Recensione - 12 Set 2024

Nelle pagine di “Sapore di Natale” la sottile e raffinata spiritualità di don Carmine Canoci

Antonio Scandone, docente e critico letterario, si sofferma sul nuovo libro dell’autore salicese


Spazio Aperto Salento

L’occasione della celebrazione del 50º anniversario dell’ordinazione sacerdotale di don Carmine Canoci offre lo spunto per riprendere in mano la sua ultima pubblicazione, il libro Sapore di Natale (Etabeta self publishing, 2024, pagg. 530). Esso è formato da 530 pagine, con prefazione della docente Annarita Alemanno, introduzione dell’autore e complessive 15 sezioni (novene annuali di Natale a partire dal 2003, fino al 2017), con titoli che richiamano gli orientamenti pastorali diocesani dell’anno di riferimento.

Come di solito accade, il lettore che sfoglia le prime pagine di un libro rimane inevitabilmente coinvolto, o meglio intrigato, dal primo livello di lettura, quello più immediato, quello rappresentato, cioè, dalla forma. Che nel caso di questo ultimo lavoro di don Canoci gli rivela, al lettore, una insospettabile capacità letteraria ed una inoppugnabile originalità di trovate rappresentative. Attraverso le quali l’autore è riuscito, nel corso degli anni, a veicolare le sue idee che anche stavolta, come nelle precedenti occasioni, si presentano sulla pagina con la stessa evidenza del “chiare e distinte” di cartesiana memoria. Egli è riuscito, infatti, a dare corpo e sostanza, godibile e fruibile, anche a quei concetti di sottile e raffinata spiritualità che formano tanta parte del suo messaggio pastorale, anzi, che ne sono la fondamentale consistenza.

Si rimane sorpresi, ad esempio, per quella ricorrente e apparentemente naturale sua tecnica di comunicazione letteraria, di stampo realistico, che Auerbach definiva fondata sulla mimesis. Opportunamente applicata soprattutto nella prima sezione del volume, quella dell’Andiamo, con i profeti, i benpensanti, eccetera. Vale a dire quella capacità di immedesimazione nel personaggio rappresentato, di interiorizzazione delle sue caratteristiche comportamentali, di riproduzione delle modalità di espressione delle sue idee e dei suoi valori. Comprese le sequenze dialogiche, che  riconducono, dal punto di vista formale, nello stesso clima narrativo e nelle stesse modalità di trasfigurazione del pensiero in immagini visive che si riscontrano ogni volta che si aprono le pagine delle Operette morali del Leopardi. Anche se, è inutile rimarcarlo, collocate agli estremi opposti delle valenze ideologiche, filosofiche e dottrinali dei due autori posti come termini di paragone. Basta fare un raffronto, per renderci conto di tali analogie, tra il dialogo dell’imitazione Sant’Unpò, contenuto in questo libro del Canoci, e quell’inarrivabile Dialogo tra la Natura e un Islandese del povero recanatese.

don Carmine Canoci

Ma in contemporanea, mentre si leggono le insospettate capacità mimetiche di narratore incallito del nostro autore salicese, che  riportano anche, senza blandizie adulatorie, alla limpida e composta linearità delle prose di Italo Calvino, soprattutto quelle metaforiche e allegoriche della trilogia de I nostri antenati, il lettore di questo volume risale mentalmente, in modalità del tutto naturali e spontanee, al livello superiore delle proposte di lettura e di riflessione del don Canoci, quello cioè delle concezioni filosofiche, delle verità di fede, delle considerazioni umane, sia universali e totalizzanti, sia inerenti alle stringenti e scottanti ed urgenti evidenze ed emergenze contemporanee. Che in sostanza formano la base solidissima della sua scelta esistenziale e della sua missione pastorale.

Anche per tale livello colpiscono le rappresentazioni di alcuni personaggi, quasi sempre rievocati dalle letture bibliche ed evangeliche. Come, ad esempio, la figura di Zaccheo, la sua interpretazione esegetica che ne propone l’autore, i corollari che ne fa scaturire, lo “sconsolante appiattimento e desolante uniformità [che] caratterizzano la nostra presenza nel mondo”.

Considerazione che fa da pendant con le acute osservazioni della brava Annarita Alemanno, a proposito delle persone, e in particolare dei giovani, di questa nostra disinvolta contemporaneità, che hanno bisogno di “fare chiasso, pur di non ascoltare la propria solitudine”. Oppure l’incisività,
si direbbe quasi sconvolgente, con cui l’autore ci rivela che “bisogna riscoprire il cristianesimo nella sua fase di rottura”. O la grandezza d’animo che pervade l’intero percorso storico di tanta parte della cristianità: “Tutto ciò che si dà ai poveri non è che una doverosa restituzione”, che riproduce in modo tangibile l’insegnamento di San Basilio Magno posto in esergo all’inizio del volume: “Il pane che a voi sopravanza / è il pane dell’affamato”.

