) e la data di morte di Geronimo Marciano Junior (febbraio 1714) se ne deduce che i due fogli manoscritti probabilmente furono inseriti fra le sue pagine a partire o posteriormente da quella stessa data (1715).

                                                          Integrazione Bibliografica

Un’ultima considerazione va fatta sul termine“Mommu”. È difficile dare una spiegazione a questa parola poiché i testi consultati sull’argomento non danno un significato a questo antico termine dialettale. Solo sul Vocabolario dei Dialetti Salentini di Terra d’Otranto (Vol. I) di Gerhard Rohlfs, la voce “Mommu” (pag. 357) viene citata 2 volte. La prima, in lettera minuscola, è intesa come “Spauracchio dei bambini”; la seconda, in lettera maiuscola, indica 2 nomi: Geronimo e Girolamo. Segue poi il riferimento al nostro poeta Geronimo Marciano Junior detto appunto, dice il Rohlfs, “Lu Mommu de Salice”, con l’indicazione della sua morte. Se il poeta di Salice sia stato veramente “uno spauracchio dei bambini” non lo si può stabilire con certezza; ci sembra comunque di capire che anche questa denominazione lo indicava come un personaggio tutto particolare: “Allontanatevi tutti da questa peste pessima…” scrive, guarda caso, l’anonimo autore dei versi che qui si presentano (Cfr., Miscellanea di cultura e tradizioni Salicesi, a cura degli operatori di Ed. Permanente, Campi Salentina 1980; GERHARD ROHLFS, Vocabolario dei dialetti salentini (Terra d’Otranto), Vol. primo ( A-M), Munchen 1956, pag. 357. Ad ogni modo, pur con questi dubbi e perplessità, resta comunque immutato il suo significativo valore e il suo contributo alla letteratura dialettale salentina del settecento, la sua statura storica e letteraria.

 

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