Ma anche il passo in cui Zaccheo “comprende che il troppo avere gli impedisce di essere. Prova vergogna a essere felice da solo”. Che è l’anticipazione ante litteram delle riflessioni filosofiche e psicologiche di Erich Fromm consegnate nel suo volume più famoso e più diffuso, Avere o essere. Sono spunti narrativi che riportano pari pari alla più fluida e diffusa sensibilità dei giorni nostri, come si può leggere nel brano intitolato L’adultera, nella sezione della Parola che fa problema, dove l’autore non si risparmia anche lo strumento della tonalità sferzante: “Un episodio di quella forza non è riuscito a mettere in crisi uno dei mestieri più antichi e più idioti del mondo: la confessione delle colpe altrui”. Concetto che richiama alla memoria,  con immediatezza, la brillante stoccata sarcastica di Fabrizio De Andrè:

“Si sa che la gente dà buoni consigli
sentendosi come Gesù nel tempio
si sa che la gente dà buoni consigli
se non può più dare cattivo esempio”.

In questo suo ponderoso volume don Carmine ha saputo trasformare le contingenze occasionali delle 15 ricorrenze di festività natalizie in altrettante succose ed allettanti opportunità di riflessione sui valori essenziali della vita, della convivenza sociale, della solidarietà, della giustizia e della pace. Valori che assumono connotati di manifesta autenticità quando mette in discussione le convinzioni e i luoghi comuni più convenzionalmente diffusi e inflazionati, per rivendicare la fallibilità di ciascuno di noi, uomini come il Sant’Agostino dell’homo sum, la insostituibilità costruttiva del dubbio, e forse anche la precarietà delle nostre convinzioni più radicate.

In questo volume, inoltre, si ritrovano e si riconoscono, condensate e stratificate, la saggezza e la verità di tante letture e di tanti autori vagliati da don Canoci. Letture fondamentalmente, com’è naturale, di caratura sacra ed ecclesiale, ma anche di pregnanza laica e secolare, sempre di elevato spessore e di oculatissima selezione. Una cultura panoramica di vasti orizzonti, scevra da preconcetti e preclusioni ideologiche, aperta e libera, nonostante l’assunto basilare del progetto di fede, anzi libera proprio per questo, per rendere più solida, robusta e motivata la sua professione di fede, la sua scelta vocazionale e la sua missione pastorale. Vastità di interessi che si evince facilmente non solo dal repertorio diffuso nelle sue pagine, sostanziato da citazioni, rimandi, parallelismi, riscontri testuali e raffronti esegetici, ma anche, e soprattutto dalla profondità dei concetti assimilati e dalle riflessioni che ne sono scaturite, adattate alla contemporaneità del nostro vivere quotidiano.

Leggendo queste pagine si vedono balzare in primo piano i valori cui si informano le scelte e le indicazioni esistenziali di don Carmine, ma non ci si può sottrarre nello stesso tempo, ad una sensazione di piacevolezza, quel piacere di cui si nutre la mente, l’orecchio e la fantasia leggendo un buon libro,  che comportano, in definitiva, un arricchimento di vita, di cultura, di equilibrio e di saggezza.

Ci sia consentito, infine, di associarci all’autore in quel virtuale ma sentito plauso al nostro indimenticabile amico Carlo Arnesano, per tutto ciò che ha fatto nel corso della sua laboriosa esistenza per promuovere la conoscenza, la cultura, l’arte, la solidarietà, la partecipazione, il senso civico della comunità cittadina di Salice Salentino. Compresa la sua perspicace e doverosa insistenza nel convincere l’autore della opportunità di fargli pubblicare queste sue pregevoli riflessioni natalizie, che rappresentano la “summa” del suo pensiero e del suo cinquantennale insegnamento.

Antonio Scandone
© Riproduzione riservata

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Pagine di don Carmine Canoci (clicca per aprire i file): 

Esempio di gioiosa fedeltà, 2024 (da Sapore di Natale – pp. 244-246)

Autointerrogatorio, 2023 (da Il tesoro dello scriba  pp. 263-268)

Va pensiero dei miei giorni – 2021 (da Va pensiero… – pp. 153-155)

 

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Salice, festa per il 50° anniversario dell’ordinazione sacerdotale di don Carmine Canoci

 

 

 


Don Carmine Canoci, Va pensiero dei miei giorni (2021)
Don Carmine Canoci, Autointerrogatorio (2023)
Don Carmine Canoci, Esempio di gioiosa fedeltà (2024)